Mozioni di Settembre/ 14

Vi propongo un patto in due punti, altrimenti si va tutti a casina

Luigi Amicone

Signore e signori onorevoli, la domanda che un presidente del Consiglio deve porsi al cospetto del Parlamento è questa: ha fatto il nostro governo tutto ciò che era in suo potere per evitare un voto di fiducia così drammatico? La nostra risposta è sì, questo governo ha mostrato nei fatti la pregnanza, la competenza e l'efficacia del proprio impegno.

    Signore e signori onorevoli,

    la domanda che un presidente del Consiglio deve porsi al cospetto del Parlamento è questa: ha fatto il nostro governo tutto ciò che era in suo potere per evitare un voto di fiducia così drammatico? La nostra risposta è sì, questo governo ha mostrato nei fatti la pregnanza, la competenza e l'efficacia del proprio impegno. Abbiamo tenuto l'Italia fuori dalla corrente artica della più grave crisi economica che si sia sviluppata dall'anno ‘29 del secolo scorso. E per quanto è stato in nostro potere di fare, il governo ha salvaguardato i lavoratori italiani impegnando le casse dello stato per sovvenire alle drammatiche situazioni di coloro che hanno perso un impiego. Molti altri provvedimenti sono stati varati in questo biennio. Vorrei però concentrarmi solo su un punto. Nel momento in cui ci apprestiamo a celebrare i centocinquant'anni dell'Unità d'Italia possiamo rivendicare di essere riusciti a raccogliere, analizzare, uniformare e confrontare i dati relativi alla spesa di bilancio dello stato italiano, così come essa si presenta a tutti i livelli delle amministrazioni statali, locali e regionali.

    Ed è stata una sorpresa molto istruttiva
    verificare con numeri e indici puntuali, che c'è una parte della nostra Penisola che, non solo geograficamente, si trova assai più prossima alla frontiera dell'Africa che a quella dell'Europa. Ciò accade per il nostro meridione. E accade non perché il nostro sud sia stato negletto da noi o dai nostri predecessori al governo. Ciò accade perché più il sud riceveva in termini di dotazioni finanziarie (lasciate in cassa), meno si sviluppava in termini di prodotto interno lordo. Questi sono precisamente i fatti testardi e la coriacea realtà che dovrebbero indurci a una rivoluzione copernicana nell'attività di governo e accontabilità di questo paese. Questa è la vera “questione morale” italiana. La questione di sistema di uno stato che funziona male e dissipa il bene da che la Costituzione del ‘48 è diventata ciò che si dice di un certo ideale patriottico quando diventa l'alibi di individui molto particolari. E' del “sistema canaglia”, signore e signori, che la politica deve occuparsi. La politica, ripeto, non i tribunali. Bene, non so se esistano ancora spiragli per evitare di tornare alla urne restituendo il giudizio al popolo. Ma se c'è una sola possibilità, trovarla dipende da voi, solo da voi, signore e signori onorevoli eletti in questo Parlamento. Lo sapete, fuori da queste Aule il richiamo alle urne è diventato il leitmotiv di questa fine estate e oggi tutti i riflettori sono puntati sul braccio di ferro che dovrebbe svolgersi in questo sacro luogo della Repubblica. E svolgersi tra noi e i cosiddetti finiani nella maggioranza. Tra noi e l'opposizione centrista. Tra noi e l'opposizione tutta.

    Signore e signori onorevoli,
    qualcuno ha detto che non c'è vento favorevole per chi non sa dove andare. Ecco, ho scelto di accennare a questo nostro “sistema canaglia” che annichilisce da decenni ogni speranza di riforma di questo paese e che continua a far scivolare all'inferno l'altra metà del cielo italiano, perché è precisamente su questo punto che il nostro governo intende chiedere la fiducia e cogliere così la possibilità, se esiste, di proseguire la legislatura. Vogliamo avvilire definitivamente le speranze nelle istituzioni, avvitarci nello scontro per la morte della politica, di nuovo consegnare l'Italia alla stagione della demagogia e dell'inettitudine per vie giudiziarie, lasciare che il paese rotoli in una crisi economica sin qui evitata ma che continua a premere e a mordere intorno a noi? O vogliamo tutti insieme, riappropriarci del dovere della politica di presiedere alla guida della nazione e dire finalmente a una grande e radicale riforma degli assetti istituzionali e costituzionali della Repubblica? Onorevoli signore, onorevoli signori, io prospetto per ciascuno e per tutti, per la maggioranza così come per l'opposizione, ognuno nel rispetto del proprio ruolo, un immenso e generoso impegno e ciò varrà  anche da penitenza per gli errori personali e umani da noi commessi, e con ciò ho risposto al secondo corno della questione l'impegno di trasformare i prossimi tre anni di legislatura in un'impresa comune, per il bene comune. In breve, vi chiedo una fiducia commisurata in due tappe: la prima, qui, oggi, nella quale chiedo il vostro assenso sul principio di quanto sin qui esposto; e una seconda, di nuovo qui, in Aula, in una seduta parlamentare da tenersi entro i prossimi trenta giorni, nella quale il governo presenterà un piano di programma minimo di riforma della Costituzione, di riforma della giustizia, di rilancio del mezzogiorno fondato su piani di educazione, formazione, sviluppo del capitale umano, paesaggistico e delle risorse del sud.

    Decidete, cari colleghi:
    credete di poter collaborare, ognuno secondo il proprio ruolo, a questa impresa comune? Credete sia un sacrificio irragionevole stabilire questa apertura di credito verso un programma minimo di riforme bipartisan, da tutti sempre evocate e da alcuno mai realizzate? In questo secondo caso sappiate che il nostro esecutivo non resterà in carica un solo minuto oltre questo intervento, che il presidente del Consiglio rimetterà oggi stesso il suo mandato al presidente della Repubblica e che chiederà al capo dello stato lo scioglimento delle Camere. E siccome chi tradisce il voto degli elettori tradisce la democrazia, in democrazia si fa così quando un governo non ha più la maggioranza per governare: non si fa commercio istituzionale privo di scrupolo, di moralità, di consenso e di legittimità popolare; ci si rivolge immediatamente al popolo e ci si rimette direttamente al suo giudizio.