Riciclaggio letterario
"Quando leggo un libro e lo trovo interessante, tendo a leggerlo all'incontrario per non farmi prendere in ostaggio dalla trama”. E' il numero 322 dei 618 proclami che compongono il manifesto letterario di David Shields, appena uscito da Fazi con il titolo “Fame di realtà”. Uno dei pochi attribuibili a chi firma il libro e verosimilmente incassa i diritti d'autore, oltre a godersi la gloria per aver gettato un sasso in piccionaia scatenando il dibattito.
"Quando leggo un libro e lo trovo interessante, tendo a leggerlo all'incontrario per non farmi prendere in ostaggio dalla trama”. E' il numero 322 dei 618 proclami che compongono il manifesto letterario di David Shields, appena uscito da Fazi con il titolo “Fame di realtà”. Uno dei pochi attribuibili a chi firma il libro e verosimilmente incassa i diritti d'autore, oltre a godersi la gloria per aver gettato un sasso in piccionaia scatenando il dibattito. Gli altri sono frutto di un maniacale copia e incolla, da Picasso e da Montaigne, da David Foster Wallace e da Flaubert, da Tennessee Williams e da Orwell. L'editore americano Random House, temendo una raffica di cause per plagio, ha imposto i crediti alla fine del libro. David Shields – 54 anni, un paio di romanzi alle spalle, altri scritti che tendono al memoir e all'autobiografia più o meno spinta – avrebbe preferito di no. Il suo manifesto sostiene che nell'era di Internet tutto appartiene a tutti, valgono il campionamento e la citazione, l'originalità non è più un valore. In luogo dell'Anxiety of Influence teorizzata da Harold Bloom (il poeta giovane in lotta contro i poeti amati) c'è l'Ecstasy of Influence allegramente praticata da Jonathan Lethem in un romanzo del 2007 con lo stesso titolo: ogni riga è riciclata.
Che c'entra allora la fame di realtà annunciata in copertina? C'entra, perché David Shields, armato fino ai denti delle sue citazioni, muove guerra al romanzo, forma secondo lui inadeguata al terzo millennio. Anche questa è un'idea riciclata, naturalmente: non si contano le volte che il romanzo è stato dato per morto. Sempre con gli stessi argomenti: basta con il romanziere-dio onnipotente, che tutto sa dei suoi personaggi e tutto dispone; basta con le trame che ingabbiano la vita. Non è più tempo di scrittori alla Jonathan Franzen, aggiunge Shields in un'altra delle citazioni anonime, quindi probabilmente sua: “Non leggerei ‘Le correzioni' neanche se ne andasse della mia stessa vita”.
Fin qui niente di nuovo, anche Virginia Woolf e i suoi compagni di strada modernisti erano convinti che il livello di realismo ottocentesco andasse alzato fino al flusso di coscienza. Delineando l'agognato nuovo romanzo (sinistra formula che ricorda l'illeggibile Alain Robbe-Grillet), David Shields fa presente la concorrenza dei reality show. E' con questi che il romanziere deve combattere. Con la vita in diretta, via Facebook e YouTube, che non passa al vaglio di un editor, e per questo risulta molto più interessante della fiction. Dimentica, o finge di dimenticare (assieme ai suoi entusiasti commentatori e prefatori) che Shakespeare non ha mai scritto una storia originale, e che il problema lo avevano già affrontato gli scrittori del Settecento. Defoe spaccia il suo “Robinson Crusoe” per una storia vera. I romanzi epistolari allora tanto di moda fingevano la vita in diretta, senza l'intervento del romanziere. La nuova letteratura auspicata per gli anni Tremila somiglia come una goccia d'acqua – per nostra fortuna – a quella che ha deliziato i lettori nei secoli passati.
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