Senatùr Smerdiakov

Umberto Silva

Far fuori il Re, il Padre, il Dio: di questo sempre si tratta dall'origine dei tempi, da quando Cronos apparve e, ancor prima, nell'eternità di Jahvè e Lucifero. Quale tra i suoi figli ci riuscirà? Agli occhi degli edipici delfini Berlusconi incarna la figura di Papi Karamazov, oltraggioso per il denaro e la lussuria, ma l'attor giovane Casini e il drammatico Fini sono personaggi troppo prevedibili per impensierire l'esperto capocomico.

    Far fuori il Re, il Padre, il Dio: di questo sempre si tratta dall'origine dei tempi, da quando Cronos apparve e, ancor prima, nell'eternità di Jahvè e Lucifero. Quale tra i suoi figli ci riuscirà? Agli occhi degli edipici delfini Berlusconi incarna la figura di Papi Karamazov, oltraggioso per il denaro e la lussuria, ma l'attor giovane Casini e il drammatico Fini sono personaggi troppo prevedibili per impensierire l'esperto capocomico. Casini ogni tanto si esibisce in qualche finta, i suoi lo applaudono festosi, lui ringrazia soddisfatto e tutto finisce lì. Fissando sempre e solo la trave nell'occhio del suo nemico Fini si è scordato della propria pagliuzza. Il Cavalier Beffardo trionfa. Destreggiandosi onde evitare il processo per l'ennesima truffa billionaire, ha incastrato il rivale in uno squallido bicamère.

    Strangola il suo ingrato figlioccio con la stessa corda
    con cui costui voleva impiccarlo: l'etica del sospetto. Ma non c'è due senza tre e il terzo pretendente al trono è quello che davvero conta: Umberto Bossi. Lui è Smerdiakov, il figlio brutto e cattivo, il bastardo. Per nulla regale, Bossi è però terribilmente reale. Nichi e i futuristi, Bersani e Barbareschi, il piccolo grande centro, Tremonti premier dell'union sacrée, un gran bel ribaldone… di cosa stiamo cianciando? I giochi sono già fatti. Tutti lo sappiamo, ma quando la Storia cambia pagina continuiamo a occhieggiare quella che abbiamo appena girato, forse perché la pagina che ora ci appare è bianca, spaventosamente bianca con una riga che la taglia in due. La forma politica dell'Italia – la forma reale, già in atto anche se ancora non consacrata – è quella di un bipolarismo assoluto. Non ideologico ma geografico: da una parte il nord dall'altra il sud. La zona grigia al centro si sta dissolvendo; resta Roma, città aperta a ogni traffico d'indulgenze, futura Macao anni Trenta (magari!).

    L'estraniarsi dalla lotta politica, lo stop all'immigrazione selvaggia e no, il successo di Maroni contro la criminalità organizzata, sono cose reali che in tanta fuffa si stagliano indubitabili e spronano il popolo leghista ad affondare il coltello in altro marciume. La Lega è un movimento giustizialista, l'unico veramente tale, pronto a spedire ai lavori forzati i politicanti intrallazzoni, i corrotti e financo i pigri. Un movimento iconoclasta che detesta l'intellettualismo e puranche l'intelletto, l'arte sempre un po' degenerata e perfino le buone maniere. La Lega è l'espressione più radicale di Mani pulite, nel corso del tempo rimasta incredibilmente integra sotto la lava del vulcanico Berlusconi. In questi anni quanti lavacri i capi leghisti si sono fatti nel Po dopo essersi sporcati le mani stringendo quelle del Cav. e compagnia?! Nel 1996 Bossi ebbe un moto di ripulsa e del suo presidente disse quel che davvero in cuor suo pensava, e tuttora pensa, coprendolo d'insulti infamanti; per poi accorgersi che senza di lui il Nord sarebbe diventato la provincia lontana d'un fatiscente impero, e inghiottì il rospo.

    Immaginabile il suo odio
    per essersi costretto a quel martirio, un odio crescente nei confronti di un Berlusconi sempre più apertamente e smodatamente immerso nel fasto, nel riso, nelle donne, in quella romanità che a Bossi fa orrore e che nelle interminabili cene di Arcore e di piazza Grazioli ha dovuto trangugiare fino alla nausea, abbozzando sorrisini e pacche sulle spalle, foriere di gastriti orrende e notti in verde a progettare vendette. Bossi ha sopportato stoicamente, con la pazienza di Montecristo. A volte qualcosa del suo odio trapela, come quando un paio di giorni fa si è lasciato scappare di non avere più voglia di correre col Cav. Ma subito – immaginiamo con che gusto – si è rimangiato il fiele. Per manifestarsi appieno sa che deve aspettare d'avere in pugno le regioni e i comuni, allora scioglierà l'alleanza e il Pdl si travaserà nella Lega. A quel punto altro che voto di fiducia; il cappio è pronto per i Dell'Utri, i Caliendo e i Cosentino, il rogo per la Nuova Babilonia, la Grande prostituta di cui Berlusconi è il Pontefice massimo.

    In questi giorni Umberto Bossi sta friggendo. Le elezioni anticipate, con la previsione di altri cinque anni di governo del premier, per di più blindatissimi, se per l'Italia costituiscono l'unica garanzia contro lo sfascio, a Bossi promettono solo un allungamento della tortura. Per il Cav. le elezioni sono quel che è il sangue di una vergine per il vampiro, lo ringiovaniscono di dieci anni; e se il Cavaliere cavalca euforico, il popolo si rassicura circa la sua eternità e lo vota eccome, al nord e al sud, che restano così appiccicati. Il Cav. è l'unico ostacolo alla secessione, l'unico vero garante dell'Unità d'Italia; come resistere ancora, freme Bossi, col timore di non vedere in vita coronato il sogno secessionista? Tanto più che il suo sicario sta fallendo il colpo. Sì, il Fini ribelle l'ha creato lui, l'Umberto, a furia di sputi in faccia. I trenta denari? Il regno del Sud. C'è un patto segreto – per non dire inconscio – e tuttavia ferreo tra Bossi e Fini: la spartizione dell'Italia.

    Già, il regno del sud. Se il Cavaliere verrà disarcionato Fini, Casini e Vendola diverrano le badanti di una massa informe, senza più alcuna ideologia all'infuori da quella della sopravvivenza nel risentimento, un proletariato di ritorno. Per non morire di fame il sud dovrà lottare per tenersi stretto il nord, che gli farà l'elemosina in cambio di una totale subordinazione economico-politica e di qualche ceffone ogni tanto. Lo schiavo sudista supplicherà il padrone del nord di non lasciarlo solo e, nel timore che quello di notte fugga, gli s'incatenerà al piede. Foschi scenari il regicidio spalanca, ma più vivo che mai, e non senza una lacrimuccia per questi suoi impazienti figlioli, le Roi s'amuse.

    (Segue un post scripum, verrà pubblicato sul Foglio di domani)