Il peana (stonato) rivolto a Profumo spiegato da Giancarlo Galli
E adesso? Corre voce che Alessandro Profumo potrebbe scendere in campo, per la poltrona di sindaco di Milano, contro Letizia Moratti. “Davvero? Io dubito che trovi un correntista di Unicredit che lo voti. Di sicuro io avrei, in quel caso, la soddisfazione di non farlo. Parlo da cliente storico, fin dai tempi del Banco di Sicilia: la gestione Profumo non ha mai avuto alcuna attenzione per il retail”. Giancarlo Galli sfugge al coro dei peana nei confronti del banchiere estromesso dalla più importante poltrona di Unicredit.
E adesso? Corre voce che Alessandro Profumo potrebbe scendere in campo, per la poltrona di sindaco di Milano, contro Letizia Moratti. “Davvero? Io dubito che trovi un correntista di Unicredit che lo voti. Di sicuro io avrei, in quel caso, la soddisfazione di non farlo. Parlo da cliente storico, fin dai tempi del Banco di Sicilia: la gestione Profumo non ha mai avuto alcuna attenzione per il retail”. Giancarlo Galli, saggista più che giornalista che ha dedicato una vita a ricostruire le storie dei grandi banchieri, è la classica “mosca bianca” che sfugge al coro dei peana nei confronti del banchiere estromesso, a stragrande maggioranza, dalla più importante poltrona di Unicredit. Eppure, a leggere i commenti, non si possono nutrire incertezze. S'indigna Francesco Giavazzi sul Corriere, recriminando su “un errore, grave”. Rincara la dose Massimo Giannini su Repubblica: “E' l'ultima grande operazione del capitalismo di rito berlusconiano-geronziano”. Luca Cordero di Montezemolo parla di “un lavoro straordinario sempre al fianco delle imprese”, Emma Marcegaglia ringrazia “per quello che ha fatto in questi anni”, Romano Prodi loda il “manager di classe”. Per carità, non stupisce la solidarietà dei colleghi, come Corrado Passera (“il nostro settore perde un grandissimo professionista”) o il presidente dell'Abi e di Mps, Giuseppe Mussari (“le banche perdono un validissimo rappresentante”). Ma il coro è addirittura un peana, che richiede una spiegazione. “E' una reazione strumentale – dice Galli al Foglio – Si fa un gran parlare dell'aumento della quota dei libici, e subito si pensa ad un'operazione di Berlusconi, il gran cattivo”. Di qui a trasformare Profumo in una vittima dei giochi politici, il passo è corto. “E' un po' quello che succede con Fini: anche lui è un beniamino da quando gioca contro il Cavaliere. Per carità, una scelta legittima: ma ci vorrebbe un po' di silenzio in più”.
Insomma, la simpatia per Profumo è inversamente proporzionale all'astio verso il premier. “E' matematico: quello che piace in Profumo è l'ostilità nei confronti di Berlusconi o di Geronzi, che ha tutto per recitare la parte del personaggio misterioso e inquietante”. Per carità, Galli non è certo un tifoso del banchiere romano (“come faccio a dimenticare che la famiglia Maranghi non lo volle al funerale?”) ma rifugge dalle immagini manichee, così care a una certa agiografia: “Vorrei che Profumo mi spiegasse perché è entrato in Capitalia se tanto ci teneva a non mescolarsi con l'immagine di Geronzi”. E sulla scrivania tiene, in bella evidenza, un ritaglio del Financial Times del 22 marzo del 2007, prima dello scoppio della grande crisi, con un'intervista a Profumo dal titolo: “Noi siamo un player italiano ma non siamo una banca italiana”. “Mi spiegate – incalza Galli – il senso di queste parole poco prima di entrare in Capitalia? Chi gliel'ha fatto fare? E' la stessa ingenuità con cui non si accorge che i libici stanno salendo?”.
Alt. Non entriamo nel merito della contesa. Sta di fatto che Profumo è il simbolo di un'epoca, quella in cui sono spuntati i delfini del dopo Cuccia. “Fu Lucio Rondelli a presentare Profumo a Cuccia – dice Galli, che al decollo della carriera dell'ex ad di Unicredit ha dedicato un capitolo del suo “La giungla degli gnomi” (Garzanti) – Penso che lui avrebbe gradito la sua scelta di uscire da Rcs. Non quella di farsi fotografare al gazebo per le primarie del Pd”. Ma non è questa la differenza che conta: semmai, conta dare uno sguardo alla busta paga: “Sa che cosa mi disse Cuccia? Io non vado più da Caraceni: con quei prezzi non me lo posso permettere. E Raffaele Mattioli viveva presso la foresteria della Comit in via Bigli. Pure Giordano Dell'Amore aveva una casa modesta. Siamo lontani anni luce da questi banchieri che pure non perdono occasione di dare lezioni sull'etica”. Non solo Profumo, per intenderci.
L'eccezione, agli occhi di Galli, resta quella di Giovanni Bazoli cui sta dedicando la sua ultima fatica (“una biografia non autorizzata, complessa com'è la figura di questo cattolico montiniano”) . E non solo per lo stipendio. “Lui ha una visione diversa della finanza, vicina all'uomo. L'esatto opposto della nidiata di McKinsey, di cui Profumo fa parte: gente che non attribuisce importanza all'aspetto delle relazioni umane, cosa che alla fine gli ha giocato contro”. E che, alla fine, peserà sul giudizio nei confronti del banchiere: così bravo agli occhi dei salotti, assai meno per i correntisti o le piccole e medie imprese che hanno subìto i diktat della banca, protesa all'espansione oltre frontiera. Come accusa la Lega. “Già, e non ci vedo nulla di male: non è stato detto in mille convegni che la banca deve tornare al territorio? La Lega si limita a tradurre in pratica questa richiesta”.
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