Il partito e la maschera di Ubu roi
Il Pdl è ormai un partito, con le sue regole. Il fatto che si chiami “popolo”, che il suo consenso storico venga da una leadership anomala, antipolitica, non cambia la natura delle cose. Sarà sempre un aggregato che sta o cade in stretta relazione con la personalità di Berlusconi, con il suo giro, con il suo carattere, con la sua corte. Ma non è più un partito – quello era Forza Italia, e con qualche difficoltà – che si risolva in Berlusconi interamente, senza residui, senza mediazioni, senza ragioni politiche.
Il Pdl è ormai un partito, con le sue regole. Il fatto che si chiami “popolo”, che il suo consenso storico venga da una leadership anomala, antipolitica, non cambia la natura delle cose. Sarà sempre un aggregato che sta o cade in stretta relazione con la personalità di Berlusconi, con il suo giro, con il suo carattere, con la sua corte. Ma non è più un partito – quello era Forza Italia, e con qualche difficoltà – che si risolva in Berlusconi interamente, senza residui, senza mediazioni, senza ragioni politiche.
Il Cav. deve rassegnarsi al fatto che è entrato in politica, dopo quasi vent'anni di onorato servizio antipolitico, all'opposizione e al governo. E che lo ha fatto nel momento in cui ha associato a sé in una medesima formazione organizzata Gianfranco Fini, che della schiatta dei politici di professione è un campione riconosciuto.
Ma la questione non è nemmeno soltanto personale o di carattere (cose che contano, naturalmente, e parecchio). La questione è più seria e profonda: c'è uno spazio che oggi è Fini a coprire, e domani potrebbe essere coperto da chiunque altro. Da Tremonti. Dalle ministre. Da una delle altre aree in cui si è agglutinata la materia vischiosa di cui è fatto il raggruppamento di maggioranza di questo paese. E' lo spazio della leadership politica? Se sonnecchia, qualcuno suona la sveglia pro domo sua.
Come si contemperano il garantismo e la decenza in un caso come il dossier contro Caldoro? Che fare di un coordinatore numero uno, Denis Verdini, in difficoltà per una campagna mediatico-giudiziaria che lo espone duramente? Come razionalizzare le triangolazioni istituzionali Camera-Quirinale in modo sensato, con mediazioni utili alla stabilità della maggioranza, alla stabilità del sistema nei rapporti con l'opposizione, e alla capacità di governo? Come alimentare il sacro fuoco militante e al tempo stesso tenere sotto controllo i cani, i rinfocolatori, i morsicatori di carne umana che ambiscono al plauso del capobranco?
Come dettare una agenda politica con autorevolezza, impuntandosi quando è necessario, ma solo quando è necessario, e soprattutto esercitando fantasia, andando oltre il vecchio show, scrivendo nuovi copioni? Per chi si occupi di politica, a parte gli estetismi e i malumori sempre rispettabili, una cosa è sicura: faccende di questo genere non si risolvono con i probiviri se non nel sogno ubuesque di un re mattocchio senz'altro potere che la propria maschera. Berlusconi non è in queste condizioni: perché, con supremo sprezzo del pericolo, ha deciso eroicamente di mettercisi?
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