La deriva del Pd nascosta dietro la forza seduttiva della Fiom
La manifestazione è stata indetta dalla Fiom-Cgil per protestare contro gli accordi sindacali di Pomigliano (peraltro approvati dalla maggioranza dei lavoratori di quello stabilimento). Tutte le altre rivendicazioni che sono state aggiunte non cambiano la sostanza dell'iniziativa, che esprime l'antagonismo di una parte del mondo del lavoro alla pratica riformista della contrattazione e della concertazione per reagire a situazioni di crisi.
La manifestazione è stata indetta dalla Fiom-Cgil per protestare contro gli accordi sindacali di Pomigliano (peraltro approvati dalla maggioranza dei lavoratori di quello stabilimento). Tutte le altre rivendicazioni che sono state aggiunte non cambiano la sostanza dell'iniziativa, che esprime l'antagonismo di una parte del mondo del lavoro alla pratica riformista della contrattazione e della concertazione per reagire a situazioni di crisi. Per questo è naturale che le aggregazioni che tendono alla rottura, dai giustizialisti alla sinistra “di classe”, trovino nei cortei una loro collocazione. Meno naturale è che a questa manifestazione partecipino esponenti di primo piano del riformismo degli anni Ottanta e giovani esponenti della stessa tendenza. Guglielmo Epifani, che avrà il compito di pronunciare il discorso conclusivo, che sarà anche con ogni probabilità la sua ultima occasione di rivolgersi alla piazza come segretario della Cgil, ha iniziato la sua carriera sindacale battendosi contro gli scioperi indetti dalla Cgil per contrastare il patto di San Valentino.
Ora si trova a presiedere una manifestazione che osteggia un patto simile, ed è interessante capire perché l'originaria impostazione riformista si sia progressivamente annacquata fino all'esito attuale. Non si tratta di un “tradimento”, ma di una serie di cedimenti tattici alla forza delle impostazioni antagoniste. Anche Sergio Cofferati, che fu il leader sindacale dei riformisti del Pci, marcerà in questo corteo. Nel suo caso possono forse aver pesato delusioni politiche personali, ma resta il fatto che la Fiom oggi vede gli antichi avversari aderire alla sua iniziativa, se non proprio alle sue parole d'ordine.
Completa il quadro Stefano Fassina, stella nascente del riformismo bersaniano, che subisce il fascino di una mobilitazione di opposizione, anche se proclama obiettivi lontani da quelli contenuti nei documenti che scrive. La forza di una aggregazione di militanza combattiva come quella espressa dalla Fiom esercita un'attrazione che va al di là dei suoi confini e il fenomeno richiede una spiegazione. Sembra riprodursi il tradizionale complesso di inferiorità del riformismo della sinistra italiana, che ha spesso giustificato le proprie battaglie solo per lo stato di necessità, lasciando alle diverse edizioni del massimalismo l'orgoglio della presunta coerenza e dell'utopia. E' forse per questo che fenomeni di fondamentalismo operista altrove residuali da noi mantengono una capacità di mobilitazione e un'influenza di prima grandezza, mentre la sinistra di governo boccheggia nei distinguo e nell'ipocrisia.
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