Tele aria fritta
Un cda Rai durato molte ore, e una decisione-non decisione che giunge al termine di una giornata di polemica attorno alla fantomatica “circolare Masi” sulle (ipotetiche) nuove regole di comportamento per talk show e programmi (richiesta di “conformità alle schede di proposta coerenti con i palinsesti approvati” e applausi del pubblico da evitare per non sbilanciarsi verso un polo politico).
Un cda Rai durato molte ore, e una decisione-non decisione che giunge al termine di una giornata di polemica attorno alla fantomatica “circolare Masi” sulle (ipotetiche) nuove regole di comportamento per talk show e programmi (richiesta di “conformità alle schede di proposta coerenti con i palinsesti approvati” e applausi del pubblico da evitare per non sbilanciarsi verso un polo politico). E però a sera nessun nuovo regolamento usciva da Viale Mazzini, bensì un mandato (votato all'unanimità) al dg Mauro Masi affinché garantisca il rispetto della “normativa vigente su pluralismo, contraddittorio e completezza dell'informazione”. Che vuol dire?, si chiedevano gli astanti. “Si è capito che un regolamento sulla scia della circolare non avrebbe avuto l'unanimità e si è preferito dirottare su altro”, diceva una voce bene informata. “Delibera dell'ovvio”, commentava un alto esponente dell'opposizione (“era ovvio che tutti avrebbero votato sì, con quell'accenno al pluralismo”).
Qualcuno cercava di accreditare il presidente del cda Paolo Garimberti come “nume tutelare” dei conduttori: “E' lui che ha trovato il compromesso”). Ma c'era anche chi scherzava: “Applicando la delibera, Masi dovrebbe intanto chiedere a Minzolini di rivedere il suo tg”). “Aria fritta”, era la lettura di un dirigente: “Si è deciso di applicare quello che c'è già – codice etico e carta dei diritti”. Non scompariva del tutto dall'orizzonte l'ipotetica nuova direttiva sul pubblico che non deve applaudire né muovere il sopracciglio, pare ispirata a una norma d'indirizzo della commissione parlamentare di Vigilanza risalente al lontano 1980. Non scompariva del tutto, spiegavano nei corridoi Rai, “perché è sempre possibile che rientri sotto forma di norma attuativa di regole esistenti”. E pensare che il pubblico degli studi tv, pur “attivo” in qualche caso, è il più delle volte pascolante in quei luoghi per motivi diversi dal tifo politico: pura curiosità, noia e, nei molti casi in cui è retribuito (ma quello di “Ballarò” non lo è), semplicemente per arrotondare.
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