Ecco i computer low cost
L'ultimo prezzo è 35 dollari: quello del computer appena presentato dal ministro indiano per le Scienze Shri Kapil Sibal, e che è stato realizzato dai ricercatori dell'Indian Institute of Technology e dall'Indian Institute of Science. Per la verità, ancora un prototipo: ma il governo di New Delhi è sicuro di poterne avviare la produzione entro pochi mesi. Anzi, la speranza è che la produzione di massa possa abbassare il listino addirittura a 10 o 20 dollari.
L'ultimo prezzo è 35 dollari: quello del computer appena presentato dal ministro indiano per le Scienze Shri Kapil Sibal, e che è stato realizzato dai ricercatori dell'Indian Institute of Technology e dall'Indian Institute of Science. Per la verità, ancora un prototipo: ma il governo di New Delhi è sicuro di poterne avviare la produzione entro pochi mesi. Anzi, la speranza è che la produzione di massa, all'inizio in aziende di Taiwan, possa però abbassare il listino addirittura a 10 o 20 dollari. La parte più dispendiosa sono i pannelli solari, ma il prodotto è rivolto agli scolari, e in paese dove ce ne sono decine di milioni la quantità potrebbe favorire sconti sostanziosi. Sempre per abbattere i costi i programmi sono Open Source e il sistema operativo Linux. Attraverso uno schermo sensibile al tocco si potrà visualizzare video e immagini, leggere i file di testo in formato PDF e utilizzare programmi come Open Office.
Un dubbio, però, viene al ricordare il progetto Sakshat di un anno e mezzo fa: sempre sponsorizzato dal governo indiano, e che avrebbe dovuto arrivare addirittura a 10 dollari. Poi, però, alla presentazione del 3 febbraio 2009 saltò fuori che non si trattava di un vero e proprio notebook, bensì di un semplice hard disk con una capacità di immagazzinamento dati pari a 2 GB ed un piccolo display di pochi pollici per la visualizzazione dei files scelti. Delle dimensioni di 25 cm di lunghezza e 12 cm di larghezza, Sakshat avrebbe dovuto pure integrare un modulo WiFi ed una porta Ethernet. Ma sarebbe stato necessario comunque collegarlo a un pc vero per consultare il suo contenuto., e comunque non sarebbe costato 10 dollari, ma almeno 20 o 30. Al massimo, quell'hard disk avrebbe potuto essere il punto di partenza per un notebook effettivamente economico, dal prezzo previsto di 60 dollari.
Paese dotato a un tempo di masse miserabili e di una delle industrie informatiche più avanzate del pianeta, era stata comunque proprio l'India a iniziare la corsa al pc dal prezzo stracciato, quando nel novembre del 1999 un team di sette scienziati e ingegneri indiani sotto la guida di Swami Manohar annunciò la fondazione della Simputer Trust. Obiettivo: la realizzazione di un pc a basso costo adatto alle esigenze del Terzo Mondo, grazie all'appoggio dell'ufficiale Istituto indiano per l'informatica e l'automazione e della Encore ltd, nota firma della Silicon Valley di Bangalore. Simputer da simple computer: computer semplice. Effettivamente, il simputer fu messo in vendita dal marzo del 2002, al prezzo di 200 dollari. Come avverte lo stesso sito della società, però, “il simputer non è un personal computer. Potrebbe essere un computer tascabile”. Tra l'altro non ha neanche una vera e propria tastiera: vi si può aggiungere, ma non viene raccomandato “metterci troppi dati”.
D'altra parte, il suo sistema abituale di gestione attraverso tasti e/o una matita è stato studiato apposta non solo per risparmiare, ma anche per permetterne l'uso agli analfabeti. Inoltre ha una smart card, che ne consente l'uso comunitario: per renderlo di uso pratico anche in collettività talmente povere da rendere possibile il reperimento dei 200 dollari per l'acquisto solo attraverso collette di massa. Si “deposita” da un responsabile, che può essere il maestro, il sindaco, il bottegaio, il postino; e lì si rivolge chi ne ha bisogno, per attività attinenti essenzialmente al microcredito, alla raccolta di dati, all'informazione agricola e alla scolarizzazione di massa.
Insomma, una cosa molto da campagna indiana. Tutt'altra storia dall'iniziativa One Laptop Per Child, Olpc, lanciata da Nicholas Negroponte il 28 gennaio 2005, al Forum Economico Mondiale di Davos. Fondatore del Mit Media Lab al Mit di Boston e autore del best-seller Essere digitali, Negroponte è un guru delle nuove tecnologie una cui profezia fu: “Sarà il Terzo Mondo il teatro dei più spettacolari successi della New Economy, proprio perché il Terzo Mondo ha meno interessi consolidati da perdere”. La sua idea era dunque di offrire ai bambini del Terzo Mondo un laptop vero, ancorché al prezzo di soli 100 dollari: fodera di gomma, batteria ricaricabile a manovella, connessione wireless, sistema operativo Linux e 1GB di memoria. Presentato per la prima volta allo stadio di prototipo funzionante a Tunisi il 16 novembre 2005 nel corso del Forum Mondiale sulla Società dell'Informazione, l'Olpc Xo-1, come è stato ribattezzato, è stato poi messo effettivamente in vendita il 19 febbraio 2007, con ben un milione di esemplari ordinati da Argentina, Uruguay, Brasile, Nigeria, Ruanda, Libia e Thailandia. In effetti costava però 130 dollari al pezzo, e l'etichetta attuale è del “laptop a 100 dollari”. Pur mantenendo la forte sponsorizzazione dell'Onu, Negroponte nel frattempo ha però litigato con Intel, che dopo essersi unita al progetto Oplc nel luglio del 2007 lo aveva lasciato nel 2008 per lanciare il proprio Classmate: made in Taiwan, 285 dollari, poi calati a 200.
Nella lotta si è inserito anche Hugo Chávez, che nell'ottobre del 2005 annunciò la prossima realizzazione di un “computer bolivariano” a prezzi compresi tra i 327 e i 363 dollari. Per realizzarli è stata costituita la Venezolana de Industria Tecnológica (Vit), impresa mista in cui il governo di Caracas e l'impresa pubblica cinese Lang Chao International Ltd. hanno investito 6,26 milioni di dollari. E il 3 novembre 2007 il primo lotto di computer bolivariani è messo in vendita, nella catena di negozi statali Mercal. Anch'esso è però lievitato a 405 dollari, in un momento in cui da Wal Mart on line si trovavano pc a 298 dollari…
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