Sarà mica che in ogni rom Sarkozy vede gli occhi tzigani di Cécilia?
La lunga estate calda di Brice Hortefeux, ministro dell'Interno francese e ospodaro del signor presidente Nicolas Sarkozy, cominciata a metà luglio tra le macchine bruciate e le barricate della Villeneuve di Grenoble, sta finendo, meteorologia permettendo, nei campi rom illegali e nell'espulsione di centinaia di loro verso i paesi d'origine, Romania e Bulgaria.
La tattica è stata messa a punto nelle riunioni interministeriali all'Eliseo. Il presidente, che punta a farsi rieleggere nel 2012 ed è in affanno per il crollo di popolarità nei sondaggi, ha dato consegne precise.
La lunga estate calda di Brice Hortefeux, ministro dell'Interno francese e ospodaro del signor presidente Nicolas Sarkozy, cominciata a metà luglio tra le macchine bruciate e le barricate della Villeneuve di Grenoble, sta finendo, meteorologia permettendo, nei campi rom illegali e nell'espulsione di centinaia di loro verso i paesi d'origine, Romania e Bulgaria.
La tattica è stata messa a punto nelle riunioni interministeriali all'Eliseo. Il presidente, che punta a farsi rieleggere nel 2012 ed è in affanno per il crollo di popolarità nei sondaggi, ha dato consegne precise: ricordare ai cittadini in preda a ricorrente sindrome da insicurezza che lo stato c'è, riafferma la sua autorità e impone ordine con ogni mezzo.
Quanto al metodo, è antico: girare come un ossesso di borgo in borgo, essere ovunque la cronaca dia notizia di morte violenta, occupare in modo sistematico lo spazio mediatico, fare qualche vaga promessa e soprattutto innescare polemiche il più possibile roventi, insomma martellare in televisione e dar di randello in strada. Fu lo stesso presidente a inventare questo metodo quando era ministro dell'Interno e gli fu propizio: riuscì a prosciugare il serbatoio dell'estrema destra del Front National e a trovare i voti per farsi eleggere trionfalmente all'Eliseo. Ora tocca al suo principale collaboratore e sodale di una vita di andare in giro per scene del crimine. Lo fa con cipiglio e con un certo piglio senza raggiungere le vette del maestro, ma siccome ha una certa predisposizione spontanea a strafare, è uno di quei casi umani in cui la quantità diventa qualità. L'ultima battaglia l'ha ingaggiata su ordine presidenziale contro i rom. Primo atto ieri: 93 tra uomini, donne e bambini rispediti a casa, un altro volo è previsto oggi, poi il 26 agosto. Sarebbero oltre trecentocinquanta gli espulsi, ma il ministro dice che saranno settecento a fine mese.
Le associazioni a difesa dei diritti dell'uomo parlano di accelerazione politica a puri fini di propaganda, dicono che nella maggior parte dei casi si tratta di espulsioni decise da tempo dalla magistratura in seguito alla denuncia dei proprietari dei siti abusivamente occupati: la sola novità è che, fino a oggi, i decreti di espulsione non erano stati eseguiti, ora invece si procede con la forza di un caterpillar. Tutti i rom hanno accettato la spintarella economica, “l'aide au départ humanitaire”, 300 euro per ogni adulto e 100 per ogni bambino. Un indennizzo indegno, stile le brioches di Maria Antonietta. In effetti i rom sono cittadini comunitari e non possono usufruire di quello ben più sostanzioso, dell'ordine di qualche migliaia di euro, chiamato “aiuto al ritorno volontario” e riservato agli extracomunitari, ovvero ai nordafricani che nelle fabbriche francesi ci hanno lasciato la schiena. Parigi e Bucarest avevano concordato un piano di aiuti finanziari che mettesse le famiglie in condizione di avviare un'attività, nell'agricoltura o nella pastorizia. Ma i rom non possiedono il talento dell'arte, il più delle volte il montone acquistato per mettere su un allevamento è finito allo spiedo e loro hanno ripreso il cammino verso la Francia. In attesa che a qualcuno venga in mente un'idea tanto brillante quanto definitiva, vale questo “argent de poche” su cui persino un gollista come Pierre Lellouche ha ironizzato, parlando di “aides à l'allée-et-retour”. E in prospettiva ce ne saranno di paghette da sborsare, visto che dal marzo 2011 Romania e Bulgaria entreranno a far parte dell'area Schengen, non ci saranno quindi più frontiere.
Per esibire i suoi bicipiti, il culturista Sarkozy ha scelto questa volta un'angusta palestra. Non che i rom siano in generale più simpatici o meglio integrabili di altri, anzi. La questione è complicata in sé e comunque si presta male ai tatticismi estivi di un presidente azzoppato e di un ministro in cerca di promozione sul campo. L'Unione strepita e bacchetta, critica le violazioni alla libertà di circolazione e insediamento in Europa, e fin qui potrebbe bastare la replica del portavoce del Quai d'Orsay, che ha parlato di atteggiamento deplorevole da parte di Bruxelles.
Il problema è che, in punto di diritto, i cosiddetti rom in Francia non esistono. La République – che ha sempre un che di caritatevole nell'anima e una tendenza altrettanto caritatevole a nascondersi dietro il formalismo giuridico – ha fatto in modo che la Costituzione vietasse espressamente la definizione di etnie e minoranze e ha coniato per i rom il nome di “gens du voyage”, proprio come i francesi che lavorano deambulando. Rom, sinti, manouches, tzigani, yéniches, la “nazione senza territorio” venuta dall'India circola in Europa dalla notte dei tempi e c'è addirittura dal XIII secolo. Per loro, Hortefeux è una meteora e Sarkozy tutto al più un caso di omonimia con Rudolf Sarkozi, stimato leader della comunità rom di Vienna. Così il soufflé dell'estate ricadrà. E della vicenda rimarrà solo la feroce boutade apparsa in rete: che Nicolas avrebbe fatto tutto questo per vendicarsi della seconda moglie che lo tradì e lasciò, quella Cécilia, sangue bollente e figlia di un bel tenebroso tzigano.
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