L'ultima condanna femminile: magrezza professionale

Se a fine mese vuoi meglio arrivare, dieci chili devi abbandonare

Annalena Benini

Non è cambiato nulla dai tempi di Fred Astaire e Ginger Rogers: ballavano in coppia, ma a Ginger toccavano le parti all'indietro e sui tacchi a spillo. Così sul lavoro le ragazze, oltre a essere sottopagate per principio, sono ancora più sottopagate se diversamente magre. E' uno studio pubblicato dal Wall Street Journal (ripreso  da Maria Luisa Agnese sul Corriere della Sera).

    Non è cambiato nulla dai tempi di Fred Astaire e Ginger Rogers: ballavano in coppia, ma a Ginger toccavano le parti all'indietro e sui tacchi a spillo. Così sul lavoro le ragazze, oltre a essere sottopagate per principio, sono ancora più sottopagate se diversamente magre. E' uno studio pubblicato dal Wall Street Journal (ripreso  da Maria Luisa Agnese sul Corriere della Sera). Quelle con dieci chili in meno della media guadagnano di più, mentre gli uomini hanno l'obbligo opposto (casualmente anche in questo caso una categoria è più fortunata dell'altra): per essere pagati meglio devono essere sovrappeso. E' evidente che la magrezza maschile crea sospetti. Se un uomo è molto magro, o è molto snob o è molto infelice, quindi non offre garanzie di solidità professionale: potrebbe da un giorno all'altro mollare l'impresa per girare il mondo in barca a vela o coltivare un orto biologico, potrebbe anche creare scandalo nella società sposandosi con l'amico del cuore o tradendo l'azienda che l'ha accolto. Un po' di pancia che tende la camicia in avanti, invece, è la prova della vita sedentaria del lavoratore; il sovrappeso localizzato simboleggia l'autorevolezza dell'uomo costretto a continue cene importanti, la moglie a casa che non gli fa mancare nulla, poco tempo per la palestra e la forma fisica sacrificata per il bene della carriera.

    Una donna non scheletrica significa una cosa soltanto: disordine estetico e mentale. Un tailleur che tira sui fianchi, a meno che non si sia incinte (in tal caso è concesso di ingrassare tre chili, giusto il peso del bambino), è il segno di scarsa forza di volontà, cattivo gusto, inadeguatezza. Anna Wintour guadagna moltissimo anche in virtù di una magrezza che incute terrore e di abiti che cadono come sopra una stampella, solo un po' ingobbita: niente pieghe, rigonfiamenti, body contenitivi che lasciano i segni sotto le gonne. Nel mondo femminile magrezza significa già bravura e autorevolezza, vuol dire capacità di raggiungere gli obiettivi. Come digiunare, chiamare con raccapriccio la pasta “i carboidrati”, poter dire, come Franca Sozzani, di non avere mai assaggiato un tiramisù in tutta la vita e rifiutare con un cenno del capo qualunque portata non sia un infuso di tè verde. Come ne “Il diavolo veste Prada”, mai citato abbastanza: “E così qui le ragazze non mangiano niente?, “Non più, da quando la taglia trentotto è diventata la nuova quaranta e la trentasei la trentotto”, “Io porto la quarantadue”, “Che è la nuova cinquantasei”.

    La cellulite è l'ingrediente principale di un sacco di pietanze, e una donna con la cellulite (che si può nascondere sotto i vestiti, ma si intuirà sempre) non offre credibilità: è infelice oppure è una sciattona. La coppia ideale, quindi, l'unione prestigiosa di due corpi in carriera, è quella fra la magrezza femminile e la pinguedine maschile: Miuccia Prada e Patrizio Bertelli sono l'esempio da copiare. In generale, lui mangia e lei pilucca, lui beve e lei rinuncia, lei serve il dessert e lui lo ingoia, in nome dell'arrivare meglio a fine mese. Accogliamo con gioia e abnegazione anche quest'ultima condanna, facciamo grande uso di Spanx, guaine miracolose e quasi invisibili (ma il grasso che viene schiacciato dovrà pur fuoriuscire da qualche altra parte), tratteniamo il respiro in prossimità di un fotografo oppure corrompiamolo in cambio di un po' di photoshop, e consoliamoci ridendo alle spalle dei falsi magri che, oltre ad avere fisici a botticella, a causa dell'illusione ottica resteranno per sempre poveri.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.