Il Piemonte di Cota è in bilico, ma sotto sotto anche il Pd tifa per lui
Roberto Cota, che ha conquistato la regione Piemonte per un pugno di voti, meno di diecimila, potrebbe perderla per un pugno di schede (quindicimila) da ricontare. Da quando il Tar ha accolto alcuni ricorsi della governatrice uscente, Mercedes Bresso, su alcune irregolarità avvenute durante le votazioni, militanti e dirigenti del Pd si sono divisi in due schieramenti. I fan (pochi) della Bresso si dedicano al toto scommesse sul riconteggio delle schede elettorali, mentre i detrattori temono il suo rientro sulla scena politica.
Roberto Cota, che ha conquistato la regione Piemonte per un pugno di voti, meno di diecimila, potrebbe perderla per un pugno di schede (quindicimila) da ricontare. Da quando il Tar ha accolto alcuni ricorsi della governatrice uscente, Mercedes Bresso, su alcune irregolarità avvenute durante le votazioni, militanti e dirigenti del Pd si sono divisi in due schieramenti. I fan (pochi) della Bresso si dedicano al toto scommesse sul riconteggio delle schede elettorali, mentre i detrattori temono il suo rientro sulla scena politica. “E' altamente probabile che il risultato delle elezioni venga capovolto a favore della Bresso”, spiega Roberto Placido, dirigente del Pd, vicepresidente di minoranza del Consiglio regionale, che nella scorsa legislatura ha provato a mettersi di traverso per osteggiare la dittatura democratica della zarina.
Placido è un po' perplesso davanti all'eventualità di una vittoria giudiziaria del Pd perché farebbe svanire ogni sogno di rinnovamento, soprattutto generazionale, di quella parte del partito che, di fronte alla vittoria della Lega, aveva segretamente tirato un sospiro di sollievo. “Se Mercedes Bresso, che non ha mai accettato la sconfitta, ora rientra in gioco da vincente, sarà un disastro politico per il Partito democratico”, osservano quelli che invece speravano in una decisione diversa del Tar. Ossia: elezioni annullate, una nuova partita elettorale con Sergio Chiamparino come candidato governatore, e un nuovo Piemonte, dinamico e riformista. Per non parlare delle ricadute sulle elezioni comunali del prossimo anno, dove gli schieramenti dei candidati (per ora la rosa dei nomi è affollatissima) verranno sicuramente rimescolati . “Peggio di così non poteva andarci”, dicono con sarcasmo i più talebani. “Mercedes Bresso di nuovo alla guida del Piemonte? Praticamente una sequenza di ‘Pulp fiction'”, affermano in tanti nel Partito democratico.
Nella casa piemontese del Carroccio sono nervosi. Ovviamente perché potrebbero perdere la guida della regione (del resto non si aspettavano di vincere, checché ne dicano) e questa sconfitta giudiziaria, che la Padania ha già ribattezzato “golpe”, obbligherebbe la Lega a dover affrontare un ennesimo grattacapo all'interno del complicato puzzle di governo. Sulla giunta Cota pesa già l'ombra di un rimpasto, fatto tre mesi dopo il suo insediamento. Il vicepresidente della regione, Roberto Rosso (Pdl), si è dimesso la settimana scorsa. Dopo essere stato sfiorato in modo collaterale da alcuni guai giudiziari di un imprenditore piemontese, accusato di frode, che lo aveva sostenuto durante la campagna elettorale. Al suo posto è stato messo un altro esponente del Pdl, Ugo Cavallera, che invece è molto apprezzato anche dall'opposizione.
Lasciamo perdere il balletto delle dichiarazioni (il finto plauso del Pd al Tar, l'autentica indignazione della Lega), e concentriamoci invece su un paradosso. Perché se è vero, come pare, che Roberto Cota sia riuscito in pochi mesi a usare lo scettro del comando (e a far dimettere Roberto Rosso), allora è vero che la Lega governa meglio (e litiga meno) dove prende meno voti e ha meno poltrone da spartire. E che il governatore, apparentemente morbido, quasi mellifluo, è invece più decisionista di quanto appaia. Infatti, quando la sua giunta ha approvato un piano straordinario per l'occupazione (un investimento di 300 milioni di euro per rilanciare lo sviluppo economico della regione), l'opposizione ha accolto con benevolenza il segnale di cambiamento.
Segnale lanciato dall'assessore alle Attività produttive (e amico fraterno) Massimo Giordano, ex sindaco di Novara. Roberto Cota è pragmatico e decisionista. Uno che non ammette dissidi né dissidenti, dice chi lo conosce bene. E deve essere proprio così, visto che è riuscito a prendere in mano la guida della coalizione che governa il Piemonte. Lasciando ai margini il Pdl, sempre più in difficoltà. Eppure a Torino non lo amano molto, mentre la sua giunta è considerata ancora troppo inesperta per poter essere autorevole.
Probabilmente il governatore piemontese (a differenza di Luca Zaia) è favorito anche dal contesto politico ereditato. Roberto Cota è partito in netto svantaggio: un grande deficit, stagnazione economica delle imprese, immobilismo politico della giunta uscente di Mercedes Bresso. Perciò qualsiasi cosa abbia fatto è meglio di niente. Oppure l'indulgenza di cui gode, anche da parte dell'opposizione, potrebbe avere una spiegazione più semplice: ora tutti dicono nei suoi primi cento giorni ha preso provvedimenti meritevoli, sopratutto per fare fronte alla crisi economica, solamente perché, una volta finiti i riconteggi delle schede, risolto il guazzabuglio giudiziario, rischia di venire trascinato nella polvere.
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