Teorema Tremonti

Michele Arnese

Se la ripresa è in atto, che necessità c'è di stimolare troppo l'economia con il rischio che l'allentamento della spesa pubblica produca sconquassi nei conti pubblici? E' questa la domanda che circola al Tesoro, con un'implicita risposta: no, non c'è la necessità di stimoli. I dati Istat di ieri danno indirettamente ragione all'impostazione del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: ad agosto la produzione industriale in Italia ha registrato un balzo che l'ha portata a incalzare la locomotiva tedesca.

    Se la ripresa è in atto, che necessità c'è di stimolare troppo l'economia con il rischio che l'allentamento della spesa pubblica produca sconquassi nei conti pubblici? E' questa la domanda che circola al Tesoro, con un'implicita risposta: no, non c'è la necessità di stimoli. I dati Istat danno indirettamente ragione all'impostazione del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: ad agosto la produzione industriale in Italia ha registrato un balzo che l'ha portata a incalzare la locomotiva tedesca. L'indice corretto per gli effetti di calendario su base annua ha segnato un aumento del 9,5 per cento – la maggiore variazione positiva dal 1997 – appena sotto il 10,7 per cento della Germania; seguono a distanza il Regno Unito (più 4,2 per cento) e la Francia (più 3,2 per cento). I numeri sono ancor più significativi se si tiene conto del dato del settore auto, calato del 20 per cento, compensato da altri comparti, a partire dai macchinari e dalle attrezzature (più 35,3 per cento).

    Quindi ha ragione Tremonti? La ripresa globale è fragile, ha detto a Washington. Ma in Italia “il tasso della ripresa si è rafforzato nel secondo semestre del 2010”. I recenti indicatori, ha aggiunto nel corso di una della periodica riunione del lunedì a Milano con i principali banchieri, puntano su un'ulteriore ripresa economica nella seconda metà dell'anno, anche se a velocità ridotta. Un quadro che, secondo osservatori governativi, diverge da quello delineato dai macroeconomisti del dicastero di via Venti Settembre in una nota a circolazione interna. Gli analisti del Tesoro sottolineano che “ci sono segnali di debolezza per il manifatturiero a settembre”: i primi indicatori congiunturali per settembre prefigurano una decelerazione dell'industria italiana. Tendenza che è un riverbero di quanto si attende in Europa, dove pure “si prospetta un rallentamento”. Un'analisi che non è isolata: il superindice Ocse di agosto, pubblicato ieri, rafforza “i segnali di rallentamento dell'espansione dell'economia”, già registrati nel mese precedente. Infatti il composite leading indicator registra una diminuzione di 0,1 punti, segnando per l'area il quarto mese consecutivo in cui l'economia risulta stagnante o in calo.

    Proprio per l'incerta e asfittica ripresa si  profila un doppio schieramento di forze che incalza il flemmatico ministro del Tesoro. Da un lato si va coagulando un'ampia fascia di interessi – che va dai sindacati dei lavoratori alle confederazioni degli imprenditori fino all'opposizione del Pd – che individua come unico fattore di stimolo una riduzione delle imposte sul lavoro per aumentare la produttività e quindi la competitività del paese. Dall'altro all'interno dell'esecutivo stanno montando sofferenze crescenti verso una politica della lesina che non assegna alcun ruolo di sviluppo alla spesa pubblica. I perplessi della linea tremontiana si chiedono: se davvero la ripartenza è fiacca, è ragionevole attendere soltanto i benefici indiretti della locomotiva tedesca? L'interrogativo, dicono al Tesoro, è ben presente, tanto che di recente Tremonti ha detto che presto saranno affiancate politiche pro crescita, non ultima l'impostazione di una riforma fiscale: “L'obiettivo è il calo delle imposte”, ha detto Vegas. Ma al momento, anche per il nuovo patto di stabilità rinforzato a livello europeo, è ritenuta ancora prioritaria l'austerity. Riproposta tra l'altro, insieme a suggerimenti ancora più stringenti, in un libro appena uscito (“Il nuovo bilancio pubblico” edito dal Mulino) scritto dal viceministro dell'Economia, Giuseppe Vegas, e presentato a Milano all'Università Bocconi. Uno dei massimi esperti di conti pubblici, nonché teorico e realizzatore del rigore tremontiano, nelle conclusioni del saggio auspica innovazioni che gli analisti definirebbero “alla tedesca”.

    Per Vegas nella Costituzione italiana andrebbe “esplicitata la previsione del principio del pareggio di bilancio”. Si tratta di un principio europeo già recepito dall'Italia, tuttavia – scrive Vegas – “è riferito a un pareggio da perseguire in via tendenziale e perciò facilmente derogabile”. Sarebbe invece necessario “fissarlo in maniera cogente, al fine di dare la certezza alle generazioni presenti, e soprattutto a quelle future, che non sarà più possibile far crescere la spesa attraverso l'aumento del debito”. Corollario di questo principio, aggiunge il vice di Tremonti, è “il conferimento in via diretta ed esclusiva del potere decisionale in materia di spesa pubblica al governo”. Le proposte dirompenti non sono finite: “Anche il potere giudiziario non potrà non farsi carico di valutare gli effetti sulla finanza pubblica prodotti dalle proprie pronunce”. In altri termini, per Vegas sentenze di carattere interpretativo o estensivo dovrebbero tenere conto dei nuovi oneri che esse comportano. Perché per il vice Tremonti, in corso di trasferimento verso la presidenza della Consob, “il problema dei problemi non è altro che quello del contenimento e della progressiva riduzione della spesa pubblica”.