Diplomazia, unica via

Il colonnello Gasparri offre a Fini una pace onorevole. Ma c'è un ma

Salvatore Merlo

“Spero che Berlusconi e Fini si incontrino presto. Prima è, meglio è. La responsabilità nei confronti dell'Italia e dei nostri elettori deve prevalere sugli umori. Dobbiamo fare un congresso, dei tesseramenti e strutturarci sul territorio. Coordinatore unico? Sì, dopo il congresso. Ma soprattutto dobbiamo recuperare tutti lo spirito di appartenenza, chi ha delle buone idee per l'organizzazione del Pdl le proponga”. Dice così al Foglio Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato.

    “Spero che Berlusconi e Fini si incontrino presto. Prima è, meglio è. La responsabilità nei confronti dell'Italia e dei nostri elettori deve prevalere sugli umori. Dobbiamo fare un congresso, dei tesseramenti e strutturarci sul territorio. Coordinatore unico? Sì, dopo il congresso. Ma soprattutto dobbiamo recuperare tutti lo spirito di appartenenza, chi ha delle buone idee per l'organizzazione del Pdl le proponga”. Dice così al Foglio Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, l'ex colonnello finiano che, con l'amico e sodale Ignazio La Russa, in questi mesi, agli osservatori era sembrato militare più nel partito dell'intransigenza antifiniana che in quello della diplomazia predicata dai Gianni Letta e – fuori dal Palazzo – dai Fedele Confalonieri. Sarebbe esagerato pensare che i colonnelli, mentre Fini imbraccia una bandiera col vento a favore come quella della legalità, vogliano allontanarsi dall'ala protettrice del Cav. Ma certo non ne vogliono patire l'ipoteca politica a tutti i costi.

    Cambio di strategia? “Nessun cambio.
    Si sono dette tante cose che non corrispondono al vero”, dice Gasparri. “Non ho mai cambiato idea. Con La Russa siamo stati incasellati in una vulgata semplicistica, come se fossimo contrari a un'intesa con Fini. Non è così”. C'è chi si aspettava da voi, ex dirigenti di An che conoscete a memoria Fini, un impulso alla mediazione. Perché non vi siete fatti carico delle operazioni diplomatiche? “Non avrei nessun pregiudizio a farlo anche subito”, risponde Gasparri. Che aggiunge: “Ma le cose bisogna farle quando sono utili. Quando servono”. Insomma, sembra di capire, quando – e se – sono gradite. “Ora, per il bene dell'Italia ritorni l'armonia”.
    Cosa può fare il Cav. per Fini e cosa Fini per il Cav.? “Sono convinto di un fatto, un partito grande come il Pdl non può essere monocorde, benché non possa neanche essere un albergo dove ognuno fa quello che gli pare. Dico di più: sono anche contrario al meccanismo delle correnti cristallizzate, a quella dinamica secondo la quale chi appartiene a un gruppo interno poi deve essere vincolato alle decisioni prese in quel settore. Io non sono sempre d'accordo con La Russa. Il nostro Pdl deve essere un partito aperto e plurale, tuttavia ci si deve pure ritrovare intorno a un principio: il vincolo di lealtà che impone, in Parlamento, di aderire alle decisioni assunte democraticamente”.

    Si tratta, pare di capire, di un principio che rimuoverebbe dal campo della contesa un complicato ostacolo. “Se intesa deve essere, prima è meglio è. L'intendenza seguirà. E' il progetto che conta”. Dicono che Berlusconi e Fini non si sopportino caratterialmente, non si capiscono. Qualcuno sostiene che a un ipotetico vertice dovrebbe partecipare anche uno psicologo. Sorride Gasparri, che indossa una cravatta rosa (quasi finiana): “Le responsabilità devono prevalere sugli umori. Abbiamo bisogno di un clima sereno perché dobbiamo governare. Si deve recuperare anche orgoglio: la Finanziaria è un grande successo, così come l'accordo di Pomigliano. Vi pare poco? Basta litigi, comunichiamo meglio i nostri successi”. In FI c'è chi attribuisce a Fini la volontà di spaccare il partito per colpire il premier. “Non lo credo, spero di no. Fini ripete sempre che il Pdl rappresenta la sua scommessa e il suo futuro”. C'è chi sussurra che si sia pentito del Pdl. “Può darsi che lo abbia pensato, ma bisogna che tutti noi riflettiamo su un fatto: il paese chiede di essere governato e per governare ci vuole concordia. Il modo migliore per occuparsi del proprio futuro è quello di non sfigurare nel presente”.

    Alla questione dei rapporti tra Fini e Berlusconi, più di recente, si è aggiunta una sottile (si fa per dire) contesa interna tra il grosso del Pdl e l'associazione Liberamente, animata dal gruppo dei ministri donna. Gasparri, considerato dagli osservatori un avversario di Liberamente assieme all'altro capogruppo Fabrizio Cicchitto, tende la mano e lancia messaggi distensivi anche in questa direzione. “Ci sono opinioni diverse che riaguardano l'organizzazione del Pdl. Ma nessun contrasto vero”. Coordinatore unico, tessere e così via? “Io dico: prendiamo il meglio da ciascuno, facciamo una sintesi tra l'idea carismatico-movimentista e il partito strutturato”. Berlusconi vi riunisce in conclave ad agosto. “Speravo di andare in ferie. Ma, se devo, ubbidirò”.

    Si è fatta largo l'impressione che una parte del Pdl voglia (ammesso che si possa) “imporre” a Berlusconi un partito vero, cioè solido, quasi novecentesco. Una cosa che metterebbe insieme, idealmente, Fini con i suoi ex colonnelli e con il gruppo storico di FI. Gasparri nega: “Chiariamo subito una cosa, Berlusconi è Berlusconi: ha delle idee molto precise sulla politica e sui partiti, non si può far finta di accorgersene improvvisamente soltanto oggi, scandalizzandosene. Né si può cercare di violentarne la natura. L'unica strada, e questo riguarda anche Fini, è quella di accettarsi ciascuno con i propri pregi e i propri difetti. Facciamo il congresso, facciamo le tessere, ma facciamo anche i gazebo e la comunicazione telematica, se necessario”.

    Il Pdl all'unisono solido e leggero, carismatico e democratico. Possibile? Chissà. D'altra parte pensano in molti nel Pdl (anche Alemanno, dicono), “il carisma è a esaurimento”: dipende solo dal leader e, una volta che il leader non ci sarà più, se intorno a questa classe politica non esisterà un contenitore solido, il rischio è quello dell'estinzione collettiva. Dice Gasparri: “Berlusconi vorrebbe organizzare il partito individuando un ‘responsabile' in ogni sezione elettorale. E' un'idea interessante, facciamolo. Dobbiamo coniugare la leggerezza del movimentismo e dei gazebo con la solidità di un partito che esista sul territorio, che faccia congressi, che tesseri i propri militanti. Un mix di regole classiche e di inventiva modernista. La cosa più importante ce l'abbiamo già ed è il consenso, il Pdl è già nel cuore della gente. Basta uno sforzo in più, quello di individuare anche il modello organizzativo, per cesellare un capolavoro”. Dicono che il Cav. il congresso non lo voglia, Fini – passeggiando – prenderebbe il 20 per cento. “Il congresso si deve fare presto. Un leader della dissidenza raccoglie consensi, ma sono aggregazioni eterogenee. Ingestibili. In un grande partito gli scontenti sono molti, ma ognuno è scontento per ragioni diverse e pensa in modo diverso”. Potrebe essere un 20 per cento inutile. “Un giorno i partigiani si rivolsero a Pajetta: ‘Compagno, abbiamo preso la prefettura di Milano'. E lui: ‘Bravi. E ora che ve ne fate?'”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.