I moderni tribuni dell'opinione, azzeccagarbugli che fanno ridere

Giuliano Ferrara

Mi viene da ridere quando penso alla ingombrante paccottiglia costituzionale e alla petulante strumentazione culturale messe in campo da sedici anni per impedire a Berlusconi di governare su mandato sovrano degli elettori. Lasciamo stare i suoi avversari politici più radicalizzati o nemici ideologici: le ragioni della loro rabbia, del loro disprezzo, della loro incompatibilità con il Cav. sono note e in un qualche senso comprensibili.

    Mi viene da ridere quando penso alla ingombrante paccottiglia costituzionale e alla petulante strumentazione culturale messe in campo da sedici anni per impedire a Berlusconi di governare su mandato sovrano degli elettori. Lasciamo stare i suoi avversari politici più radicalizzati o nemici ideologici: le ragioni della loro rabbia, del loro disprezzo, della loro incompatibilità con il Cav. sono note e in un qualche senso comprensibili. I sogni diffusi dal berlusconismo, via televisione e via lotta politica, due armi decisive, sono il contrario simmetrico delle illusioni novecentesche e delle visioni totalitarie del mondo. In questa opposizione senza quartiere c'è molta malinconia e poco spazio per ridere: mors tua vita mea.

    Rido invece quando politologhi, giuristi, osservatori che si proclamano moderni tribuni dell'opinione, giudici imparziali del corretto e dello scorretto, gente informata, di mondo, che conosce o dovrebbe conoscere le regole della politica fanno a gara nel gridare lo scandalo delle leggi ad personam. Ogni volta è un articolo diverso della carta costituzionale, una sfumatura nuova di perfidia del tiranno da censurare, un brocardo di bel conio da tirare fuori per incastrare il reprobo, un ministro o uno studioso da impiccare, una paginata di diario dell'indignazione da scrivere. Il mercato delle bellurie che seguono il precetto della legge-uguale-per-tutti è infinito, è un mercato commerciale fiorentissimo, ci si fanno effimere ma clamorose fortune televisive editoriali politiche.

    Ma è così facile percepire la verità delle cose.
    E' imbarazzante l'idea che i sapienti della Repubblica costituzionale non ci arrivino. Berlusconi ha vinto tre volte le elezioni. Le ha vinte regolarmente. Si può delegittimare la sua entrata in politica per via del conflitto di interessi, ma è una delegittimazione generica, un orientamento soggettivo senza conseguenze: gli atti di Berlusconi politico sono stati legali, sanzionati dalle Corti d'appello che hanno proclamata eletta la sua maggioranza, dai presidenti della Repubblica che hanno promulgato le leggi elettorali, e da mille altre istanze che hanno legalizzato in ogni dettaglio l'intero processo. Per tre volte, a ogni vittoria, il nucleo d'acciaio dell'opposizione è stato giudiziario. La pretesa è sempre stata quella di buttarlo giù attraverso processi per questa o quella presunta illegalità sua o del suo gruppo o di suoi collaboratori.

    E il disegno di usare i processi nella lotta politica, per scongiurare il quale i Costituenti avevano inventato l'articolo 68 della Costituzione, quello che filtrava attraverso un voto parlamentare le autorizzazioni a procedere verso membri delle camere, si è sempre arenato di fronte alla questione del consenso. Sarà il lodo Alfano, il legittimo impedimento, il processo breve, il processo lungo, la legittima suspicione, la riforma delle rogatorie internazionali o chissà quale altra diavoleria, ma è evidente che la pretesa di buttare giù uno che è stato eletto per governare, e di farlo con mezzi giudiziari, non può non incontrare la complicazione del conflitto istituzionale, del Parlamento contro la magistratura. E' un fatto di fisiologia del sistema politico. Ci sono capi che sono inviolabili giudiziariamente, come il presidente francese; capi che possono essere deposti solo da un voto del Parlamento, come il presidente americano; e capi che dovrebbero essere a disposizione del primo John Henry Woodcock o del primo De Magistris che passa, in nome della legge uguale per tutti, e in disprezzo esplicito della sovranità popolare: quest'ultimo è il caso, che fa ridere, dell'Italia vista dagli azzeccagarbugli.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.