Gentile Fini
Una parte maggioritaria della destra pensa che Fini sia un traditore, categoria moralistica e fanatica da noi sempre considerata l'anticamera della faziosità più deformante e becera. Scriviamo a nome della minoranza che, senza bisogno di entusiasmarsi per le peripezie di pensiero e azione dell'ex capo di Alleanza Nazionale, ha trovato al contrario interessante la sua iniziale ricerca di un ruolo personale e politico di nuova e diversa leadership della destra.
Leggi Fini o Mastella? di Salvatore Merlo
Una parte maggioritaria della destra pensa che Fini sia un traditore, categoria moralistica e fanatica da noi sempre considerata l'anticamera della faziosità più deformante e becera. Scriviamo a nome della minoranza che, senza bisogno di entusiasmarsi per le peripezie di pensiero e azione dell'ex capo di Alleanza Nazionale, ha trovato al contrario interessante la sua iniziale ricerca di un ruolo personale e politico di nuova e diversa leadership della destra (destra-sinistra è una nomenclatura estenuata e forse obsoleta, ma tuttora orientativa). Vorremmo gentilmente sapere con una certa chiarezza se, a rottura consumata, Fini resta bipolarista, se il suo obiettivo è di lanciare una sfida competitiva per la leadership a destra, se la sua parabola si svolgerà nel rispetto effettivo e perfino nell'obbedienza, perinde ac cadaver, del mandato dei suoi elettori.
La nostra curiosità, di nuovo, non è moralistica: Fini può benissimo decidere, ciò che farebbe supporre una serie di suoi recenti comportamenti pubblici e dichiarazioni, di “fare come Dini”, cioè di negoziare su due fronti o tenere aperta la compravendita del pane politico da due forni; può mettere le esigenze della tattica politicante prima di quelle della strategia, inclinando a un fregolismo trasformistico e mettendosi sotto la suola delle scarpe il problema dell'identità, sua e di una destra moderna, altra, diversa da quella attuale. Sarebbe un modo di essere come un altro, tradizionale e abituale nella storia italiana. Comporterebbe un giudizio severo, ma non una condanna astiosa, fanatizzata.
Ora che Fini non è più nell'angolo, però, ora che la storia immobiliare di Montecarlo ha perso incisività, ora che in tanti si affollano nell'anticamera del presidente della Camera non più per chiederne le dimissioni ma per discutere questo o quel dettaglio di trattative su leggi, scudi, riforme elettorali, voti parlamentari; proprio ora che ha riguadagnato autonomia e una certa libertà di movimento per sé e per i suoi, nel frattempo costituitisi virtualmente in partito e determinanti per la sopravvivenza del governo, è ora urgente che Fini faccia capire se il suo futuro è la costruzione di un'ipotesi nuova a destra o la ripetizione del vecchio tic del ribaltone. Le due cose insieme non si tengono. E' una semplice e ovvia questione di credibilità.
Se Fini si spiegasse bene e irrevocabilmente. Se dicesse in modo impegnativo e serio: non mi prosterno a Berlusconi, continuo a dire la mia, preparo un futuro in competizione con quello a cui pensa il Pdl che mi ha cacciato e in cui non mi riconosco più, ma non farò in alcun caso il salto dall'altra parte, nemmeno con il trucco del governo tecnico o dell'emergenza costituzionale, perché la mia ambizione è ristrutturare e guidare una destra moderna secondo un progetto competitivo con quello del Cav., la sfida secondo noi andrebbe accettata. Non una miserabile tregua d'armi nel piccolo cabotaggio, né una pace né una finta amicizia, ma una convergenza politica nel segno di un mandato comune e una leale competizione. Il meglio. E tutto il resto è il peggio.
Leggi Fini o Mastella? di Salvatore Merlo
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