Nel Foglio in edicola un inserto speciale sulle fondazioni

Care fondazioni, lasciate le banche al mercato. Consiglio di Amato

Michele Arnese

La “foresta pietrificata” di vent'anni fa non la scorge più, anche se intravvede ancora alcuni “alberelli pietrificati”. Per questo auspica una definitiva trasformazione delle fondazioni bancarie in autentici organismi no profit e al presidente dell'Acri, Giuseppe Guzzetti, rivolge un consiglio non richiesto.

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    La “foresta pietrificata” di vent'anni fa non la scorge più, anche se intravvede ancora alcuni “alberelli pietrificati”. Per questo auspica una definitiva trasformazione delle fondazioni bancarie in autentici organismi no profit e al presidente dell'Acri, Giuseppe Guzzetti, rivolge un consiglio non richiesto: se ritiene che non siano sufficienti le agevolazioni attuali per uscire definitivamente dal controllo delle banche, chieda pure un rafforzamento degli incentivi. Seduto su un divano nel suo caldo studio dell'Enciclopedia Treccani, che presiede, Giuliano Amato in una conversazione con il Foglio alla vigilia dell'annuale Giornata mondiale del risparmio organizzata dall'Acri fa un bilancio consuntivo ma anche prospettico della legge Amato-Carli che nel 1990 rivoluzionò il sistema bancario, appunto la “foresta pietrificata”, secondo la definizione amatiana dell'epoca: gli istituti pubblici diventarono società per azioni sotto il controllo di fondazioni che progressivamente avrebbero dovuto collocare le azioni degli istituti sul mercato. “Sono soddisfatto del processo che avviò quella legge – dice l'ex ministro del Tesoro – Era una difficile sfida di modernizzazione, una sfida cavouriana direi: avere un sistema bancario di livello europeo e al contempo avere più mercato”.

    “C'era la necessità di passare da un sistema creditizio di tipo regolatorio, con un ruolo pervasivo del Cicr e in cui non vigeva quindi la concorrenza, a un sistema che con aggregazioni nazionali potesse diventare competitivo in Europa”. Eppure le fondazioni bancarie sono ancora determinanti in molte grandi banche, non crede? “Diciamo che la foresta pietrificata non c'è, ma sono rimasti alberelli pietrificati. Ci sono 55 fondazioni che detengono partecipazioni intorno al 20 per cento e 15 piccole che hanno quote maggioritarie di istituti, compreso il caso, non piccolo, di Siena”. Presidente, ma il suo disegno dell'epoca non prevedeva più una presenza maggioritaria degli enti nelle maggiori banche? “Certo. ‘Dazeglianamente' si può dire che allora facemmo le azioni e la cosa più difficile era fare gli azionisti. Mancano veri investitori istituzionali”. Si aspettavano i fondi pensione, e invece… “Sì, in quegli anni c'è stato un candore ideologico secondo cui i fondi pensione anche esteri potessero essere i nuovi investitori istituzionali in Italia. Poi l'esperienza ci ha insegnato che ai fondi non interessa il futuro delle imprese ma sono solo preoccupati delle pensioni dei lavoratori, cercando quindi di massimizzare il più possibile le liquidazioni dei propri iscritti”.

    Ma se le fondazioni devono arretrare definitivamente, chi investirà nelle banche? “Il mercato oggi – risponde affatto preoccupato l'ex ministro del Tesoro – è molto più largo e del resto ne abbiamo diverse di fondazioni staccatesi dalle banche di origine”. Insomma, per usare un eufemismo cui Amato è affezionato, con la legge di vent'anni fa il paziente è guarito, è stato vaccinato, ma talvolta continua ad ammalarsi: evidentemente il virus era ben radicato. L'ex premier, comunque, ritiene che talvolta il peso degli enti nelle banche, e quindi della politica attraverso gli enti, sia spesso sopravvalutato: “Il caso Unicredit, ad esempio, non penso sia eccessivamente rilevante da questo punto di vista. Sa, a volte con i silenzi si simulano poteri che non si hanno. Questo non significa che le influenze politiche non ci siano, o che siano precluse”. Per Amato la soluzione, anzi l'esempio da seguire, c'è: è la Fondazione di Roma che il presidente Emmanuele Emanuele ha fatto uscire dalle banche, in passato era azionista di Capitalia. “Emanuele – spiega non dissimulando apprezzamento per il presidente della Fondazione Roma – ha portato a termine una giusta battaglia di principio, creando una solida istituzione no profit. Era un Frankenstein, ora è diventato umano. Per la sua fondazione, banche, imprese farmaceutiche o imprese elettroniche sono la stessa cosa. Ha realizzato il disegno che ispirò vent'anni fa la legge”.

    Presidente, per caso nelle sue parole c'è uno sprone implicito al presidente delle fondazioni, Giuseppe Guzzetti, a incalzare gli altri enti creditizi? Del politico e banchiere di lungo corso Guzzetti, Amato dice: “E' stata una fortuna e insieme un grande vantaggio che la transizione dal vecchio al nuovo assetto bancario attraverso le fondazioni fosse gestito da persone come Guzzetti di grande esperienza politica ma senza più lealtà partitiche sulle spalle”. Ciò detto, al presidente dell'associazione che riunisce gli enti creditizi dà un consiglio non richiesto: “Se ritiene che gli incentivi fiscali e normativi per una fuoriuscita graduale delle fondazioni dalle banche sono insufficienti, ne chieda di ulteriori o di rafforzati. Ma altro non serve”.

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