Il vostro immenso senso di colpa è filosofico, scambiate il rom idealizzato per l'uomo che è
"Ma non ci si può stupire che i convogli degli anni 40 abbiano avuto uno strascico così lungo che ogni volta che una porta viene chiusa una loro coda ci rimanga impigliata dentro”. Ecco l'immenso senso di colpa, caro Adriano. Sta nella coda della tua piccola posta che, fosse solo per il fatto di una nostra battuta irrispettosa sull'Europa e dall'aver trasformato in manifesto di Tempi quel fondo del Foglio rosa, mi chiama in causa. E' molto interessante quello che argomenti.
Leggi Zingari nella vigna di Gad di Toni Capuozzo - Leggi Nomadi? Una melodrammatica rappresentazione del moto, ma non si muovono affatto di Umberto Silva
"Ma non ci si può stupire che i convogli degli anni 40 abbiano avuto uno strascico così lungo che ogni volta che una porta viene chiusa una loro coda ci rimanga impigliata dentro”. Ecco l'immenso senso di colpa, caro Adriano. Sta nella coda della tua piccola posta che, fosse solo per il fatto di una nostra battuta irrispettosa sull'Europa e dall'aver trasformato in manifesto di Tempi quel fondo del Foglio rosa, mi chiama in causa. E' molto interessante quello che argomenti. Solo che dalla prima all'ultima riga, gli argomenti producono sillogismi sbagliati proprio perché sono parametrati sul Sillogismo – starei per dire il Paradigma – che ci permettiamo di discutere apertamente, un po' come succedeva tra Abelardo e Bernardo, che si volevano bene seppure fossero fieri avversari in quei tempi luminosi del medioevo.
Così, per non arrenderci ai tempi oscurantisti dove discutere apertamente rischia sempre di apparire come una violazione del codice della tolleranza intesa come alibi dell'indifferenza etica, io ti contesto innanzitutto la suggestiva apertura: l'argomento di assimilare la cena al lume del miliarduccio di persone che muore di fame all'osservazione sull'estraneità, anche emotiva, in tema di soppressione ingegneristica, eugenetica e benevolente, delle bambine in pancia. E' evidente il diverso mainstream: la morte per fame e la morte per aborto non sono nello stesso paradigma. Anzi. Sono nell'opposto. Nell'odierno mainstream, la prima morte reclama le nostre lacrime, il nostro generoso impegno a cambiare il mondo, la nostra generosa azione. La seconda evoca noi teocon, instilla l'idea dell'uso politico del “dramma delle donne”, giustifica l'anestesia delle menti e delle anime davanti ai non nati evocando l'ingiustizia del Fato, o delle condizioni igieniche, o della condizione subalterna delle donne.
La prima morte incolpa i ricchi della loro ricchezza non redistribuita e ci chiama alla lotta per modificare lo stato delle cose presenti e future. E' un messianesimo universale. La seconda è la fissazione di Giuliano Ferrara. E' una religione che l'uomo si fa nella sua solitudine. Anche il secondo (irrisione dell'equazione zingaro=poco di buono) e il terzo (uso politico degli umori popolari) non sono dirimenti nel caso in questione. Ci è stato fatto osservare: “1.700 rimpatri via aerea con rimborso, effettuati per smantellare campi abusivi in un paese abitato da 400 mila rom assistiti dal sistema di welfare”. Questa è la “cosa” davanti alla quale il termine “deportazione” o quant'altro di criminalizzante, non solo è sbagliato, ma è menzogna. Esattamente identica, sebbene di altro spettro, alla menzogna ahmadinejadiana che vuole l'Iran accerchiato da un mondo di satanassi che fingono di non vedere e sapere che la Repubblica islamica sta costruendo centrali nucleari per far fiorire il deserto mica per l'atomica.
Quanto all'uso politico e fanfarone, che probabilmente c'è stato: gli stati si reggono anche sul calcolo politico, altrimenti non sarebbero stati ma la Sorbona intorno al secolo XIII. Ma anche a voler ammettere una dimensione non machiavellica dei reggitor de' principati, sembra a qualcuno che la commissaria Viviane Reding e le intemerate del gruppo socialdemocratico a Strasburgo non siano fanfaronate che rispondono a demagogie politiche? Ed ecco la rilevanza della tua sottile e acuta contestazione, caro Adriano: essa suona come alta conferma di tutti i nostri dubbi circa l'ispirazione, diciamo così, filosofica, del mainstream e, quindi anche delle ireniche leggi sui rom approvate in Europa: voi considerate il rom piuttosto che l'ebreo, per non parlare del cattolico, come un'idea di eventi cristallizzati nella storia. Siete un archivio storico e producete pensieri che vi impediscono di vedere il caso, l'avvenimento, l'imprevisto e lo stato di cose presenti. Lo zingaro non si alza al mattino con l'idea che avete voi del suo violino. Lo zingaro non cammina nel mondo come il fantasma della tragedia dei suoi avi. Lo zingaro non si introduce nottetempo e viene a rubare a casa mia perché è una vittima della società che non recependo pienamente le direttive di Bruxelles gli impedisce la libera circolazione e lo sviluppo della sua più autentica personalità che, un po' razzisticamente, voi siete convinti non possa essere altra che quella del nomadismo e del vagare più o meno romantico suonando Cajkoˇvskij.
Lo zingaro è l'uomo e la donna e i bambini in carne e ossa che in questo momento sono accampati nelle nostre periferie e che una coscienza veramente civile e umanitaria non dovrebbe rassegnarsi a idealizzare. Tanto più quando la vita di queste persone nell'adesso del settembre 2010 (che non è una coda di vagone piombato del 1944), è fatta, e non di rado, di degrado, di promiscuità dove le bambine devono soddisfare le voglie di un parente, di accattonaggio forzato, di forzato analfabetismo, di sottomissione schiavistica delle donne, furti, rapine, omicidi. “E' l'esistenza di questo tavolo, indipendentemente dai tavoli considerati in generale, che origina lo choc filosofico”. Lo choc e la meraviglia origina dall'opera educativa di suor Gloria del Nocetum di Milano, non dalle proteste contro le “deportazioni”. E' in quel bambinetto rom strappato a quello che per voi resta “il buon selvaggio”, mentre è una selva cattiva, e che Gloria porta con sé e gli fa scuola e lo porta in terza media e gli mette la voglia e la prospettiva di studiare “e da grande voglio fare l'ingegnere”. E' nell'Opera Nomadi che negozia con gli stati spazi e condizioni di sedentarizzazione, istruzione e integrazione. E' nel patto di legalità fatto dal comune di Milano, don Colmegna e i nomadi da lui assistiti, “e chi non lo rispetta, via”. E' che se al campo Triboniano sprangano i lettighieri venuti a recuperare un giovane in fin di vita e quello muore, come è morto, io non volto la faccia dall'altra parte e siccome c'è già troppo casino su questa storia dei rimpatri forzosi dalla Francia, quello è morto, i lettighieri sono stati sprangati, non succeda più, morta lì. Io, prefetto e magistrato, dovrei sollevare un casino e chiudere il Triboniano se non mi consegnate chi ha impedito a un'ambulanza di soccorrere un povero cristo. Stessa cosa vale per i borseggiatori davanti ai supermercati, ai ladruncoli negli appartamenti popolari, ai bambini accattoni ai semafori.
E' un problema filosofico serio. Anzi, il problema di adesso, in tutte le cose. C'è chi si batte per sistemi così perfetti in cui non è più necessario essere né buoni, né cattivi, convinto che la vita è rimasta impigliata nella storia, quindi non è necessario discriminare il bene dal male. E c'è questo tavolo, questo violino, questo rom. Davanti al quale tu devi – devi! – prendere posizione. Non scorrendo l'ordine delle cose storiche, ma stando alla cosa in sé, adesso.
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