Bersani legge il Corriere e prepara l'ultimatum ai veltroniani
Stamattina raccontavano di un Pier Luigi Bersani fuori dalla grazia di Dio. Motivo dell'arrabbiatura, la lettura del Corriere della Sera, che riferiva di un incontro tra Gianni Letta, il segretario del Pd e D'Alema finalizzato a piazzare quest'ultimo sulla poltrona di presidente della Camera. Fantascienza, ma Bersani non l'ha presa bene. Secondo la maggioranza uscita dal congresso del 2009, l'articolo del quotidiano milanese rientra in una strategia di sabotaggio. “Questo pezzo l'ha ispirato Fioroni", sono convinti dalle parti di largo del Nazareno.
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Il tempo della mediazione è finito. Stamattina raccontavano di un Pier Luigi Bersani fuori dalla grazia di Dio. Motivo dell'arrabbiatura, la lettura del Corriere della Sera, che oggi riferiva di un incontro tra Gianni Letta, il segretario del Pd e Massimo D'Alema finalizzato a piazzare quest'ultimo sulla poltrona di presidente della Camera, ovviamente nel caso Gianfranco Fini si decidesse a lasciare. Fantascienza, ma tant'è: Bersani non l'ha presa bene e prima ha dettato alle agenzie di stampa una smentita, poi ne ha parlato con lo staff e i collaboratori politici più stretti, Enrico Letta in primis, durante gli incontri preparatori per l'assemblea programmatica di Varese che si apre domani.
Secondo la maggioranza uscita dal congresso del 2009, l'articolo del quotidiano milanese rientra in una strategia di sabotaggio perseguita dall'area raccoltasi attorno al recente documento di Walter Veltroni, quello con 75 firme. “Questo pezzo l'ha ispirato Fioroni, porta le sue impronte digitali”, sono convinti dalle parti di largo del Nazareno: “Continuano a volerci mettere in difficoltà”. In sostanza, si fa passare l'idea che Bersani e il suo padrino D'Alema, invece di preparare l'alternativa al Cavaliere, inciuciano col diavolo per rimediare qualche poltrona. Una episodio simile, ha fatto notare qualcuno, era accaduto già un mesetto fa, quando sempre il Corriere uscì con un pezzo che riferiva di un fantomatico accordo elettorale chiuso tra il leader democratico e i comunisti di Ferrero e Diliberto. Allora, furono i veltroniani a far girare la notizia per potersi poi mostrare indignati per il tradimento della famigerata “vocazione maggioritaria”.
Bersani alla fine è riuscito a trattenere rabbia e scoramento. La reazione arriverà sabato, quando terrà la sua relazione a Varese: “Abbiamo fatto un grande lavoro sul programma – spiega una fonte – dalla riforma del fisco scritta da Fassina, che è l'addio all'era Visco, all'enorme apertura alle Pmi su cui metterà la faccia Letta. Per il resto il segretario darà la linea del partito: adesso ogni distinzione correntizia rappresenta solo un danno”. La linea di sicuro non piacerà ai veltroniani (Fioroni non è così ideologico), che pure saranno chiamati a rispettarla: gli schemi non possono essere più quelli del passato, in questa situazione appellarsi al bipolarismo senza se e senza ma non ha alcun senso.
La coalizione del futuro sarà quella che il Pd riuscirà a costruire e, per farlo, le opzioni a livello di legge elettorale sono pochine: serve sostanzialmente un sistema tedesco, corretto quanto si vuole, miscelato con quello delle province, ridisegnando i collegi, agitandolo con lo spagnolo, ma sostanzialmente proporzionale. Questa è la linea, non ce ne sono altre. Non è certo un'espulsione, né un invito ad andarsene, ma un richiamo al fatto che il partito è legittimamente gestito da chi ha vinto il congresso e che ora, per di più, ottiene l'appoggio anche del suo principale sfidante: se questo per qualcuno è inaccettabile…
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