Aristofane a Montecitorio
Come son ganze le donne al Parlamento del Pdl, tra un pugno e una carezza
Se l'affaccendarsi politico degli uomini è fallace, se la città rotola verso la rovina, se non si sa più che cosa votare perché tutti i provvedimenti possibili sono stati tentati e affossati, se i tempi sono foschi e la fantasia latita, forse l'affaccendarsi politico delle donne può risolvere l'inghippo. Questo pensavano le donne al Parlamento nell'omonima commedia di Aristofane, nel quarto secolo avanti Cristo – e questo facevano.
Se l'affaccendarsi politico degli uomini è fallace, se la città rotola verso la rovina, se non si sa più che cosa votare perché tutti i provvedimenti possibili sono stati tentati e affossati, se i tempi sono foschi e la fantasia latita, forse l'affaccendarsi politico delle donne può risolvere l'inghippo. Questo pensavano le donne al Parlamento nell'omonima commedia di Aristofane, nel quarto secolo avanti Cristo – e questo facevano: travestirsi da uomini sotto l'Acropoli, infiltrarsi e votare al posto degli uomini provvedimenti assembleari di esagerato comunismo economico ed erotico, fino al banchetto catartico finale.
Chissà se è il vento dell'antica Atene a ispirare le donne del Pdl, fatto sta che questa stagione vede fiorire uno sfrenato protagonismo di ragazza. Protagonismo aggregativo: i ministri Stefania Prestigiacomo, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, non più “apprendiste” né “figure in rosa” messe lì a riempire un posto (questo si è detto in passato di loro), scrollano orgogliosamente il capo, si mettono a correre al galoppo e si uniscono in fondazione, per non dire in corrente, anche se Prestigiacomo non usa questo termine, ché per lei la fondazione Liberamente è piuttosto un'entità che sviluppa “il dibattito politico culturale”. (C'è da dire che non molti uomini del Pdl la vedono così, sbatacchiati come sono tra i flutti finiani e quelli berlusconiani). E cos'è, se non protagonismo mediatico, la conquista in un sol giorno di una copertina con intervista su Panorama e di una lode per la lotta “contro i bramini del Pdl” sull'Espresso (con titolo “ministre di ferro”)? E' accaduto ieri a una Mara Carfagna ormai seconda soltanto a Gianfranco Fini per indice di gradimento a sinistra.
Solo un sussulto di protagonismo fisico, poi, può aver prodotto il balzo felino (dallo scranno) della deputata Barbara Saltamartini, accorsa in difesa del ministro della Gioventù Giorgia Meloni e del suo ddl sulle comunità giovanili. Da quel balzo è scaturita la subitanea rissa in cui lo scapigliato deputato dell'Idv Francesco Barbato, dopo aver dato di “mafiosa, camorrista e ladra” a Saltamartini (così riferisce Saltamartini), ha rimediato un pugno in faccia. E se è vero che Saltamartini non ha materialmente sferrato il colpo (pare sia stato un uomo a uscir di metafora, dopo che una voce femminile ha gridato “mo' te meno”, espressione che Saltamartini nega di aver pronunciato), è vero pure che il gruppetto saltamartiniano (si affacciavano minacciose nell'emiciclo anche Viviana Beccalossi e Paola Frassinetti) non ha lasciato spazio a maschili mosse se non nell'ambito di un pallido intervento da figuranti (Fabrizio Cicchitto si metteva in mezzo, ma poteva di più Beccalossi che intanto minacciava sberle).
Né voce maschile ha potuto combattere in popolarità mediatica istantanea con Alessandra Mussolini, improvvisamente “finiana” nell'opporsi con i finiani al disegno di legge di Giorgia Meloni: “Pensate ai bambini prima che ai gruppettari amici degli amici”, ha detto Mussolini con l'intento di criticare gli stanziamenti alle comunità di under trentacinque. E pensare che Benedetto Della Vedova aveva provato a motivare lo stesso dissenso con argomenti dotti (“non si parastatalizzi l'associazionismo giovanile”). Niente, sui siti internet spopolavano Mussolini da un lato e Saltamartini dall'altro. Lontani i giorni in cui Saltamartini scriveva sul suo profilo web: “La politica è una terra di dominio maschile, dove la presenza delle donne risulta ancora oggi marginale”.
Protagonista, nel Parlamento improvvisamente animato da amazzoni, donne-retore ed erinni, era pure Giorgia Meloni, tragicamente al centro di una discesa nell'agone insolita per lei, così tenacemente amata a destra come a sinistra – “Meloni sì che è preparata”, “Meloni sì che si è fatta le ossa a Garbatella”, “Meloni sì non è faziosa”, questo si udiva fino a l'altroieri. Nella rissa Meloni non veniva risparmiata, ma era pur sempre prima fila, quella, ribalta di donna al Parlamento.
C'erano una volta le donne al Parlamento formate nelle prime repubbliche: espressioni ieratiche di Nilde Iotti, facce imperscrutabili di ministre democristiane, madri della Costituzione che avanzavano solenni e silenziose, dotti paragoni classici portati nella mischia dall'elegante Anna Finocchiaro (Aristide e Temistocle, per lo più: forse non era ancora tempo di rifarsi ad Aristofane).
C'era una volta persino la Prestigiacomo prima maniera, ministro-ragazza che piangeva in pubblico per le quote rosa. Ora il ministro-donna Stefania dice con calma “nessuno dia l'altolà” (alla fondazione che non deve essere corrente) e pare proprio che l'altolà non sia destinato a rovinare la festa siciliana di oggi, giorno in cui Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo si riuniscono in quel di Siracusa per il convegno della neonata Liberamente.
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