Oggi a Venezia

“Quando io, Dustin e Paul abbiamo pianto fuori dal bar di Richler”

Marianna Rizzini

Ha pianto, ha riso, si è ritrovato a discutere con Dustin Hoffman dell'opportunità di far indossare a un attore la kippah in una scena al cimitero ebraico, in presenza di dialoghi sconvenienti (se uno dice, sulla tomba della moglie, che vuole andare a letto con una donna, deve mettere o no la kippah? La domanda è stata girata a vari rabbini, i quali alla fine hanno risposto, perplessi: mah). Robert Lantos, oltre a essere il produttore canadese della “Versione di Barney”, è stato un osservatore attivo e divertito sul set.

    Ha pianto, ha riso, si è ritrovato a discutere con Dustin Hoffman dell'opportunità di far indossare a un attore la kippah in una scena al cimitero ebraico, in presenza di dialoghi sconvenienti (se uno dice, sulla tomba della moglie, che vuole andare a letto con una donna, deve mettere o no la kippah? La domanda è stata girata a vari rabbini, i quali alla fine hanno risposto, perplessi: mah). Robert Lantos, oltre a essere, con la Serendipity Film, il produttore canadese della “Versione di Barney”, film tratto dall'omonimo libro di Mordecai Richler, è stato un osservatore attivo e divertito sul set di Barney e un innamorato della “Versione” al punto da dire, alla prima lettura del romanzo: “Non permetterò a nessun altro che non sia io di fare un film da questo libro”.

    Ora che il film, coprodotto dalla Fandango di Domenico Procacci e distribuito in Italia da Medusa, arriva in concorso al festival di Venezia (è stato proiettato oggi), Lantos racconta il suo incontro con la “Versione”, un incontro che, dice, “ha avuto un grandissimo impatto” sulla sua vita. Lantos cominciò a leggere le più note opere di Richler tra i testi obbligatori del liceo. Mentre studiava  produzione all'università vide una versione cinematografica dell'“Apprendistato di Duddy Kravitz” e pensò: “Allora è possibile fare un buon film in Canada”, motivo per cui si sentì rinfrancato nel muovere i primi passi nella professione. Si ritrovò poi a collaborare con Richler sul set di un film tratto dal richleriano “Joshua then and now”. Divennero amici. Un bel giorno Lantos ricevette le bozze della “Versione di Barney” non ancora pubblicata: “Non credo Richler me l'abbia fatta leggere per invogliarmi a farne un film. Credo fosse, piuttosto, perché si era divertito nel libro ad affibbiare a Barney la professione di produttore scontento di serie televisive scadenti – e il caso voleva che io, oltre a essere produttore cinematografico, fossi ai vertici di un grande network dove si mandavano in onda molti programmi di cui non sempre ero entusiasta, e dai quali Richler evidentemente era stato negativamente colpito”.

    Fatto sta che Lantos lesse il libro e se ne invaghì perdutamente, pur sapendo che  si sarebbe scontrato con la struttura complessa dell'opera: “Un uomo che racconta la storia della sua vita prima di dimenticarsela, visto l'avanzare dell'Alzheimer; una narrazione in cui qui e là interviene con note esplicative il figlio: molto letterario, e molto stimolante trasformarlo in  film”. Richler in persona cominciò a lavorare a una versione per lo schermo. Poi si ammalò e morì, non prima di aver dato un inconsapevole “permesso” a Lantos di girare a Roma e non a Parigi le scene riguardanti il primo matrimonio di Barney: “Un giorno Richler e io prendemmo in esame la possibilità di fare l'ennesimo film in cui un giovane americano bohémien si ritrova tra i caffè a Saint Germain: già visto, poco interessante. Allora Richler mi raccontò di quando lui e sua moglie fuggirono mano nella mano a Roma e ci rimasero un anno. Quindi Roma fa parte di Richler. E poi la città ha voluto bene al romanzo: ho pensato che ci avrebbe accolti bene. Senza contare che a Roma c'è Domenico Procacci, coproduttore perfetto e fan del libro quanto me”.

    Dopo la morte di Richler “rimasi solo”, dice Lantos, ripercorrendo con la mente l'odissea alla ricerca dello sceneggiatore giusto: “All'inizio cercavo un buon imitatore. Qualcuno che sapesse ridarmi la voce di Richler. Provai anche con due vincitori di Oscar, ma non ero mai soddisfatto. Lo stile e lo humour allo stesso tempo tagliente e pieno di pathos di Richler sono unici. Dopo quattordici stesure, ancora non avevo trovato la persona adatta. Poi un mio amico mi fece leggere un copione del giovane Michael Konyves. Ottimo lavoro, nulla a che vedere con Barney. Ma accettai di incontrarlo. Era animato dallo stesso amore che avevo io per il libro, ne ricordava brani con precisione filologica. Dissi: ti pagherò poco, ma prova. Il risultato fu una bellissima trasposizione della ‘Versione' in linguaggio cinematografico, senza espedienti para-letterari come la voce fuori campo. Pensai: finalmente abbiamo un film. Ci sono state altre stesure, ma alla fine Michael è riuscito a non perdere nulla dell'essenza del libro”.

    “Uno dei momenti più alti della mia carriera”, dice Lantos, “è stato assistere all'interazione tra due giganti: Dustin Hoffman, che interpreta il padre di Barney, e Paul Giamatti, che impersona Barney. Appena la macchina smetteva di inquadrare Dustin, Dustin diceva frasi fuori copione, solo per provocare una reazione di Paul e portarlo a un livello più alto. Commovente. E infatti ci siamo ritrovati tutti e tre a piangere dopo una scena girata a Montreal, e poi ci siamo messi a fumare un sigaro fuori dal vecchio bar dove andava Richler. Ci hanno anche fotografati: tutti e tre in fila, ancora un po' scossi”.

    Nella foto di Sabrina Lantos: Dustin Hoffman, Paul Giamatti e il produttore Robert Lantos sulle scale del Grumpy's bar durante la lavorazione del film a Montreal

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.