Alla Davos russa, tutti aspettano il grande show di Putin

Luigi De Biase

Hanno navigato per tre giorni lungo le rive del lago Ladoga, poco lontano dal confine russo con la Finlandia. Sono gli ottanta esperti del Club Valdai, il forum internazionale organizzato ogni anno dal Cremlino. A bordo del vascello – che si chiama Kronstadt, come l'isola colonizzata da un avo del poeta Pushkin – si parla del futuro della Russia, della riforma economica intrapresa dal presidente, Dmitri Medvedev, e dei suoi rapporti con il primo ministro, Vladimir Putin, uno dei tempi più popolari fra gli osservatori stranieri.

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    Hanno navigato per tre giorni lungo le rive del lago Ladoga, poco lontano dal confine russo con la Finlandia. Sono gli ottanta esperti del Club Valdai, il forum internazionale organizzato ogni anno dal Cremlino. A bordo del vascello – che si chiama Kronstadt, come l'isola colonizzata da un avo del poeta Pushkin – si parla del futuro della Russia, della riforma economica intrapresa dal presidente, Dmitri Medvedev, e dei suoi rapporti con il primo ministro, Vladimir Putin, uno dei tempi più popolari fra gli osservatori stranieri. L'agenda del forum non ha il ritmo di una vacanza: colazione “molto calorica” alle sette del mattino, dice al Foglio uno degli ospiti, tre dibattiti giornalieri “con una ventina di interventi” e cena a base di  prodotti tipici. “La sera c'è anche una parte ludica con la musica dal vivo, ma la maggior parte della gente è troppo stanca e preferisce andare a dormire”. Le sorprese abbondano e non sono sempre buone. Ieri, il capitano della Kronstadt ha annullato la visita all'isola di Valaam per una tempesta improvvisa e ha invertito la rotta. La nave arriva oggi a Pietroburgo, il centro scelto per la seconda parte del forum: gli ottanta del club incontreranno il patriarca Cirillo, il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, e il premier Putin.

    Il Valdai è una sorta di Davos russa e si tiene ogni anno in una città diversa. Da Grozny, in Cecenia, a Yakutsk, nella parte orientale del paese, passando per l'esotica provincia del Tatarstan. Sulla Kronsttadt ci sono alcuni degli analisti più quotati dell'occidente, come Clifford Kupchan, Stephen Sestanovich del Council on foreign relations e Richard Pipes. L'elenco degli invitati comprende anche due italiani, Bruno Sergi dell'Università di Messina e Orietta Moscatelli dell'agenzia di stampa Apcom. Questa volta, il tema più discusso è la modernizzazione, il progetto di Medvedev per interrompere la dipendenza della Russia dalle risorse naturali e rinnovare i settori chiave dell'economia. “Al contrario di quanto si pensi, il Valdai esprime molte opinioni critiche nei confronti del governo – spiega al Foglio Moscatelli – I commentatori russi sono decisamente scettici, ritengono che sinora sia stato fatto troppo poco. Quelli stranieri sono più benevoli, riconoscono che qualcosa è cambiato e sanno che ci vorrà molto tempo per portare a termine il piano del Cremlino. E' già possibile notare i segni di una nuova coscienza sociale nell'amministrazione pubblica e questo è un fatto che non deve essere ignorato”.

    Il forum ha coinciso spesso con eventi tragici per la Russia. L'edizione del 2004 è stata segnata dalla strage di Beslan, quella del 2008 dalla guerra in Ossezia del sud e dall'invasione della Georgia. Putin è da sempre un grande protagonista dell'appuntamento. Lo scorso anno, nei giorni del Valdai, ha parlato per la prima volta della sua possibile candidatura alle presidenziali del 2012. Il premier ha abituato gli ospiti del club a discussioni di cinque ore “nel corse delle quali affronta qualsiasi tema, senza pregiudizi – spiega al Foglio un esperto che si trova sulla nave Kronstadt – Non chiede di avere in anticipo la lista delle domande, è pronto alla contraerea dei giornalisti, parla con grande passione del proprio paese. In questo senso, non si può certo dire che non risponda alle aspettative degli interlocutori”. L'approccio di Medvedev è più sobrio e la differenza marca il confine fra i due leader russi: il presidente è cresciuto in una famiglia benestante e ha visto cadere il comunismo dai banchi dell'Università di Pietroburgo; il premier è stato per anni un agente del Kgb ed è arrivato al Cremlino dopo aver sconfitto i ribelli ceceni. “Ora tutti si chiedono se la loro convivenza durerà a lungo – dice Moscatelli – La verità è che nessuno l'ha capito, neanche a Mosca”.

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