Ricomincia la serie americana anti Obama
L'attesa cresce. Il 2 novembre negli States si voterà per il rinnovo di parte del Congresso e del Senato. Soprattutto quella parte del Paese che aspetta con ansia una rivincita, dopo la debacle di McCain alle ultime presidenziali, si sta preparando alacremente all'appuntamento. I sondaggi sono favorevolissimi al Gop. L'unico rischio, dicono gli analisti, è quello delle aspettative troppo alte. Una vittoria “normale” correrebbe il rischio di trasformarsi in una mezza sconfitta.
L'attesa cresce. Il 2 novembre in America si voterà per il rinnovo di parte del Congresso e del Senato. Soprattutto quella parte del Paese che aspetta con ansia una rivincita, dopo la debacle di McCain alle ultime presidenziali, si sta preparando alacremente all'appuntamento. I sondaggi sono favorevolissimi al Gop. L'unico rischio, dicono gli analisti, è quello delle aspettative troppo alte. Una vittoria “normale” correrebbe il rischio di trasformarsi in una mezza sconfitta. Ma nei salotti di milioni di americani monta anche un altro tipo di attesa. In questo secondo caso il rischio di deludere in caso di fallimento, o anche di mezza vittoria, è un dato di fatto. Proprio oggi parte infatti la terza stagione di Fringe, la serie tv ideata da JJ Abrams dopo essersi stufato di Lost, la creatura che aveva sancito il successo del giovane regista.
Ma che ch'azzeccano i due eventi?, si chiederebbe qualche acuto osservatore nostrano. Da una parte i complessi ragionamenti politici sulle issues da rinnovare, sulle possibili maggioranze da ridisegnare, sui volti nuovi da lanciare. Dall'altra si dovrebbe essere preoccupati esclusivamente di curare la simpsoniana conchetta sul divano, munirsi di patatine e salsa al chili, e spegnere il cervello per l'ora e mezza utile a lasciar scorrere sullo schermo i due episodi programmati ogni settimana.
Fringe è un prodotto targato Fox. Ebbene sì, la rete ammiraglia dell'impero di Murdoch, il tycoon australiano che non più di un mese fa ha donato un milione di dollari all'Rga. L'associazione dei governatori repubblicani è l'organismo che sovrintende la campagna elettorale di tutti i candidati del Gop. Uno schiaffo a Obama, e una netta presa di posizione in vista del prossimo 2 novembre, dunque. E se la programmazione, nel mondo dell'informazione televisiva è tutto, far partire una delle serie di punta della rete un mese e mezzo prima della scadenza elettorale potrebbe non essere un semplice caso. Tanto più che, oltre ai richiami nella home del proprio sito, sono settimane che la rete sta pompando di contenuti e indiscrezioni il minisito dedicato alla serie ed ospitato tra le pagine web della Fox.
Ma davvero Fringe porta acqua al mulino degli anti-obamiani? Già il finale di Lost aveva fatto storcere il naso ai “cinici e ruffiani”, con il suo anelito verso l'assoluto. Fringe potrebbe essere un altro duro colpo per il pensiero debole coltivato dalle elites bene degli States, e il principio di una inedita battaglia culturale pop da parte della destra cinematografico-televisiva che finora ha viaggiato in sordina o è rimasta in silenzio di fronte agli imbarazzanti e controproducenti endorsement di personaggi alla stregua Chuck Norris. Sì perchè dal 23 settembre rinizieranno gli episodi di quello che è considerato un sapiente mix a cavallo tra Lost e X-Files (tutto il theme è un omaggio alla serie degli agenti Scully e Mulder). E portare avanti un messaggio politico mentre si discetta di universi paralleli, si analizzano corpi straziati, si provano a ricomporre vite spezzate, è un'operazione complessa. Ma l'attesa con cui viene circondata la programmazione della terza serie è testimone sufficiente che le cose fin'ora sono state fatte per bene, senza cadere in facili moralismi che avrebbero allontanato la lancetta dello share dalle cifre astronomiche alle quali si è avvicinato.
Senza contare che l'affascinante protagonista della serie, l'agente dell'Fbi Olivia Dunham, è impersonata da Anna Torv. Non sarà una leader in gonnella dei Tea Party, ma è pur sempre la nipote di Anna Maria Torv Murdoch Mann. Niente omonimie. La zia dell'eroina è stata per trentuno lunghi anni la moglie del tycoon australiano. Chi meglio di una di famiglia poteva ricevere in mano le chiavi della prima serata pre-elettorale di Fox Channel, ha sussurrato qualche maligno? Ma i riconoscibili marchi di fabbrica sono sapientemente diluiti con un abilissimo lavoro di cesellatura dei particolari. Gli sceneggiatori avvalorano sottilmente la teoria huntingtoniana dello scontro delle civiltà attraverso il conflagrare di due universi simili ma non sovrapponibili. È la stretta logica della fantascienza, bellezza, e il sincretismo obamiano, per quanto si sforzi a far andare tutti d'accordo, non ci può fare niente. Ma al netto delle teorie geostrategiche, è nei dettagli che Fringe rivela il proprio spirito conservatore: guarda divertita e difende le forze dell'ordine, promuove un utilizzo responsabile delle scoperte scientifiche. Ma soprattutto, tra dissezioni e inseguimenti, guarda alla famiglia come il cuore irrinunciabile, sia pur disomogeneo e disastrato, delle vicende dei propri personaggi. E scusate se è poco. Nell'universo parallelo di Fringe il World Trade Center è ancora in piedi. E il Segretario di Stato non assomiglia per niente alla Clinton. Chissà nella testa di Murdoch com'è il futuro post-2012. In Fringe, qualche indizio c'è.
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