Perché la marijuana può salvare la California

Giulia Pompili

Nel 1989 i Nofx, band californiana animatrice della cultura punk tra i giovani americani, pubblicavano l'album S&M Airlines, nel quale era contenuto il pezzo "Drug free America", un appello per la liberalizzazione delle droghe leggere. Dopo poco più di vent'anni, ci siamo quasi. In novembre si terrà il referendum per la liberalizzazione della marijuana in California.

    Nel 1989 i Nofx, band californiana animatrice della cultura punk tra i giovani americani, pubblicavano l'album S&M Airlines, nel quale era contenuto il pezzo "Drug free America", un appello per la liberalizzazione delle droghe leggere. Dopo poco più di vent'anni, ci siamo quasi. In novembre si terrà il referendum per la liberalizzazione della marijuana in California: quasi mezzo milione di americani hanno firmato l'iniziativa popolare che dovrebbe rendere possibile la detenzione di derivati dalla canapa anche senza ricetta medica. In effetti, l'uso di droghe leggere in California è ad oggi discretamente diffuso: già legale la somministrazione per motivi di salute (come in altri tredici stati), da agosto su Fox 40 è addirittura in programmazione il primo spot che promuove l'uso medico della marijuana. Se dovesse passare la nuova legge, sarebbe possibile, per i ragazzi sopra i 21 anni, detenere fino a poco meno di 30 grammi e coltivare alcune piante senza prescrizione medica (fatte salve alcune eccezioni riguardanti la presenza di bambini e il consumo in pubblico).

    La discussione si è aperta dopo che il governatore repubblicano Arnold Schwarzenegger si è detto disponibile al dibattito su qualsiasi argomento possa risanare le casse dello stato, anche se si trattasse di cannabis. In termini economici, secondo Tony Ammiano, democratico promotore della Proposition 19, il ricavo dalla tassazione di 50 dollari a dose, ammonterebbe a circa 1,3 miliardi di dollari l'anno, senza contare i gli introiti che ne deriverebbero dal turismo di settore (basti guardare all'esperienza olandese, vera e propria mecca dei consumatori di droghe leggere). Di più. Il cartello dei narcos messicani ha come mercato principale proprio l'America, e il 60 per cento dei prodotti esportati negli Stati Uniti riguarda proprio marijuana e derivati. Una cifra sufficiente per aprire un dibattito e chiedere un'iniziativa popolare discussa anche tra i conservatori e liberali.

    Eppure, mentre i bookies americani “scommettono” sulla vittoria dei sì, c'è chi sta dimostrando un particolare interesse per i risultati californiani: le case produttrici di birra e soft alcol. La California Beer and Beverage Distributor, infatti, avrebbe donato recentemente dieci mila dollari al comitato “Public Safety First” contro la Proposition 19, perché, secondo Ryan Grim dell'Huffington Post, “l'industria delle bevande alcoliche vede da tempo le droghe illecite come una minaccia per le vendite, sapendo che i consumatori possono facilmente sostituire l'alcol con l'erba”. Grim, che ha da poco pubblicato un libro sulla storia dell'uso di droghe in America, si spinge oltre, asserendo addirittura che la maggior parte dei finanziamenti dell'associazione Public Safety First proverrebbero dalle forze di polizia: “Hanno il diritto di tenersi le sostanze sequestrate nei raid e le entrate che vengono dalla guerra alla droga sono diventate una fonte di sostegno importante per le forze dell'ordine locali. In più, ci sono i finanziamenti federali e statali della guerra alla droga”.

    Secondo il giornalista dell'Huffington,
    anche l'associazione degli ufficiali della narcotici californiana avrebbe finanziato la lotta alla legalizzazione (con ventimila dollari), così come l'associazione degli ex capi di polizia (trentamila dollari). Si è schierato con i proibizionisti anche lo sceriffo di Los Angeles, Lee Baca. A settembre l'agenzia anti-droga ha tenuto una conferenza stampa a Washington per opporsi alla Proposizione 19 e chiedere al governo di combattere per vie legali la legge nel caso in cui dovessero vincere i sì al referendum di novembre. Intanto, in America nel 2009 il consumo di droghe leggere è aumentato dello 0,7 per cento, l'Fbi ha arrestato quasi 860 mila persone per reati legati al possesso di cannabis e con oltre 16 milioni di consumatori, la marijuana è la droga più consumata.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.