Ecco l'evonomics vincente
Evonomics, l'hanno ribattezzata. Ovvero, come ha spiegato il Fondo monetario internazionale a gennaio, "i direttori esecutivi si congratulano con le autorità boliviane per la loro solida gestione macroeconomica e per la loro efficace risposta politica all'esigenza di mitigare l'impatto della crisi globale. […] La crescita è stata una delle più alte dell'America Latina e l'inflazione è caduta significativamente”.
Evonomics, l'hanno ribattezzata. Ovvero, come ha spiegato il Fondo monetario internazionale a gennaio, "i direttori esecutivi si congratulano con le autorità boliviane per la loro solida gestione macroeconomica e per la loro efficace risposta politica all'esigenza di mitigare l'impatto della crisi globale. […] La crescita è stata una delle più alte dell'America Latina e l'inflazione è caduta significativamente”. Otto mesi sono passati da allora, ma il trend è continuato e si è intensificato: dal +3,4 per cento di crescita del Pil nel 2009, al 6,1 per cento attuale. Da quando Evo Morales è presidente, la Bolivia è cresciuta con una media del 5,2 per cento l'anno. In teoria, Morales sembra quasi battere in radicalismo i suoi alleati Hugo Chávez e Fidel Castro. Ma mentre sia la Cuba castrista che il Venezuela chavista si presentano come due macchie nere in pesante recessione in un continente in forte crescita, Morales si guadagna appunto gli elogi dell'Fmi.
La sua è stata infatti una gestione ortodossa che, come quella di Lula in Brasile, ha cercato di mantenere i conti in ordine, senza però trascurare la spesa sociale. Guardiamo, ad esempio, alla nazionalizzazione degli idrocarburi del 2006: si è poi visto che non serviva a cacciare le multinazionali, ma semplicemente ad aumentare gli utili dello stato nel settore, dal 20 all'80 per cento. Così le entrate pubbliche sono passate dai 58 dollari pro capite del 2004 ai 401 del 2008. Piuttosto che sperperare questi soldi come ha fatto Chávez, però, il governo di Morales li ha messi da parte: in questo modo, le riserve valutarie sono passate dal 41 per cento del Pil nel 2008 al 47 per cento di oggi. Sono 8,4 miliardi di dollari, che in rapporto alle dimensioni dell'economia boliviana rappresentano un livello “comparabile a quello cinese”: giudizio di Moody's! Ovviamente Morales non ha mancato di organizzare anche in Bolivia “missioni” alla venezuelana, per sostenersi il consenso. Ma con i soldi di Chávez e i medici cubani. I soldi suoi, invece, li ha investiti in infrastrutture, opere pubbliche e sussidi al consumo, per un ammontare pari al 6 per cento del Pil nel 2008, e al 10,1 nel 2009. Così, ha fatto crescere la domanda interna del 6 per cento all'anno, contro il 2-3 del periodo antecedente.
Altra scelta: il tasso di cambio fisso, ma riaggiustato in continuazione. Un sistema ibrido non troppo popolare, ma che ha creato fiducia nella moneta locale. Quando poi l'inflazione nel marzo del 2008 ha iniziato a crescere, ha tenuto duro nelle politiche di stimolo, confidando che fosse solo frutto di shock esterno. A differenza di quella del Venezuela chavista, che ha oltrepassato il 30 per cento, l'inflazione boliviana è rientrata a un 0,8 per cento, mentre il debito è calato dall'84 per cento del Pil nel 2003 al 37 per cento del 2010. Quanto ai risparmi depositati nelle banche, sono cresciuti dal 20 al 36 per cento.
Restano gravi problemi. Un 60 per cento di povertà, ad esempio. Una bassa produttività, con l'83 per cento dei lavoratori che produce appena il 25 per cento del Pil, e un 9 per cento che produce il 63 per cento. Un contrabbando che riguarda almeno 800 milioni dei 5 miliardi di dollari di import annuale. Il narcotraffico.
La creazione di due istituti creditizi di appoggio alla produzione, ha permesso comunque di espandere del 17 per cento la superfice coltivata a generi alimentari. E la grande speranza per il futuro è il litio del salar de Uyuni, dove stanno la metà delle riserve conosciute di questo elemento essenziale per le batterie di nuova generazione: l'equivalente del petrolio quando decolleranno le vetture elettriche. Anche qui, un dato interessante è che mentre il sodale Chávez si fa quasi un dovere ideologico di fare affari con Iran, Russia, Siria o Corea del Nord, Evo Morales a parole si intrattiene con lo stesso tipo di partner; ma l'affare epocale del litio lo sta invece mettendo nelle mani pragmatiche dei sud-coreani.
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