La guerra dei cent'anni

Caro figlio mio, leggi Plutarco e diffida di Boncinelli: sii felice e muori vivo

Marina Valensise

Caro figlio mio, hai già quindici anni e il professor Boncinelli adesso ti avverte che ne vivrai ancora un centinaio. Dove ti giri ti volti, troverai intorno a te tanti scientisti festosi per l'allungamento della vita media, tanti moralisti entusiasti di celebrare la terza e quarta età, tantissimi nonni e bisnonni attempati ancora vogliosi di innamorarsi e procreare, come se il tempo non passasse e la natura obbedisse ai desideri del cuore.

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    E' uscito “Lettera a un bambino che vivrà cent'anni. Come la scienza ci renderà (quasi) immortali”, ultimo libro del genetista Eduardo Boncinelli. Se don Verzé promette in futuro “centoventi anni per tutti”, Boncinelli è convinto che quella prospettiva non sia irreale. Ma (ammesso e non concesso) è anche desiderabile? Pubblichiamo a rotazione, per tutto il giorno, sei interventi sul tema di mamme (o quasi) foglianti.

    Caro figlio mio, hai già quindici anni e il professor Boncinelli adesso ti avverte che ne vivrai ancora un centinaio. Dove ti giri ti volti, troverai intorno a te tanti scientisti festosi per l'allungamento della vita media, tanti moralisti entusiasti di celebrare la terza e quarta età, tantissimi nonni e bisnonni attempati ancora vogliosi di innamorarsi e procreare, come se il tempo non passasse e la natura obbedisse ai desideri del cuore. Caro figlio mio, non rimbecillire. Hai già quindici anni, ma a differenza dei tuoi coetanei non ti sei mai fatto soverchie illusioni. Sin dalla più tenera età, infatti, ti abbiamo educato a diventare grande, che non vuol dire vecchio, ma maturo, saggio, responsabile e quindi consapevole della tua finitezza, dei limiti che la natura ci impone e che la scienza e la cultura da due-tre secoli si industriano a neutralizzare. Perciò, figlio mio, attento alle lusinghe della medicina, diffida delle promesse della scienza.


    Vivi la tua vita come se dovesse finire in un lampo, godi ogni giorno come se fosse l'ultimo. Leggi Plutarco, imita gli antichi che tuo padre e io abbiamo cercato di coltivare come esempi, cuori generosi pronti a sacrificarsi per un ideale più immortale delle loro ossa, animi temprati dal dolore e pronti a rischiare la vita pur di difendere le loro idee. Dimentica i tuoi amichetti, quindicenni indolenti, riluttanti alla vita, che fumano spinelli per sentirsi forti, ma non sanno rinunciare al biberon. Diffida dei loro fratelli maggiori che a trent'anni si dichiarano adolescenti e dei loro genitori sessantenni che ogni giorno, pensando di approfittare dei tre mesi in più di durata della vita media, smettono di vivere e si consegnano nelle mani di fisiatri, biologi, psicoterapeuti. Esci di casa, corri, segui la tua strada e ricorda sempre ciò che ti abbiamo spiegato: non c'è vita migliore di quella tenuta in disprezzo, non c'è gusto più pieno dell'esistenza di quello legato al senso della sua precarietà. Meglio una vita breve, ma intensa e consapevole della sua fragilità, che una vita lunga e fiacca, destinata al naufragio della vecchiaia, in un'attonita degenza in balìa di farmaci e maestri di fitness. Sii felice e muori vivo.

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