Lega dentro le mura

Cristina Giudici

Chi sale e chi scende. Chi sta al centro della scena e chi viene messo, magari solo per un po', nell'angolo. E' da questa prospettiva che bisogna guardare alla fervente attività estiva del Capo. Dopo l'amara Pontida di maggio, in cui si respirava la tensione della resa dei conti, con le guerre intestine e la frattura fra Lega di lotta e Lega di governo, Umberto Bossi ha girato come non faceva da tempo la sua Padania, fra sagre, comizi e comparsate.

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    Chi sale e chi scende. Chi sta al centro della scena e chi viene messo, magari solo per un po', nell'angolo. E' da questa prospettiva che bisogna guardare alla fervente attività estiva del Capo. Dopo l'amara Pontida di maggio, in cui si respirava la tensione della resa dei conti, con le guerre intestine e la frattura fra Lega di lotta e Lega di governo, Umberto Bossi ha girato come non faceva da tempo la sua Padania, fra sagre, comizi e comparsate. Serrare le file, rincuorare i luogotenenti fedeli, ammonire (o bacchettare, ma in camera caritatis) chi aveva deviato. E un po' deve esserci riuscito,  se due giorni fa alla Berghem Fest – che per i leghisti equivale a un pellegrinaggio a Loreto – davanti alla triplice alleanza di Roberto Calderoli, Roberto Maroni e Giulio Tremonti saliti sul palco a parlare di riforme, si respirava un clima completamente diverso. Una specie di Pontida ragionata, vista la grande affluenza di militanti, e l'entusiasmo da stadio che però, stavolta, ha tralasciato di urlare gli slogan più dirompenti (chi scrive ha sentito una sola persona invocare la secessione, e non ha avuto eco).

    Cosa ha fatto Bossi per riappacificare base e dirigenza
    , territorio e palazzi romani? “Bastone e carota”, dicono in via Bellerio; ma forse più carota, visto che il Capo ha passato intere serate a fare l'indiano che poggia l'orecchio al suolo per sentire l'eco lontana del galoppo dei suoi cavalli, come farebbe appunto un capotribù. Ma anche il bastone, visto che certi equilibri interni si sono invertiti. Infatti, dopo il boomerang della vicenda Brancher, la compagine di governo formata da Calderoli-Maroni, all'interno di un asse ora più robusto con Tremonti, ha ripreso le redini. Più libera, si intuisce da molti dettagli,  dai condizionamenti e dagli umori di Emanuela Bossi, il figlio Renzo, Marco Reguzzoni e Rosi Mauro: il motore del “partito a gestione familiare”, come veniva additato dagli avversari interni. “Ma magari Rosi Mauro è sottotraccia solo perché è andata in vacanza”, dicono beffardi alcuni dirigenti bergamaschi.

    E' alla luce di ciò che è accaduto in questi mesi, e anche del lavoro per lenire i cattivi umori della base, che bisogna guardare la fotografia dei colonnelli leghisti a Villa Campari, dove Bossi e Berlusconi hanno trovato una temporanea “quadra” per non andare alle urne. E dove al posto del capogruppo di Montecitorio Marco Reguzzoni, c'era Roberto Cota, dunque lì non solo come governatore del Piemonte ma appunto anche come rappresentante dei parlamentari, visto che il capogruppo al Senato, Federico Bricolo, invece era presente. Secondo il presidente della provincia di Bergamo, Ettore Pirovano, uno dei pionieri della Lega bergamasca, “non c'è mai stato un vero scollamento fra base e dirigenza”, come insinuato dai perlustratori del territorio leghista. “Bossi è venuto a Bergamo per quattro volte di fila”, fa notare al Foglio, “perché a Bergamo vengono tutti molto volentieri”. Che tradotto vuol dire: “Il potere della Lega è qui, e qui si doveva tornare”. Non proprio una Canossa, a giudicare dalle ovazioni tributate due giorni fa al ministro dell'Interno. Applausi anche a Calderoli (un po' meno, visto che il federalismo è ancora in costruzione) mentre si proponeva ai militanti in veste di pontiere fra Fini e Berlusconi. E soprattutto l'accoglienza riservata a Tremonti, in passato più restio ad esporsi all'abbraccio della base.

    Il segno chiaro che il messaggio alla base “per il momento si continua con la Lega di governo” è giunto a destinazione. Dopo che Bossi aveva alzato il tiro, più del solito, per chiedere elezioni e cercare di mettere Berlusconi all'angolo. Intanto però è probabile che Bossi, nel vertice con Berlusconi, abbia portato a casa più di quanto si sia detto. Non solo l'esclusione di Casini – ma lo scambio sul quoziente familiare potrebbe servire comunque per avere un aiuto esterno dall'Udc sul federalismo. Bossi infatti ha un progetto, che potrebbe trovare presto il via libera di Berlusconi: il trasferimento al nord di parte delle funzioni del ministero del Tesoro, dei ministeri di Bossi e di Calderoli e anche della finanziaria Simest, di cui il governo possiede la maggioranza, che sostiene le aziende italiane all'estero. Nel frattempo i militanti sembrano aver ritrovato fiducia nel Sole delle Alpi. Anche se qualcuno, e non sottovoce, pone un interrogativo: quanto durerà la tregua?

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