Girotondo tra mamme (o quasi) foglianti/ 1

La guerra dei cent'anni

Valentina Fizzotti

E' uscito “Lettera a un bambino che vivrà cent'anni. Come la scienza ci renderà (quasi) immortali”, ultimo libro del genetista Eduardo Boncinelli. Se don Verzé promette in futuro “centoventi anni per tutti”, Boncinelli è convinto che quella prospettiva non sia irreale. Ma (ammesso e non concesso) è anche desiderabile? Pubblichiamo a rotazione, per tutto il giorno, sei interventi sul tema di mamme (o quasi) foglianti. Comincia Valentina Fizzotti.

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    E' uscito, per Rizzoli, l'ultimo libro del genetista Edoardo Boncinelli, docente di Fondamenti biologici della conoscenza all'Università Vita-Salute San Raffaele di don Luigi Verzé. Si intitola: “Lettera a un bambino che vivrà cent'anni. Come la scienza ci renderà (quasi) immortali”, e riprende, ampliandoli, i temi di “Verso l'immortalità” (con G. Sciarretta, Raffaello Cortina, 2005). La tesi è che si possa intervenire in modo radicale – per contrastarli – sui meccanismi dell'invecchiamento, al fine di conquistare un supplemento consistente di tempo vitale, verso la (quasi) immortalità. Se don Verzé promette in futuro “centoventi anni per tutti”, in accordo con il professor Umberto Veronesi, Boncinelli è convinto che quella prospettiva non sia irreale. Ma (ammesso e non concesso) è anche desiderabile?

    Qui chi di anni non ne ha ancora trenta coltiva la serena convinzione di toccare lei stessa quota cento, al massimo rassegnata all'idea di qualche piccolo inciampo di certa risoluzione. Strattonata fra l'abitudine a rimandare sempre e la saggia messa in allerta sul tempo che scorre, la femmina quasi trentenne vorrebbe che la sua progenie fosse eterna, altro che centenaria. Confida sfacciatamente nel fatto che i suoi figli riescano a cambiare il mondo, a sconfiggere le malattie, a popolare il pianeta di buoni propositi riproducendosi in allegria, a ristabilire la differenza fra maschi e femmine, a risolvere l'ipotesi di Riemann, a conciliare biscotti nel forno e carriera sfavillante.
    Si aspetta per loro (e un po' anche per se stessa) una vecchiaia come quella del film “Cocoon”, in cui arzilli vecchietti si preparavano a vivere per sempre felici e innamorati fra surf e jogging.

    A quasi trent'anni non si pensa al costo del welfare, all'incubo dei non-morti e alle mutazioni genetiche. Si è convinti che i cent'anni i propri figli li supereranno così, per fortuna, e per sana e robusta costituzione. E invece forse, per farlo, dovranno ingurgitare bibitoni sperando di abbeverarsi alla fonte della giovinezza, imbottirsi di pillole che prevengono mali ancora nemmeno sospettati, farsi mappare il Dna per poter partecipare alla roulette delle probabilità. Dovranno selezionarsi geneticamente fra loro, sprecare la maggior parte delle loro ore fra attrezzi da fitness e interventi di restauro estetico (e di tempo per i biscotti ne resterà molto poco). Dove ora c'è un comodino coperto di libri e barattoli di crema, i figli wannabe ultracentenari dovranno posizionare una diabolica macchina che rigeneri le loro cellule nottetempo. E la loro famiglia longeva e plastificata più che ai Bradford forse assomiglierà ai Forrester di “Beautiful”, in cui le generazioni si accumulano con fascino immutato nelle stesse stanze da mezzo secolo (e si mischiano fra loro incuranti delle imbarazzanti differenze di età, tanto il chirurgo è lo stesso per tutti). Speriamo che si fermino, con qualche ruga, al corso di pilates per la quarta età.

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