L'economia della cultura in Europa

Fondazioni e casse, così in Germania i privati sostengono la cultura

Andrea Affaticati

In Germania il 95 per cento del finanziamento del settore culturale, all'incirca 8,2 miliardi di euro, compete a governo, regioni e comuni. Mentre il restante 5 per cento, gestito dai privati, vede tra i grandi protagonisti le fondazioni, come si legge nel rapporto di fine 2007 della commissione d'inchiesta del Bundestag sullo stato della cultura: “Il peso delle fondazioni come strumento di impegno civico da parte dei cittadini è in continua crescita”.

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    In Germania il 95 per cento del finanziamento del settore culturale, all'incirca 8,2 miliardi di euro, compete a governo, regioni e comuni. Mentre il restante 5 per cento, gestito dai privati, vede tra i grandi protagonisti le fondazioni, come si legge nel rapporto di fine 2007 della commissione d'inchiesta del Bundestag sullo stato della cultura: “Il peso delle fondazioni come strumento di impegno civico da parte dei cittadini è in continua crescita”. La commissione individua diversi motivi. Tra questi il fatto che “in sessant'anni di pace c'è chi ha potuto mettere insieme patrimoni consistenti”. Un altro motivo del moltiplicarsi di fondazioni, a partire dal 2000, è da individuare “nella possibilità di considerevoli facilitazioni fiscali”.

    “Le fondazioni non possono avere scopo di lucro, ma hanno una funzione sociale”, dice al Foglio Hans Fleisch, direttore generale dell'Associazione federale delle fondazioni tedesche: “Per questo il sostegno economico delle fondazioni a eventi culturali, così come le donazioni di privati alle fondazioni, può essere completamente dedotto dalla dichiarazione fiscale”. Un esempio tra i tanti: la società Robert Bosch GmbH versa annualmente un dividendo alla Robert Bosch Stiftung, dividendo che viene devoluto a progetti culturali, sociali e di ricerca, e dunque non è soggetto a tassazione. Nel 2009 per la Robert Bosch Stiftung le sole spese culturali sono ammontate a 2,2 milioni di euro. “Il più grande investitore culturale, dopo il settore pubblico, è però il gruppo finanziario bancario delle casse di risparmio tedesche”, spiega al Foglio Hans-Conrad Walter, amministratore di Causales, agenzia di sponsorizzazioni culturali e marketing. “Dei 400 milioni che il settore privato investe annualmente nell'arte e nella cultura, 150 milioni arrivano proprio da loro. Seguono le agenzie di intermediazione finanziaria, gli assicuratori e le case automobilistiche”. Mentre però per tutti i prodotti culturali vige un'aliquota ridotta dell'Iva, cioè il 7 per cento (a fronte di un 19 per cento sugli altri prodotti), le sponsorizzazioni non possono avvalersi né di riduzioni e tanto meno di detrazioni nel senso previsto per le fondazioni.

    “Gli esborsi per le sponsorizzazioni vengono registrati al 100 per cento come spese di gestione al pari della altre”, prosegue Walter. “Anzi, secondo la normativa vigente, le imprese sono tenute a dimostrare un'utilità economica per poter registrare la sponsorizzazione come spesa gestionale”. Non solo. Mentre lo stato, ammettendo la detraibilità della somma donata, indirettamente torna a finanziare un evento culturale, per quel che riguarda le sponsorizzazioni è molto più fiscale. “Se un'istituzione, mettiamo un teatro, cerca e trova uno sponsor disposto a sostenerlo”, conclude Walter, “lo stato, il Land o il comune decurterà il proprio contributo per l'importo ottenuto dallo sponsor. Il che non mi pare il modo migliore per incentivare i privati a sostenere la cultura e forse nemmeno il teatro a cercare altre vie di finanziamento. Forse sarebbe meglio fissare un importo preciso, e l'eccedente lasciarlo perché possa servire ad ampliare la propria offerta”.

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