Il semplificatore padano detta i tempi del voto (e nasconde i suoi guai)

Il senso di Bossi per la palude

Maurizio Crippa

Nei territori informali della militanza, la Lega dà sempre il meglio per capacità di sintesi e tattica politica. Martedì al concorso di miss Padania ad Alassio (che non è in Padania, ma la Liguria è una delle linee di sfondamento elettorale per la Lega) Umberto Bossi ha ridotto a poche parole tutte le ipotesi: “Meglio andare subito al voto, per uscire da questa palude e portare a termine le riforme”. E ieri ha stroncato sul nascere le giravolte di Di Pietro.

    Nei territori informali della militanza, la Lega dà sempre il meglio per capacità di sintesi e tattica politica. Martedì al concorso di miss Padania ad Alassio (che non è in Padania, ma la Liguria è una delle linee di sfondamento elettorale per la Lega) Umberto Bossi ha ridotto a poche parole tutte le ipotesi: “Meglio andare subito al voto, per uscire da questa palude e portare a termine le riforme”. E ieri ha stroncato sul nascere le giravolte di Di Pietro: “Sono esclusi governi di larga coalizione o tecnici”. Idea confermata ieri sera dal Cav., che pure ha mostrato un filo di fiducia nella possibilità di ricucire. 

    La semplificazione del quadro, quando serve, è un'arte in cui il bizantinismo di Bossi eccelle. Ed eccelle anche nella capacità di spostare all'esterno problemi che invece sono interni. Uscire dalla palude è metafora efficace, ma evita di dire che la palude è anche, e molto, la palude padana in cui la Lega segna il passo da qualche tempo. C'è una serie di motivi per cui ai leghisti le elezioni anticipate fanno comodo. Il primo e più scontato, i sondaggi che parlano di massimo storico, tra 11 e 13 per cento, con un recupero di 8 punti sul Pdl rispetto al 2008. Ma la Lega ha anche un sacco di problemini.

    Votare significa procrastinare ancora il federalismo; ma ottenerlo in queste condizioni, con i tagli di manovra, sarebbe una vittoria di Pirro difficile da far digerire alla base, che infatti non la sta digerendo affatto. Luca Ricolfi qualche giorno fa ha chiarito come la questione federalista rischi di intorcinarsi, nel nuovo quadro politico. La tensione tra base leghista e “partito romano” è al limite della rottura. E allora meglio tagliare e rilanciare. Poi la buriana del caso Brancher, che ha fatto venire allo scoperto spaccature interne e correnti la cui posta in palio, non dichiarabile, è la successione al leader. Per ora Bossi ci ha messo una pezza, ovvero il figlio Renzo, ex Trota. Ma per mettere a tacere tutto e tutti niente di meglio della mobilitazione per il voto. Con la chimera del federalismo ancora lontana da raggiungere. Zitti e pedalare.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"