Cervo & Ferraresi letti dal “past correspondent” del fogliuzzo, Rocca

Piero Vietti

Forse, come scrive Giuliano Ferrara nella prefazione, il libro di Martino Cervo e Mattia Ferraresi sul quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti (“Obama, l'irresistibile ascesa di un'illusione”, edito da Rubbettino) vincerebbe il premio “Non è giornalismo”, ma certamente è “il saggio  più originale di tutti quelli usciti finora su Obama, Stati Uniti compresi”. A dirlo è Christian Rocca, oggi firma del Sole 24 Ore e “past correspondent” del Foglio dagli Stati Uniti.

Leggi Obama: l'irresistibile ascesa di un'illusione

    Forse, come scrive Giuliano Ferrara nella prefazione, il libro di Martino Cervo e Mattia Ferraresi sul quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti (“Obama, l'irresistibile ascesa di un'illusione”, edito da Rubbettino) vincerebbe il premio “Non è giornalismo”, ma certamente è “il saggio  più originale di tutti quelli usciti finora su Obama, Stati Uniti compresi”. A dirlo è Christian Rocca, oggi firma del Sole 24 Ore e “past correspondent” del Foglio dagli Stati Uniti, dove ha seguito tutta la campagna elettorale che ha portato Barack al trionfo planetario. Cosa che Cervo e Ferraresi non hanno fatto. Qui sta, secondo Rocca, il merito del libro: “Solo due persone che non sono state in prima linea durante quei mesi potevano fare un lavoro così originale. D'altra parte il mito del giornalista sul campo non è più così attuale: guardare le cose da fuori spesso te le fa vedere meglio. Il Foglio ha fatto tante volte le cose meglio degli altri proprio perché non seguiva tutto ‘day by day'”.

    L'ascesa di Obama, ammantata da un'aura di messianismo a tratti fanatico, è raccontata nel libro con intelligente malizia, strizzando l'occhio a chi ha paragonato Barack all'Anticristo ma senza prenderlo troppo sul serio, provando a scavare nella storia di un personaggio di cui si sa tutto ma in realtà niente ed evidenziando come la realtà sia stata più forte delle sue promesse, a oggi rimaste parole nell'aria: “Non è il primo libro negativo su Obama – continua Rocca – ma è il primo che non scade nel patetico o nel ridicolo, che non sembra scritto da un Marco Travaglio dei conservatori americani”. Nel 2008 in Italia nacque un vero e proprio caso attorno ad alcune citazioni di Gioacchino da Fiore che Obama avrebbe fatto durante la campagna elettorale. Gioacchino è un mistico medievale che teorizzò l'avvento di una “Terza era” nella storia, durante la quale lo Spirito Santo avrebbe concesso all'umanità doni straordinari, un periodo di pace e la caduta della chiesa. Obama ovviamente non ha mai citato Gioacchino, ma il fatto che sembrasse a tutti plausibile ha un motivo che i due autori spiegano, smascherando nel contempo l'origine della bufala, nata da una notizia di agenzia.

    “Ero a Denver alla convention democratica in quei giorni
    – ricorda Rocca – e fui l'unico a non parlarne. Quando il giorno dopo lessi i giornali italiani pensai di avere preso un ‘buco', ma ero sicuro di non avere mai sentito Obama citare Gioacchino. Rileggere oggi la ricostruzione del caso, peraltro molto divertente e fatta in perfetto stile da inchiesta giornalistica, mi dà ancora più ragione”. La teoria di fondo del libro è che Obama è diventato “punto di congiunzione tra l'ideale e il reale” in politica, incarnazione di un'idea, non solo – come un normale politico – portatore di un'idea. Rocca è d'accordo: “E' vero, così come è vero che noi di lui sappiamo pochissimo”.

    Rocca a un certo punto lo paragonò a un Mastella americano per il suo opportunismo, “ma è chiaro che è molto di più”. Obama come padrone di un mondo in cui nessuno avrà più bisogno di essere buono perché tutto sarà perfetto? “Non so quanto fosse consapevole di incarnare l'uomo che ci dovrebbe traghettare nella ‘terza era' – spiega Rocca – All'inizio io pensavo che fosse una grande operazione costruita a tavolino. Dopo il discorso del Cairo ho cambiato idea, ho capito che credeva ‘in his own hype', credeva al ‘fenomeno Obama'. Pensava che il solo suo arrivo alla Casa Bianca avrebbe reso il mondo più buono, che bastasse dire ad Ahmadinejad (lui sì convinto di essere un messia dell'islam) di non fare il cattivo, per risolvere i problemi in medio oriente”. La realtà però ha vinto, scrivono Cervo e Ferraresi. “Sì, ora mi sembra che sia lui il primo a non credere più al significato salvifico della sua presidenza”.

    Si potrà tornare indietro, o Obama ha messo l'asticella troppo in alto? La gente dai politici si aspetterà solo più promesse à la Obama? “L'asticella è in alto, tanto che Sarah Palin, la sua rivale repubblicana, è un fenomeno simile, anche se lei è già entrata durante la campagna elettorale nella ‘fase due', quella in cui molti la odiano. Obama ci sta entrando ora, attirandosi paradossalmente le antipatie dei conservatori, che all'inizio lo stimavano, proprio quando fa una politica simile a quella di Bush”. Il momento di grazia è finito, ma i giornalisti italiani, ben descritti nel libro come fantozzianamente proni, non ne parlano: “All'inizio ci fu un comprensibile innamoramento da parte dei media, guidato dalla stampa americana (c'è chi scrisse che ‘Obama è come Dio'), durante il quale però nessuno mise in luce i punti critici. Oggi si fanno i salti mortali per non scriverne – osserva Rocca – perché bisognerebbe parlarne male. Ma vedrete: il giorno in cui Obama cadrà saranno i primi a dargli addosso”.

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.