Il Barney migliore

Mariarosa Mancuso

Il migliore dei Barney possibili. Un sublime Paul Giamatti e un prezioso lavoro di sceneggiatura (da studiare nelle scuole, oltre che da godere sullo schermo) rendono “La versione di Barney” di Richard J. Lewis un film all'altezza dei nostri più sfacciati sogni panofskiani. Non era facile: anche un genio come Hicthcock rifiutava di adattare i grandi libri.

    Il migliore dei Barney possibili. Un sublime Paul Giamatti e un prezioso lavoro di sceneggiatura (da studiare nelle scuole, oltre che da godere sullo schermo) rendono “La versione di Barney” di Richard J. Lewis un film all'altezza dei nostri più sfacciati sogni panofskiani. Non era facile: anche un genio come Hicthcock rifiutava di adattare i grandi libri, per rispetto allo scrittore e alle fantasie dei lettori, trafficando più volentieri con i gialletti da stazione. Il romanzo di Mordecai Richler è raccontato da un Barney in preda all'Alzheimer, furioso perché “Ho 68 anni, e non riesco proprio a capire come me li sono beccati”. La voce narrante fuori campo ammazza qualunque film, bisognava trovare una soluzione. Il primo matrimonio con la pazza artista assai promiscua, il secondo con la ricca ebrea che ha studiato il kamasutra ma prima di infilare la testa sotto le coperte esige il lavaggio con il sapone, il terzo sposalizio con l'amatissima Miriam sono messi in scena mentre accadono. La malattia che fa scordare i nomi dei sette nani e quello dell'arnese per versare la minestra viene descritta con i tocchi necessari (e un trucco da vecchio che neanche sembra tale, complimenti). L'assedio a Miriam fa morire di invidia ogni ragazza (dove l'avete mai trovato uno che al primo appuntamento si segna su un foglietto gli argomenti di conversazione, in cima “Herzog” di Saul Bellow?), la loro vita coniugale un allegro paradiso in terra.


    Altra meraviglia. Chi ha letto Mordecai Richler ritrova nel film tutto quel che ci deve essere, smontato e magnificamente ricostruito. Chi non lo ha letto (con le scuse più varie, da “non leggo mai i libri di cui tutti parlano”, “non leggo libri che piacciono a quelli del Foglio”) scopre nei primi cinque minuti del film un personaggio irresistibile, ed esce dal cinema con le lacrime. Chi ha fatto solo finta di leggere Richler alla fine della proiezione chiede “ma Barney non era uno politicamente scorretto?”. Chi obietta sempre e comunque dirà che non ha trovato nel film la sua battuta preferita. Senza capire che in due ore non ci stavano, mica Barney è uno stand up comedian che spara battute cercando l'applauso. E' un signore intelligente che conversa come non usa più, da quando i cattivi al cinema possono essere solo bianchi, sennò le minoranze fanno causa. Papà Barney – come regalo di matrimonio gira al figlio la sua prima pistola da poliziotto (carta da regalo con la stella di David) – ha la faccia e i tempi perfetti di Dustin Hoffman. Paul Giamatti merita l'Oscar a prescindere dai concorrenti. Minnie Driver e Rosamund Pike sono un incanto. Leone d'oro subito. O almeno Coppa Volpi.