Ecco perchè la procura di Palermo accusa di nuovo il generale Mario Mori

Giulia Pompili

Il generale dei carabinieri, Mario Mori, è stato iscritto nel registro degli indagati, dalla procura di Palermo, per concorso esterno in associazione mafiosa, nell'ambito dell'inchiesta sulle trattative tra Stato e Mafia dopo le stragi del 1992. Nello stesso processo risultano indagati anche i boss mafiosi Bernardo Provenzano, Salvatore Riina e Antonino Cinà, il figlio dell'ex sindaco di Palermo, Massimo Ciancimino, e il tenente colonnello Giuseppe De Donno.

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    Il generale dei carabinieri, Mario Mori, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, nell'ambito dell'inchiesta sulle trattative tra stato e mafia dopo le stragi del 1992. Nello stesso processo risultano indagati anche i boss mafiosi Bernardo Provenzano, Salvatore Riina e Antonino Cinà, il figlio dell'ex sindaco di Palermo, Massimo Ciancimino, e il tenente colonnello Giuseppe De Donno, ex braccio destro di Mori, indagato per attentato al Corpo politico istituzionale.

    Il generale Mori è già sotto inchiesta per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra in relazione alla mancata cattura del capo clan Provenzano. La procura palermitana potrebbe decidere di aggravare il capo d'imputazione anche in questo procedimento, modificandolo in concorso esterno in associazione mafiosa.

    Attraverso i suoi legali l'ex generale ha spiegato che non ha ricevuto in merito a questa nuova ipotesi di reato, ma che qualora fosse confermata la nuova imputazione, gli argomenti a sua difesa lo rendono "tranquillo", ma si riserva di valutare compiutamente la situazione. Mori dice di volere continuare a difendersi "nel processo, consapevole di avere solo e soltanto combattuto la criminalità organizzata, ottenendo sempre lusinghieri risultati e mai venendo a patti con l'organizzazione mafiosa".

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    Il funzionario dell'Agenzia Informazioni e sicurezza interna, Lorenzo Narracci, indagato dai pm di Caltanissetta nell'ambito dell'inchiesta sulle stragi mafiose del '92, è stato riconosciuto dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. Per il pentito, che ha riconosciuto Narracci durante una ricognizione, sarebbe “il soggetto estraneo a Cosa nostra visto nel garage mentre veniva imbottita di tritolo la Fiat 126 usata nell'attentato al giudice Paolo Borsellino”.
     

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    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.