Quando diventerete grandi?/ 3
E' come dire che Céline aveva le emorroidi
“Amado mio”, per te come per Gilda ho fatto e farò di tutto, persino lasciarmi andare alla previsione che uccide e Dio mi è testimone se non ne ho sbagliate più del grande Eugenio, se non ho fatto vittime a grappoli, a cominciare da quel povero passante di Massimo D'Alema. Ma nel calcio, mio Dio: la previsione è tifo, il tifo si fa con la pancia e la pancia ama i piedi buoni. Il resto è noia.
“Amado mio”, per te come per Gilda ho fatto e farò di tutto, persino lasciarmi andare alla previsione che uccide e Dio mi è testimone se non ne ho sbagliate più del grande Eugenio, se non ho fatto vittime a grappoli, a cominciare da quel povero passante di Massimo D'Alema. Ma nel calcio, mio Dio: la previsione è tifo, il tifo si fa con la pancia e la pancia ama i piedi buoni. Il resto è noia. Colgo, in te, echi di coloro che difendono il collettivo e sbeffeggiano l'individualismo narciso. Persino Arrigo Sacchi qualche eccezione la ammetteva. Pretendeva che anche Van Basten si allenasse a dovere, andò dall'amato Cav., gli disse o lui o io e l'amato Cav. lo mise sullo scivolo verso la Nazionale, ma era anche quello che disse che a Maradona non l'avrebbe nemmeno fatto allenare, che l'avrebbe fatto giocare anche fatto e ubriaco dopo una notte in discoteca, perché le cose che faceva lui non le aveva mai viste fare a nessun'altro. Più che di Sacchi dunque, c'è in te qualcosa del colonnello Lobanovski.
Aveva guance rubizze, ai suoi faceva fare allenamenti paramilitari, a meno venti e nel fango, disciplina di ferro e ordine dentro e fuori dal campo, forgiò campioni, accese la luce all'est ma le sue squadre non vinsero molto. Il pallone si nutre di fantasia: senza “solipsismo eroico, spirito fantasista e bacione e pedata genialoide” e non potevi dire meglio sarebbe solo una sfera, un solido che rotolerebbe nell'indifferenza del mondo. E' il piede che lo accende e lo trasforma, facendolo vivere di luce propria. E' ovvio che siccome si gioca in undici l'organizzazione conta ma è impossibile ridurre il gioco a una litania di moduli, ruoli, schemi perché né la mente né le gambe si possono programmare. Credo che della Germania ti abbia colpito soprattutto la velocità, ho visto con te qualche partita e so quanto ti ammorbi e smani di fronte ai fronzoli. E' probabile anche ti abbia sedotto il modo di stare al mondo della Merkel, giacchetta rossa e corta che fa tanto Queen Elisabeth, la tua preferita, e quei pugnetti all'aria, un'esultanza indubbiamente più contenuta e opulenta di Pertini, ma non ci voleva molto.
Detto ciò, sarebbe sciocco negare che questa Germania ha incantato anche me: e non perché sia multietnica. Anzitutto perché è giovane, molto giovane e lo sarebbe anche se al posto dei calciatori di origini algerine turche o polacche ci fossero coetanei tedeschi per diritto di sangue e non del suolo. Il calcio si vendica sempre delle etichette appiccicaticce basta vedere la miseranda fine della leggenda della Francia multicolore del 1998. Incantano i tedeschi perché atleticamente sono integri, sembra che non sentano la fatica, si aiutano, sono allegri, gioiosi e danno l'impressione di divertirsi . Ma la loro non è spontaneità: è il risultato di un progetto, di un cantiere messo su sei anni fa, è intelligenza artificiale accesa in provetta. Lo dice lo stesso allenatore Loew: i miei hanno consegne di ferro, li ho messi in giacche su misura e strettissime. Un mondo così, dove solo il sarto sembra libero di indossare meravigliosi golfini blu, per giunta a pelle, non lo sento come mio.
Lo so che Maradona ti piace poco o punto, che è un caciarone dallo stile di vita improponibile, non ti vanno giù il tatuaggio del Che, le attrazioni infantili per Castro e Chávez ma Dio mio è come dire che Céline aveva le emorroidi e a Van Gogh puzzavano i piedi. Il genio è genio lì dove si manifesta e Diego è stato semplicemente il più grande di tutti, il più grande di sempre: c'era più geometria più visione dello spazio più apprendimento del tempo quindi più cultura in una sua giocata che in quaranta arrembaggi e ripartenze fulminanti dei ragazzini di Loew.
Da ultimo, Giulià, non chiedermi di crescere. Non so Andrea, ma io vorrei addirittura tornare indietro, ritrovare l'espressione meravigliata del bambino che scopre per la prima volta quante belle cose si possono fare con un pallone.
Il Foglio sportivo - in corpore sano