Il metalmeccanico si porta (di nuovo) bene

Marianna Rizzini

E' un vecchio sogno anni Settanta che ritorna: l'utopia della saldatura perfetta tra intellò e tuta blu, tra occhialetto tondo e sferragliare di ingranaggi. Sono vecchi ricordi che si affastellano: i metalmeccanici schierati per il “no” all'abrogazione del divorzio nel '74, gli studenti che insistono sul legame con i compagni operai nell'autunno caldo, il turno all'alba e la schiscetta per il pranzo che si insinuano nell'immaginario della borghesia progressista.

    E' un vecchio sogno anni Settanta che ritorna: l'utopia della saldatura perfetta tra intellò e tuta blu, tra occhialetto tondo e sferragliare di ingranaggi. Sono vecchi ricordi che si affastellano: i metalmeccanici schierati per il “no” all'abrogazione del divorzio nel '74, gli studenti che insistono sul legame con i compagni operai nell'autunno caldo, il turno all'alba e la schiscetta per il pranzo che si insinuano nell'immaginario della borghesia progressista. La testa che si sposa col braccio, il braccio che si sposa con la testa. E allora perché non rispolverarlo, quel sogno, devono aver pensato a MicroMega? Perché non ritentare, visto il fallimento della liason intellò-tuta blu alla fine dei Settanta? Detto e fatto.

    Paolo Flores D'Arcais e Andrea Camilleri,
    contornati dai più ruspanti Margherita Hack, Luigi De Magistris, don Gallo, don Mazzi e da un nugolo di (più o meno) intellettualissimi firmatari – da Lidia Ravera a Furio Colombo, da Sabina Guzzanti a Giuliano Montaldo, da Gianni Vattimo a Moni Ovadia – hanno lanciato un appello: “Fuori Berlusconi, realizziamo la Costituzione, via i criminali dal potere, restituire le televisioni al pluralismo, elezioni democratiche”. Fatto sta che l'appello è stato subito raccolto dal segretario generale Fiom Maurizio Landini. Fatto sta che la Fiom va in piazza il 16 ottobre al grido di “sì ai diritti, no ai ricatti. Il lavoro è un bene comune”. Fatto sta che un rassemblement anti-Berlusconi c'è già stato (il 2 ottobre, giorno della kermesse del popolo viola con Antonio Di Pietro). Fatto sta che il rischio di fare flop con una seconda piazza si è alzato vertiginosamente.

    Tutti fatti che devono aver portato Flores&C. a pensare di “far coincidere”, così scrivono, un fantomatico giorno di mobilitazione con “la giornata di lotta già indetta dai metalmeccanici per il 16”. Motivo: “il regime Berlusconi è diventato regime Berlusconi-Marchionne…la volontà di assassinare la Costituzione tracima oltre il berlusconismo…del resto, quando ci arrivarono le prime adesioni, non pochi ci invitarono a non disperdere le energie in troppi appuntamenti successivi e ravvicinati…”. E allora via, tutti insieme, con “carovane di macchine e “manifestini” autoprodotti da diffondere “nelle cassette della posta”, tutti insieme “per una indimenticabile giornata di passione civile”, sulla scia dell'amarcord: “…il primo maggio del 1968 un grande corteo del movimento studentesco partì dalla Sapienza per confluire a San Giovanni, e un rappresentante di quelle lotte fu invitato dalla Cgil a parlare dal palco…L'Italia si desta!”.  Eccolo, il '68. Lo evochi come un mantra sempreverde, e in un attimo è subito nostalgia di Mimì metallurgico ferito nell'onore. Ecco che l'intellò si sradica dalla scrivania, e la piazza d'incanto sembra piena.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.