Il corpo del generale

Uno spione russo riaffiora morto su una spiaggia turca

Luigi De Biase

L'ultima volta lo hanno visto camminare a Tartus, una città di soldati sulle coste della Siria. Quella era la fine di luglio. Dieci giorni dopo, il corpo di Yuri Ivanov, un generale dei Servizi russi, è spuntato sulla di spiaggia di Cevlik, in Turchia. Per il Cremlino si tratta di un incidente accaduto durante una vacanza, ma la versione convince pochi analisti.

    L'ultima volta lo hanno visto camminare a Tartus, una città di soldati sulle coste della Siria. Quella era la fine di luglio. Dieci giorni dopo, il corpo di Yuri Ivanov, un generale dei Servizi russi, è spuntato sulla di spiaggia di Cevlik, in Turchia. Per il Cremlino si tratta di un incidente accaduto durante una vacanza, ma la versione convince pochi analisti. Ivanov, 52 anni, era il numero due del Gru, l'agenzia di intelligence che si occupa delle questioni militari nelle terre straniere. E' un corpo potente – ha più uomini dell'Fsb, l'organismo che ha preso il posto del Kgb – e controlla un piccolo esercito di 25 mila Spetsnaz, le forze più addestrate dell'esercito. Ivanov non era a Tartus per un viaggio di piacere, ma seguiva la costruzione di un porto che sarà usato dalla flotta russa. I lavori sono cominciati l'anno scorso: ufficialmente, la base servirà a dirigere meglio le operazioni contro i pirati nel Golfo di Aden, ma l'accordo militare fra Mosca e Damasco ha sollevato proteste sia a Washington, sia a Gerusalemme. Dopotutto, il presidente siriano, Bashar al Assad, è legato al regime dell'Iran. La stampa turca ha pubblicato le prime notizie sul cadavere di Cevlik il 7 agosto.

    Una settimana più tardi, un portavoce del governo ha dichiarato che il corpo apparteneva a un diplomatico russo, Yuri Ivanov, riconosciuto grazie a una “croce d'oro” che portava intorno al collo. Quando il Cremlino ha svelato la vera identità dell'uomo, qualcuno, ad Ankara, ha mostrato imbarazzo. Perché quelli come Ivanov, scrive il sito internet Svobodnaya Pressa, non muoiono per caso: se sei il numero due dell'intelligence militare hai sempre qualcuno che ti guarda le spalle e risolve i problemi al posto tuo. E' così che funziona. Quando accade il contrario, significa che c'è qualcosa di marcio. Ivanov non è il primo generale del Gru che muore in circostanze misteriose. Una fine simile capitò anche a Yuri Gusev, stesso grado e stesso incarico di Ivanov, morto in un incidente stradale nel 1992. Un'inchiesta pubblica stabilì che Gusev non morì per caso, ma fu ucciso. Oggi, alcuni quotidiani russi discutono il necrologio scarno pubblicato nel fine settimana dal giornale Kraznaya Zvezda e mettono in dubbio la versione delle autorità. E' difficile che Ivanov sia annegato durante una vacanza al mare, non è possibile che il corpo del generale sia finito casualmente su una spiaggia turca, è davvero strano che i funzionari dell'ambasciata russa abbiano impiegato un mese ad ammettere la sua identità. Forse la sua morte è legata alle grandi manovre della marina russa in Siria: i lavori al porto di Tartus sono un problema per molti, a partire dai servizi segreti israeliani.

    L'altra pista porta ai villaggi del Caucaso. Nel 2000, Ivanov ricevette dal Cremlino un incarico importante: doveva dare la caccia ai combattenti islamici arrivati dall'Arabia Saudita, ai ribelli ceceni fuggiti all'estero, ai loro leader rimasti a combattere contro l'esercito russo fra le montagne. Gli uomini del generale portarono a termine numerose operazioni antiterrorismo, soprattutto all'estero. Come l'uccisione di Zelimkhan Yandarbiyev, un comandante ceceno coinvolto negli attacchi più sanguinosi dell'epoca, come il grande attentato al teatro di Mosca del 2002. Yandarbiyev era una figura di riferimento per la guerriglia: teneva i contatti con gli ufficiali di al Qaida, predicava la lotta contro la Russia, era considerato una specie di poeta del jihad. Saltò in aria con il figlio Daud e due guardie del corpo mentre attraversava una strada trafficata di Doha. Secondo gli investigatori, qualcuno aveva nascosto una potente carica di esplosivo nel bagagliaio del suo Suv. La polizia arrestò due cittadini russi accusati di essere agenti del Gru. Durante il processo, i giudici conclusero che gli assassini avevano eseguito “ordini diretti” dei loro vertici militari. Li condannaro all'ergastolo, ma il governo del Qatar concesse loro l'estradizione, probabilmente per paura di una crisi diplomatica con il Cremlino. I due agenti segreti arrivarono a Mosca una mattina di gennaio del 2005. Poche ore più tardi erano spariti nel nulla.