Confusione maggioritaria

Perché le intemperanze di Bossi inducono il Cav. a sospettare di Tremonti

Salvatore Merlo

Ciclicamente Giulio Tremonti diventa oggetto di sospetti all'interno dello stretto entourage di Berlusconi e, in misura forse più umorale che politica, anche dello stesso premier. La causa, questa volta, sono le parole pronunciate da Umberto Bossi domenica nel corso di un comizio a Capriata D'Orba. “Bossi parla esplicitamente per Tremonti dicendo che se Casini entra nel centrodestra Giulio si dimetterà".

    Ciclicamente Giulio Tremonti diventa oggetto di sospetti all'interno dello stretto entourage di Berlusconi e, in misura forse più umorale che politica, anche dello stesso premier. La causa, questa volta, sono le parole pronunciate da Umberto Bossi domenica nel corso di un comizio a Capriata D'Orba. “Bossi parla esplicitamente per Tremonti dicendo che se Casini entra nel centrodestra Giulio si dimetterà. Tremonti non smentisce né precisa. Anzi, con Bossi ha perorato la causa del voto subito. Ma sta con noi o con la Lega?”. La sensazione è che non potendo prendersela con il capo del partito nordista, i cattivi umori berlusconiani siano pronti a riversarsi sul ministro dell'Economia che – dicono negli ambienti di Palazzo Grazioli – “vede Casini come una minaccia”. Al ministro dell'Economia – non è una novità – viene attribuita l'ambizione di voler preparare la propria successione a Berlusconi: uscito (o quasi) di scena Gianfranco Fini, Tremonti, secondo i suoi molti antipatizzanti, non vorrebbe ritrovarsi affiancato da un altro ambizioso pretendente come il leader dell'Udc.

    Così è a Tremonti che viene attribuita la colpa di aver assecondato la reazione di Bossi: “Ha partecipato al nostro vertice con Berlusconi del 20 agosto, ha preso nota del patto dei cinque punti sul rilancio del governo, del tentativo di recuperare Fini e di avvicinarsi in prospettiva a Casini, poi è salito su da Bossi e gli ha raccontato tutto. Poteva aiutare a ricomporre, ha fatto l'opposto”. Chissà. Difficile credere che Bossi si faccia influenzare troppo. E' tuttavia sicuro che le sue esternazioni (“non c'è alternativa al voto”. “Mai con l'Udc”. “Tremonti si dimette se arriva Casini”) abbiano infastidito Berlusconi. Parole che rientrano, sì, nel cliché delle dichiarazioni agostane, con spada e canottiera, ma che pure danneggiano un po' la strategia berlusconiana. Il Cav. adesso vuole capire e domani incontrerà l'alleato.

    Il piano di azione messo a punto dal premier è chiaro: recuperare al Pdl una decina di parlamentari tra finiani indecisi, centristi smarriti e autonomisti in crisi; trattare con il gruppo di Fini senza cedere a ricatti; aprire, in prospettiva, a Pier Ferdinando Casini. Un accordo, quest'ultimo, fatto di giochi parlamentari con l'Udc: “Accettino il federalismo e non avranno a pentirsene”, ha spiegato Berlusconi ai suoi diadochi nel momento in cui aveva deciso, per dare un segnale a Casini, di includere il quoziente familiare all'interno dei punti prioritari dell'azione di governo. Tremonti, che avrebbe dovuto fare da cinghia di trasmissione con la Lega, pare abbia invece lavorato “contro” questo schema. L'idea del Cav. era quella di portare in dote a Bossi, prima o poi, il “sì” (al momento decisamente lontano) dell'Udc al federalismo. Peccato che Bossi abbia sbarrato la porta, abbia attaccato Casini “trafficone” e si sia pure beccato ieri la replica acida del leader centrista (“lui traffica con le banche”).

    Dal punto di vista di Berlusconi la situazione si complica. E' vero che Bossi ha spiegato più volte in privato che “siete dei babbei se vi incazzate per le cose che dico alla mia gente. Bisogna dire sempre cose forti, così si conquistano le prime pagine”. Ma stavolta le sue parole (“Il voto è inevitabile”) scaricano l'arma che il premier ha preparato per recuperare i finiani e consegnano la Lega al ruolo di destabilizzatrice. Secondo i ragionamenti dei berlusconiani, “Bossi, con Tremonti, sta danneggiando Berlusconi e paradossalmente rafforza Casini, che si presenta come l'antiLega. Non solo. Con le sue ‘sparate' permette ai finiani di tornare a manovrare”, come ha fatto ieri Italo Bocchino: “Bossi e Tremonti preparano una trappola. Il premier si salva solo con una maggioranza più ampia”. Fini, Casini, Rutelli e i Popolari. “Fantapolitica”, rispondono dal Pdl, dove, tuttavia, a microfoni spenti confermano i sospetti rivolti soprattutto contro il ministro dell'Economia. Tocca ora al Cav. fare chiarezza. Domani, incontrando Bossi sul lago Maggiore, potrebbe appellarsi alla “nostra vecchia amicizia”, confermando l'iter del federalismo, spiegando che “ottenere il voto non è così facile” e, soprattutto, citando di passaggio le candidature alle amministrative 2011: si vota a Milano e Torino.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.