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Le fatiche di Casini per trattenere i suoi dalle nozze con il Cav.

Salvatore Merlo

Pier Ferdinando Casini è comprensibilmente preoccupato per l'ammutinamento dei maggiorenti siciliani che gli intimano di scegliere subito e dunque di appoggiare il governo guidato da Silvio Berlusconi. Ma il leader dell'Udc non vuole cedere, non intende legittimare “una deriva secondo la quale ognuno fa come gli pare”, ma neppure sembra potersi permettere un pericoloso strappo dai gran feudatari Calogero Mannino e Totò Cuffaro.

    Pier Ferdinando Casini è comprensibilmente preoccupato per l'ammutinamento dei maggiorenti siciliani che gli intimano di scegliere subito e dunque di appoggiare il governo guidato da Silvio Berlusconi. Ma il leader dell'Udc non vuole cedere, non intende legittimare “una deriva secondo la quale ognuno fa come gli pare”, ma neppure sembra potersi permettere un pericoloso strappo dai gran feudatari Calogero Mannino e Totò Cuffaro. Così, a chi ha avuto modo di sentirlo nelle ultime ore, il leader centrista ha confermato di voler aspettare almeno il discorso di Berlusconi del 28 settembre: chiede tempo e ricorda di non aver mai manifestato alcuna “aprioristica contrarietà” sui cinque punti che il Cav. intende presentare alle Camere. Una mediazione interna è possibile. Dice Rocco Buttiglione al Foglio: “Ci sarà occasione di dibattere e chiarire. E' previsto a breve un congresso, tutta la linea politica potrà essere messa in discussione. Nei partiti seri si fa così. Ma se gli amici siciliani temono un nostro sbandamento a sinistra, mi sento di poterli rassicurare da subito”.

    D'altra parte gli ammutinati, provenienti dalla regione che più di tutte ha votato l'Udc, non sembrano voler abbandonare la casa comune dello scudo crociato. Mannino, Cuffaro e gli altri maggiorenti per adesso non guidano una scissione ma chiedono di contare di più, vogliono evitare “l'abbraccio mortale” con Fini (che in Sicilia è alleato del nemico Raffaele Lombardo) e indirizzare l'Udc verso un rapporto di collaborazione con il centrodestra. Certo gli eventi potrebbero precipitare rapidamente. Per Casini – finora rimasto in surplace – la situazione si fa complicata specie se, come sembra, quella cuffariana è un'istanza tutto sommato gradita anche negli ambienti delle gerarchie ecclesiastiche che storicamente lo hanno sostenuto.

    Calogero Mannino e Totò Cuffaro vedono il leader dell'Udc come l'asino di Buridano che, accovacciato tra due mucchi di fieno, non si risolve a scegliere e per questo muore. Casini potrà restare ancora a lungo in equilibrio? La mossa dei siciliani lo ha messo di fronte a un bivio: qualora non si acconciasse a una mediazione potrebbe perdere parlamentari e voti cuffariani per investire tutto su un'ancora evanescente triangolazione terzopolista con Fini e un pezzo del Pd. Cosa che, peraltro, non piace troppo agli ambienti delle gerarchie cattoliche i quali non nascondono perplessità nei confronti del laicismo finiano e di una manovra che, nel suo complesso, non offre alcuna garanzia ai cattolici (non pochi nel Palazzo ricordano la famosa cena a casa di Bruno Vespa presenti il cardinal Bertone, Casini e Berlusconi). Dal punto di vista di Casini si tratta di un rischio, considerando che la strategia dell'ex leader di An appare tutt'altro che chiara. Ci si può fidare di Fini? La risposta nell'Udc sembra: “No”.

    Ma riportare i centristi nell'orbita gravitazionale del centrodestra non è un'operazione semplice nemmeno per Berlusconi. La pressione di Mannino e Cuffaro concorre al risultato, ma il premier non ha ancora del tutto superato i cavalli di Frisia frapposti da Umberto Bossi (che ha incontrato ieri sera) e da Giulio Tremonti. Ed è qui la debolezza di tutta l'operazione: se non dovesse cadere l'interdetto leghista, Casini avrebbe ancora una scusa per sfuggire alla tenaglia. L'incastro delle meccaniche politiche potrebbe, al netto della manovra avvolgente di Berlusconi, favorire, al contrario, la tattica dilatoria di Casini. Come dice Buttiglione: “In questo momento la nostra posizione è politicamente fortissima. Non abbiamo intenzione di andare a sinistra. Ma è a portata di mano la formazione di una terza posizione che sarà decisiva per il Senato, sarebbe sciocco abbandonare questa linea”. Nessun cedimento ufficiale, ma un po' già si negozia. Come sempre si tratta di un rapporto matematico tra costi e benefici.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.