La precauzione scandalosa e brutale della pecetta

Da quando i figli sono desiderati, e non attesi, neghiamo il loro sguardo

Giuliano Ferrara

Un bambino schermato in fotografia, lo sguardo negato, è uno scandalo. Ci sono casi, pochi e limitati, in cui questo obbligo si giustifica. Ma ormai il malcostume di cancellare gli occhi dell'infanzia è diffuso, sistematico, peloso e perfino atroce nelle motivazioni apparenti e nascoste, quelle che la cultura moderna nemmeno riconosce. Che schifezza, quella proiezione delle nostre morbosità ideologiche sul volto di Caterina, la figlia del presidente Casini, stretta in una spiaggia familiare e popolare alla mano di suo padre.

Leggi La bambina di Pierferdi oscurata per un eccesso bigotto di tutela

    Un bambino schermato in fotografia, lo sguardo negato, è uno scandalo. Ci sono casi, pochi e limitati, in cui questo obbligo si giustifica. Ma ormai il malcostume di cancellare gli occhi dell'infanzia è diffuso, sistematico, peloso e perfino atroce nelle motivazioni apparenti e nascoste, quelle che la cultura moderna nemmeno riconosce. Che schifezza, quella proiezione delle nostre morbosità ideologiche sul volto di Caterina, la figlia del presidente Casini, stretta in una spiaggia familiare e popolare alla mano di suo padre.

    Marianna Rizzini ha cercato di capire, è entrata qui sopra in qualche dettaglio, ha registrato con scrupolo dati e opinioni diverse, alcune consolanti, altre meno. Ma che cosa c'è dietro la folle, ossessiva idea che ogni bambino sia preda potenziale di un orco adulto, e debba essere difeso con il mezzo del nascondimento della sua anima e del suo corpo (nello sguardo si rivela infatti il sinolo di anima e corpo)? Il debole va difeso, non può dare il suo consenso informato; lo spirito del testamento biologico – mito giusmoralistico del nostro presente – va retrodatato anche all'infanzia, quel luogo che puoi commercialmente sfruttare a sguardo aperto in ogni spot suffragato da una liberatoria di adulto ben pagata, ma che non puoi nemmeno menzionare, salvo le eccezioni di cui sopra, nella cronaca della vita ordinaria. Ma che è successo nei tempi moderni all'infanzia dell'umanità, alla sua semplicità e anche alla sua libera tendenza alla complessità, alla crescita sulla via del dolore, della gioia, della maturazione individuale in amore e opposizione al mondo?

    Il filosofo francese Marcel Gauchet, di cui avevamo pubblicato le idee filosofiche, antropologiche e psicologiche sul nostro giornale, e che adesso è autore di un libro per le edizioni della Cattolica di Milano, “Il figlio immaginario”, ha una tesi, riesposta e analizzata criticamente in modo ineccepibile da Lucetta Scaraffia nella prefazione al volume. L'umanità è cambiata in profondità da quando è “frutto del desiderio”, da quando il figlio non è figlio della natura umana e della civiltà famigliare biparentale coltivata nel mondo oggettivo, ma della volontà, della soggettività della donna, in prima istanza, e della coppia desiderante, che programma e decide, in seconda istanza. I comportamenti sociali nati dalla modernità sono conseguenze di questo solco biopolitico.
    Per la prima volta nell'avventura umana, nota Gauchet secondo la guida di lettura della storica Scaraffia,  “i nuovi venuti sono concepiti in quanto individui in tutti i sensi del termine”.

    “I giovani di oggi sono frutto, infatti,
    ormai per il novanta per cento, di un desiderio privato, perché la procreazione è diventata un atto consapevole, con la conseguenza di dissociare la sessualità oggettiva o naturale da quella soggettiva umana individuale”. Il figlio desiderato e prodotto, deciso, calendarizzato, definito come individuo che si autoconsacra e non come elemento oggettivo del parco umano che cerca la sua via in opposizione al mondo adulto da cui proviene “per caso”, questo figlio immaginario non è il prodotto della famiglia, produce invece la famiglia, ne è lo stigma. L'infanzia diventa così “la nostra ultima utopia politica”. “E' il bambino stesso”, è scritto nella prefazione, “che diviene il vettore dell'utopia, la speranza di un futuro migliore, di un universo in cui gli individui scoprono se stessi da soli, per autocostruzione. Utopia di un futuro cui è impossibile attribuire un contenuto”.

    Pensiamoci: un mondo di orchi, di schermature, di paure, di morbose precauzioni, di perdita della spontaneità e della verità, non può che essere questo mondo concreto, in cui il non luogo utopico di un'infanzia immaginaria e innocente sostituisce la datità e il realismo della vita. Le ossessioni pedofile e antipedofile, i sabba moderni e postmoderni intorno ai bambini, questi sconosciuti, queste bandiere ideologiche di cui arriviamo a cancellare lo sguardo in effigie, ci parlano di noi nel modo più inquietante possibile.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.