Voto di distruzione di massa

Marketing politico. A spingere i repubblicani c'è “il Carl Rove di Karl Rove”

Marco Pedersini

La strategia mediatica che ha guidato l'offensiva del Partito repubblicano ha il nome di Carl Forti. E' l'esperto di marketing politico che ha ideato e costruito pezzo per pezzo la campagna pubblicitaria capillare che ha attaccato, senza andare troppo per il sottile, i punti deboli dello schieramento democratico. Grazie alla sentenza della Corte suprema che ha tolto ogni vincolo al finanziamento dei partiti per le elezioni di midterm, Forti ha potuto gestire 33 milioni di dollari per conto dei quattro grandi comitati indipendenti repubblicani.

    La strategia mediatica che ha guidato l'offensiva del Partito repubblicano ha il nome di Carl Forti. E' l'esperto di marketing politico che ha ideato e costruito pezzo per pezzo la campagna pubblicitaria capillare che ha attaccato, senza andare troppo per il sottile, i punti deboli dello schieramento democratico.
    Grazie alla sentenza della Corte suprema che ha tolto ogni vincolo al finanziamento dei partiti per le elezioni di midterm, Forti ha potuto gestire 33 milioni di dollari per conto dei quattro grandi comitati indipendenti repubblicani: American Crossroads, Crossroads Grassroots Policy Strategies, 60 Plus Association e Americans for Job Security. Non sono cifre incredibili per il suo Black Rock Group, che nel 2006 aveva diretto una campagna repubblicana con volumi doppi (80 milioni di dollari).

    Ma questa volta “siamo diventati più bravi a trasmettere le informazioni”, dice Forti, che ha orchestrato le pubblicità televisive repubblicane (con Internet come grancassa) con attacchi precisi e mirati ai candidati democratici: “Perché la candidata al Senato in Missouri, Robin Carnahan, ha votato le tasse sull'energia, che sono costate 32 mila posti di lavoro al Missouri?”; “Il candidato al Senato del Colorado, Michael Bennet, aveva promesso di farci risparmiare, e il suo voto è stato decisivo per la riforma sanitaria che invece ci costa 525 milioni di dollari”; “Il democratico Jack Conway è perfetto per Washington, ma non per il Kentucky”, dice una voce mentre si vede un tassello con la faccia di Conway, che non riesce a inserirsi nel puzzle del Kentucky.

    Timbro baritonale, corporatura tarchiata,
    ossessione per il football (o meglio: per i Buffalo Bills, la squadra di casa) e aspetto che tradisce il sangue italiano, Carl Forti è diventato il fulcro del marketing dei repubblicani puntando tutto su una retorica che non teme l'accumulo (con mantra come “jobs, jobs, jobs”) e l'attacco frontale. Anche se Forti preferisce non apparire in prima linea (“passo il mio tempo a evitare i riflettori”, dice lui), nonostante il piglio deciso che ha nelle rare ospitate televisive. Resta a lavorare dietro le quinte, studiare gli avversari, preparare le tattiche.

    Dalla metà degli anni Novanta si è specializzato nelle campagne pubblicitarie con cui i comitati indipendenti cercano di irrobustire e amplificare i messaggi dei partiti politici. Con la sua militanza tra i lobbisti repubblicani di Freedom's Watch si è guadagnato un'ottima reputazione nel partito. Karl Rove, l'architetto della comunicazione di George W. Bush, ha detto che è “una delle persone più geniali di cui abbiate mai sentito parlare nel mondo della politica”. Lui non se ne vanta e pensa al lungo periodo. Ma il voto di ieri – come dice Politico – ha dimostrato che pure Karl Rove, il super stratega dei repubblicani, ha trovato il suo Karl Rove.