Il compromesso scolastico

Maurizio Crippa

Maestro unico, riforma dei licei, riforma dei programmi, a breve il nuovo regolamento per la formazione e il reclutamento degli insegnanti – destinato a disinnescare la creazione di eserciti di precari da smaltire nei decenni futuri – riforma dell'Università approvata al Senato. Per essere “il peggiore inizio d'anno scolastico” della storia repubblicana, per essere “il più grande licenziamento di massa” della storia della scuola, come ha detto Pier Luigi Bersani.

    Maestro unico, riforma dei licei, riforma dei programmi, a breve il nuovo regolamento per la formazione e il reclutamento degli insegnanti – destinato a disinnescare la creazione di eserciti di precari da smaltire nei decenni futuri – riforma dell'Università approvata al Senato. Per essere “il peggiore inizio d'anno scolastico” della storia repubblicana, per essere “il più grande licenziamento di massa” della storia della scuola, come ha detto Pier Luigi Bersani e come strillano in piazza i precari con l'elmetto giallo, per essere il ministro dell'Istruzione più vilipeso degli ultimi decenni, Mariastella Gelmini in due anni di risultati ne ha ottenuti parecchi. Più della media dei suoi predecessori. Forse perché è un ministro politico e non tecnico, che non vanta competenze accademiche nel pianeta dell'istruzione come un Tullio De Mauro, che non è entrata a viale Trastevere accompagnata dallo staff dei pedagogisti di fiducia, come avevano fatto Luigi Berlinguer o Letizia Moratti, sognando la grande riforma sistemica. Pragmatica, ha cercato anche nel campo avverso e all'interno di quel mondo complesso e stratificato che è l'istruzione gli interlocutori adatti. Lasciando la propaganda agli “incendiari”, come li definisce, tipo la capogruppo pd in commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni, che ieri le ha chiesto di “portare la Bibbia in Consiglio dei ministri, visto che molti suoi colleghi non conoscono il significato della parola carità”. Non è con loro che il ministro Gelmini porta avanti un lavoro che appare più condiviso, alla fine, di quanto un Bersani in preallarme elettorale sia disposto ad ammettere. Gelmini viene dalla politica di partito, è sufficientemente smagata per saper badare al sodo, mediare tra il sindacato, il mondo cattolico, i super esperti di provenienza confindustriale che orbitano attorno al ministero, cercare sponde istituzionali. Una linea più di una volta apprezzata anche dal capo dello stato.

    “Non si possono dire soltanto dei ‘no', né bisogna farsi prendere dalla paura. Si può essere d'accordo su alcuni cambiamenti e non su altri”, ha detto qualche giorno fa Giorgio Napolitano dialogando con un gruppo di studenti, che contestavano idee e riforme del ministro. La stessa cosa aveva detto mesi fa, quando all'ordine del giorno erano le critiche veementi alla riforma dell'Università, ricordando a tutti l'“assoluta necessità di lavorare e di riformare, in un'ottica di lungo periodo e non sulla base di impostazioni contingenti, asfittiche, di corto respiro, cui corrispondano conflittualità deleterie”. In una fase critica per il governo, con molti propositi di riforme arenati proprio per la difficoltà nel cercare mediazioni e triangolazioni, il metodo Gelmini pare funzionare per una serie di motivi. Non ultimo il buon rapporto con il Quirinale. Il ministro dell'Istruzione, impegnata assieme al collega della Giustizia Angelino Alfano nella partita riformatrice più difficile della legislatura, ha sempre mantenuto un canale di comunicazione con il Colle. Nei limiti e nel rispetto delle prerogative, una certa moral suasion era stata esercitata, ad esempio, al momento del passaggio in Senato a fine luglio della riforma dell'Università, votata anche dai rutelliani, il cui percorso fu meno accidentato del previsto anche per l'appello di Napolitano “alla consapevolezza che non dovrebbe ormai mancare tra le forze politiche”.

    Se i rapporti con l'opposizione e il sindacato sono spesso pura schermaglia ideologica, nelle commissioni e ai tavoli tecnici il dialogo coi settori più riformisti invece funziona. Un po' perché, come ben sa chi si occupa del sistema dell'istruzione, sotto la patina dello scontro ideologico i contenuti sono grosso modo condivisi. Un po' perché, come ha detto Gelmini “sui grandi temi del riformismo, maggioranza e opposizione possono lavorare insieme”. Un altro aspetto positivo è il rapporto costruito con esponenti politici della sinistra riformista, che pure in certi casi l'hanno criticata. Come il napoletano Luigi Nicolais, già ministro dell'Innovazione con Prodi, come Alessandro Schiesaro, latinista già consulente di Fioroni e uomo chiave per la riforma dell'Università, o come Paolo Ferratini, docente bolognese e consulente di Prodi, che ha lavorato nella commissione nazionale per i nuovi programmi accanto a persone di tutt'altra estrazione come Giorgio Israel, Sergio Belardinelli, o la cattolica Elena Ugolini. E rapporti discreti anche con Fioroni, del quale non ha buttato a mare il lavoro, riutilizzando in toto i dati del “Libro bianco” sulla scuola, il miglior lascito del suo ministero.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"