Sakineh, qualcosa non va

Giulio Meotti

Se le piazze e i giornali europei si sono riempiti per Sakineh, “l'adultera” iraniana condannata a morte tramite lapidazione, significa che è rimasta un po' di moral clarity anche dalle nostre parti. Questo giornale ne ha scritto per primo e a lungo, raccontando l'escalation di lapidazioni iraniane e ritraendo l'avvocato di Sakineh. Non si era mai visto, poi, che uno stato desse della “prostituta” alla moglie di un presidente straniero.

    Se le piazze e i giornali europei si sono riempiti per Sakineh, “l'adultera” iraniana condannata a morte tramite lapidazione, significa che è rimasta un po' di moral clarity anche dalle nostre parti. Questo giornale ne ha scritto per primo e a lungo, raccontando l'escalation di lapidazioni iraniane e ritraendo l'avvocato di Sakineh. Non si era mai visto, poi, che uno stato desse della “prostituta” alla moglie di un presidente straniero. Dopo la “fatwa sessuale” contro Carla Bruni si è mossa anche tanta gente di sinistra, intellettuali à la page, umanisti blasonati, scrittori d'establishment e Repubblica. Ma c'è anche una grande ipocrisia in questa vicenda.

    E' il silenzio sulle dozzine di Sakineh precedenti a questo tragico caso, uomini e donne, sempre giovanissimi, condannati a morte dal regime iraniano perché chiedevano democrazia e diritti. Il problema è che il punto di vista umanitario, quando assolutizzato e sposato a un facilismo salottiero, diventa angelicismo. Sono le chattering classes, i ceti colti urbani, che si sono scelti una vittima innocentissima, la più innocente, velata dal chador e “colpevole” di un crimine morale, ideale in un moto d'indignazione retorico e libertino bon à tout faire. Così, gli stessi giornali, intellò e gente dello spettacolo che oggi manifestano animosamente e giustamente per Sakineh, nulla hanno detto sui giornalisti antiregime, sugli attivisti dei diritti umani, sui desaparecidos e sui dissidenti spediti alla forca.

    Perché filoamericani, perché “sionisti”, perché nemici di una dittatura genocida, antisemita e totalitaria che si poggia su due gambe, la democrazia plebiscitaria di massa e la teocrazia governata dalla sharia. Le anime belle del cinema e delle lettere nulla hanno obiettato quando gli ayatollah hanno regalato in olocausto al nostro tempo greggi di bambini innocenti, quando i cristiani sono stati messi a morte, o quando blogger libertari e religiosi in odore di modernità (noti ai nostri lettori) vengono appesi a testa in giù. Sakineh è in pericolo perché l'Iran è stato legittimato nelle sedi internazionali, perché ha costruito un bel nido caldo alle Nazioni Unite. Sei mesi fa denunciammo l'ingresso di Teheran nella Commissione Onu sulle donne. Chi altri lo fece? Di tutti i dissidenti uccisi a malapena si è avuta notizia sulla stampa in delirio per Sakineh.

    Mai un racconto dei processi-purga. Per non parlare della connivenza, intellettuale e politica, con un'ideologia medievale che mobilita le masse islamiche all'odio, che insegna ai suoi figli a glorificare i kamikaze, che si esalta nel votarsi al disastro, che minaccia la sicurezza e si fa violatore senza remore di diritti umani. Chi ha obiettato alcunché quando Saeed Mortasavi, il pubblico ministero di Teheran che ha chiuso giornali, perseguitato scrittori e torturato intellettuali, è entrato nel Consiglio dei diritti umani dell'Onu? E quando Ahmadinejad ha portato al ministero della Cultura il filosofo Ali Ramin, che considera gli ebrei responsabili del tifo? C'è il sospetto che tanta gente di establishment, intellettuali scriventi e parlanti nel sistema dei media e dello showbusiness, abbia scelto Sakineh come icona per abbellirsi la coscienza. Lottare per la vita di questa ragazza, causa nobile e giusta, equivale pure a esercitare la più facile delle retoriche. La prossima volta che Teheran minaccerà di incenerire Israele sarà più semplice voltarsi altrove.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.