Parla il presidente

Geronzi rivoluziona Generali scrutando le pene di Unicredit

Michele Arnese

Come presidente delle Generali è concentrato su strategie, espansione e riorganizzazione del Leone. Come osservatore, e navigato uomo di finanza, è preoccupato per la governance di qualche grande banca. Cesare Geronzi in queste ore, da spettatore interessato, non si meraviglia della soluzione interna scelta da Unicredit e la considera una strada bene intrapresa. Nelle conversazioni private, comunque, sottolinea due aspetti.

    Come presidente delle Generali è concentrato su strategie, espansione e riorganizzazione del Leone. Come osservatore, e navigato uomo di finanza, è preoccupato per la governance di qualche grande banca. Cesare Geronzi in queste ore, da spettatore interessato, non si meraviglia della soluzione interna scelta da Unicredit e la considera una strada bene intrapresa. Nelle conversazioni private, comunque, sottolinea due aspetti. Da un lato, l'eclissi dei manager che avevano come principio e fine di ogni operazione l'ossessione stile McKinsey per la “creazione di valore”. Dall'altro lato, i problemi di governance che le banche – Unicredit è solo un caso, il più appariscente – possono avere. Evidentemente il combinato disposto di crescita esterna tumultuosa e di adeguamenti degli assetti interni a norme e regolamenti ha prodotto effetti che vanno governati. Geronzi s'interroga in particolare sul ruolo che le fondazioni continuano ad avere negli istituti di credito. Di certo il suo giudizio non è assai lontano da quello del Wall Street Journal che ieri ha scritto di uno “spettacolo non edificante che ha lasciato una delle più grandi banche europee senza timone per nove giorni”.

    Un rilievo indiretto agli uomini forti di Cariverona (Paolo Biasi) e Crt (Fabrizio Palenzona)? “Non faccio nomi – dice Geronzi – m'interrogo piuttosto su un'evoluzione delle fondazioni bancarie che hanno dato un grande apporto alla riorganizzazione creditizia per un quindicennio, sono potenzialmente un fattore di stabilità, ma vanno prevenuti i rischi per la loro autonomia che si riverberebbero in rischi per l'autonomia delle banche. E' stato d'altronde il governatore Mario Draghi ad affermare, nelle ultime Considerazioni finali, che saranno le fondazioni, nella loro autonomia, le prime a tutelare l'indipendenza del management”. A 20 anni dalla legge Amato-Carli una riflessione del genere, senza pregiudiziali di sorta, è opportuna – è il pensiero dell'ex presidente di Mediobanca – senza prefigurare conseguenze. Non dobbiamo prestare il fianco a chi ha sostenuto, in altri tempi, l'autoreferenzialità delle fondazioni perché così non è, e neppure a chi le ha paragonate a un ircocervo o a Frankenstein.
    Ma è sulle Generali che la mente di Geronzi è concentrata. Dopo cinque mesi alla presidenza, il banchiere romano coltiva l'ambizione di un gruppo che continui l'espansione estera, magari in paesi in cui finora il Leone è poco presente (per esempio in Sudamerica, oltre a Cina e India dove il gruppo di Trieste è già presente), e sia pure perno e propulsore in Italia di operazioni profittevoli e con ricadute sistemiche. E' il caso del recente via libera al piano di housing sociale con la Cassa depositi e prestiti, controllata al 70 per cento dal Tesoro.

    L'aspirazione di Geronzi è comunque quella di lasciare un segno. Per questo, dopo una fase di studio preliminare, sta imprimendo un ritmo serrato a vecchi e nuovi comitati interni dopo una “fase di rallentamento” della precedente presidenza: il cda si riunisce una volta ogni mese e mezzo, il comitato esecutivo ogni mese, è stato istituito il comitato investimenti e a breve – racconta Geronzi – i consulenti della Boston Consulting consegneranno uno studio per rivedere la struttura organizzativa del gruppo. Inoltre, si è dato vita a periodiche riunioni con i manager di vertice in una sorta di informale Comitato di presidenza. Quando Geronzi dice di “voler lasciare il segno” intende anche una funzione culturale del Leone. Il banchiere sta “rivitalizzando” la Fondazione Generali, in sonno per tutta la presidenza di Antoine Bernheim: “Sarà aumentato il patrimonio e sarà costituito un comitato scientifico di altissimo livello per farne uno strumento operativo per le attività legate alla ricerca, alla cultura”.

    Riecco il banchiere di sistema? “Non c'è contrasto – risponde Geronzi – tra rigorosa tutela degli interessi aziendali e attenzione agli interessi generali. Generali con la ‘g' minuscola”. Avere di mira anche gli interessi collettivi significa compiere operazioni profittevoli, ma a redditività differita. Del resto – chiosa in privato Geronzi – avete visto l'esito della linea che vuole assegnare al banchiere solo la crescita di valore per gli azionisti nel brevissimo termine? Chissà se è un riferimento indiretto a Profumo.