L'idea di una Margherita 2.0 e quella e-mail a Raffaele Bonanni

Ecco i piani scissionisti del gruppetto ribelle dei cattolici anti bersaniani

Claudio Cerasa

Si dice che nel vivacissimo gruppetto dei settantacinque ribelli del Partito democratico, inteso come quel gruppo di parlamentari che la scorsa settimana ha sottoscritto con entusiasmo il manifesto politico firmato da Walter Veltroni e da Beppe Fioroni, esistono delle nette pulsioni separatiste che presto o tardi costringeranno i democratici di Pier Luigi Bersani a confrontarsi con una parola che oggi tutti sussurrano ma che nessuno sembra voler pronunciare davvero ad alta voce: scissione.

    Si dice che nel vivacissimo gruppetto dei settantacinque ribelli del Partito democratico, inteso come quel gruppo di parlamentari che la scorsa settimana ha sottoscritto con entusiasmo il manifesto politico firmato da Walter Veltroni e da Beppe Fioroni, esistono delle nette pulsioni separatiste che presto o tardi costringeranno i democratici di Pier Luigi Bersani a confrontarsi con una parola che oggi tutti sussurrano ma che nessuno sembra voler pronunciare davvero ad alta voce: scissione. In questi giorni l'occhio smaliziato degli osservatori politici si è spesso concentrato sui piccoli movimenti della componente veltroniana del gruppo dei ribelli; ma studiando con attenzione la nuova geopolitica del maggior partito dell'opposizione si scopre in realtà che tra coloro a cui frulla nella testa l'idea di poter lentamente allontanarsi dal Pd di Bersani non ci sono i veltroniani ma ci sono proprio i popolari rimasti con Fioroni (popolari che tra l'altro ieri sera hanno scelto di certificare il proprio dissenso dai cattolici rimasti fedeli a Bersani non partecipando alla riunione convocata a Roma da Franco Marini e da Pierluigi Castagnetti).

    Ecco, ma che cosa bolle nel pentolone dei cattodemocratici ribelli? La risposta si trova in un progetto piuttosto ambizioso su cui stanno ragionando da tempo non soltanto Beppe Fioroni ma anche Paolo Gentiloni e Arturo Parisi. Un progetto che un alto dirigente del Pd sceglie di riassumerci con questa espressione: Margherita 2.0. “Il punto – racconta al Foglio il senatore del Pd, Lucio D'Ubaldo, che in questi giorni ha partecipato alla stesura della bozza dei 75 e che da qualche tempo è diventato fedele consigliere di Fioroni – è che noi popolari abbiamo firmato il documento perché eravamo stufi di sentirci degli ospiti non del tutto desiderati nel Pd di Bersani. Non c'è nulla di quanto fatto in questi primi mesi dall'attuale segretario in cui possiamo dire di esserci totalmente identificati, e a oggi, stando al tipo di partito che sembra essere nelle corde del segretario, io credo che l'evoluzione naturale di questo Pd sia la trasformazione in una Cosa nuova. In una sorta di vecchio Labour troppo schiacciato a sinistra. E noi, come credo sia evidente, non possiamo certo far parte di questa Cosa qui”.

    Alcuni segnali capaci di svelare le intenzioni tutt'altro che pacifiche dei cattodemocratici non allineati a Bersani sono rintracciabili in un gustoso giallo montato attorno alla stesura finale del documento dei 75. Il giallo riguarda un aggettivo che, in extremis, Fioroni ha chiesto di modificare all'autore materiale del testo, il senatore Giorgio Tonini. Nella versione finale del documento vi è infatti un passaggio, considerato il vero cuore del manifesto, in cui si dice che il movimento sarà fortemente contrario non solo “all'ipotesi neo frontista” (intesa come la tendenza del Pd a schiacciarsi sul suo lato sinistro) ma anche a ogni “ipotesi vetero-centrista” (intesa come una tendenza a delegare la raccolta del consenso centrista all'Udc di Casini). In una prima versione, la parola “centrista” era però preceduta da un aggettivo diverso: non vetero ma neo, neo centrista. Dettagli? Non proprio. “Il neo centrismo – ci dice un dirigente del Pd – potrebbe essere il nostro approdo del futuro. Se le cose non cambieranno i cattolici che hanno firmato il documento saranno destinati a creare qualcosa di diverso dal Pd, e nei fatti tenteranno di ricreare un movimento in cui accogliere quei vecchi democristiani che un domani non si sentiranno rappresentati nel Pdl”.

    L'impressione che nel gruppetto dei settantacinque sia proprio l'ala cattolica quella più intenzionata a strutturarsi autonomamente lo si nota anche da altri dettagli interessanti. Tra poche settimane, tra l'altro, è prevista anche la presentazione ufficiale di una rivista, una sorta di FareFuturo in versione popolare, che si chiamerà Italia Domani. Il direttore editoriale sarà Beppe Fioroni, il magazine verrà curato dal senatore D'Ubaldo e tra i responsabili dell'operazione c'è anche un nome che i vecchi democristiani italiani forse ricorderanno con affetto: Giuseppe Sangiorgi, ex portavoce e poi capo della segreteria di Ciriaco De Mita negli anni Ottanta e già direttore responsabile del quotidiano il Popolo. In tutto questo vi è poi anche un aspetto in un certo senso romantico che vive attorno alla vicenda legata alla possibile diaspora dei popolari.

    Perché bisognava esserci l'altro giorno in Transatlantico quando, per la prima volta, i cattodemocratici del Pd si sono ritrovati di fronte a una domanda a cui non avrebbero mai voluto rispondere: ehi, e tu con chi stai? Con Marini, e quindi con Bersani, sono rimaste alcune importanti personalità che hanno fatto la storia del cattolicesimo di sinistra italiano: Rosy Bindi, Enrico Letta, Dario Franceschini e Pierluigi Castagnetti. Ma i cattolici che hanno invece scelto di “tradire” Marini sono stati tanti e sono destinati a crescere. E a chi tra i popolari in questi giorni si è chiesto se si possa davvero rimanere senza Franco Marini è stato offerto un nome che aggiunge un altro capitolo importante al romanzo popolare: Raffaele Bonanni. Bonanni è l'attuale segretario della Cisl, è il successore di quel Savino Pezzotta a cui nel 2008, a ridosso del family day, lo stesso Fioroni propose di creare un nuovo movimento (non finì bene) e si dice che sarà anche il suo uno dei nomi sui quali punteranno un domani i popolari ribelli. Per ora si tratta soltanto di una semplice indiscrezione, certo, difficile però sia solo una coincidenza il fatto che martedì scorso uno dei primi a ricevere in anteprima da Fioroni l'ultima versione della bozza dei 75 sia stato quello che qualcuno oggi indica come il Marini del futuro. Lui: Raffaele Bonanni.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.