Ecco come la chiesa può vivere bene ai tempi di Internet

Pietro Salvatori

Wikipedia lo definisce “il gesuita 2.0” e gli dedica una pagina personale. Dal suo sito si apprende, tra le altre cose, che ha conseguito una laurea in Filosofia, una specializzazione in comunicazioni sociali e, infine, un dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, ateneo dove attualmente insegna. Abbiamo incontrato padre Antonio Spadaro, gesuita dalla fine degli anni '80 e dal 1998 redattore della prestigiosa rivista dei Gesuiti, La Civiltà Cattolica.

    Wikipedia lo definisce “il gesuita 2.0”e gli dedica una pagina personale. Dal suo sito si apprende, tra le altre cose, che ha conseguito una laurea in Filosofia, una specializzazione in comunicazioni sociali e, infine, un dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, ateneo dove attualmente insegna. Abbiamo incontrato padre Antonio Spadaro, gesuita dalla fine degli anni '80 e dal 1998 redattore della prestigiosa rivista dei Gesuiti, La Civiltà Cattolica.

    Quasi 1000 amici su Facebook (accetta solamente le richieste di chi conosce già in qualche altro modo), padre Spadaro si occupa nel quindicinale gesuita di letteratura, teologia e di nuove tecnologie applicate al settore umanistico.
    Un ambito, quest'ultimo, di notevole interesse in un momento nel quale la chiesa, colpita dai recenti scandali, fatica a trovare una strategia comunicativa efficace ed omogenea.
    “Per la chiesa Internet e i social network non sono affatto un semplice 'strumento' di comunicazione che si può usare o meno, ma un 'ambiente' culturale, che determina uno stile di pensiero, contribuendo a definire anche un modo peculiare di stimolare le intelligenze e di stringere le relazioni - dice padre Spadaro al Foglio - E' chiaro che da sempre la chiesa ha nell'annuncio di un messaggio e nelle relazioni di comunione due pilastri fondanti del suo essere e dunque la Rete e la chiesa sono da sempre realtà destinate a incontrarsi”.

    La chiesa dunque utilizza attivamente e proficuamente la rete? “No, non si tratta di questo - risponde Spadaro - La sfida che la chiesa avverte non è quella di come "usare" bene la Rete, come spesso si crede, ma come "vivere" bene al tempo della Rete. Internet è una realtà destinata ad essere sempre più trasparente e integrata rispetto alla vita off line. Questa è la vera sfida: imparare ad essere "connessi" in maniera fluida, naturale, etica e perfino spirituale; a vivere la Rete come uno degli ambienti di vita”. Un tema al quale La Civiltà cattolica, da un po' di tempo a questa parte, dedica una particolare attenzione: “Da oltre vent'anni la rivista segue con attenzione tutte le evoluzioni della Rete, cercando di illustrarle ai propri lettori non tanto da un punto di vista meramente tecnico o sociologico, ma nel loro significato antropologico e anche di fede”.

    La sfida è di quelle toste, secondo il gesuita. La vera domanda dietro la quale perdere tempo, infatti è “se e come la logica della Rete sta cambiando il modo con cui i cristiani di oggi comprendono la loro fede”. Un campo, quello mediatico, nel quale la chiesa sembra partire se non nelle ultime file, di certo non il pole position. Presenza ed informazione, questa la ricetta secondo Spadaro: “Nel momento in cui le fonti di conoscenza e valutazione dei fatti si moltiplicano in maniera capillare e globale, il flusso di opinione e informazione, se da una parte si arricchisce, dall'altra rischia di finire in ballo a opinion makers che alla fine si impongono. La chiesa è chiamata dunque a essere presente anche per svolgere una funzione informativa. E questo è avvenuto e sta avvenendo anche a livello ufficiale. Pensiamo alla presenza della Santa Sede su YouTube, su Twitter, oltre alla Radio Vaticana che trasmette anche in digitale”.

    Una presenza che, a voler fare l'avvocato del diavolo, è stata fin troppo plurale e disomogenea ultimamente. Se secondo Spadaro “è bene che le comunicazioni ufficiali abbiano una fonte certificata e sicura; e per questo la Santa Sede ha gli strumenti adatti oltre a una Sala Stampa”, è pur vero che “non si può immaginare la comunicazione ecclesiale semplicemente come una serie di comunicati stampa ufficiali. Così non è mai stato e così non è infatti”. Ma il problema di fondo che la chiesa ha nella sfida posta dal web 2.0, secondo Spadaro non si limita semplicemente ad un'efficace veicolazione di contenuti. “Direi semmai che in un tempo di social network non è pensabile una comunicazione intesa esclusivamente come "emittenza" di contenuti. I contenuti oggi sono sempre più "user generated content" e sono scambiati in un contesto relazionale. La chiesa sin dall'inizio ha ben chiaro questo concetto che ha un nome semplice ed efficace: testimonianza”.

    Sul tema, padre Spadaro ha appena pubblicato un libro, "Web 2.0 Reti di relazione" (Milano, Paoline, pp. 168).