E' arrivato il 25 luglio del Cav.?/ 17

Basta chiacchiere, bisogna pensare alla Terza Repubblica

Enrico Cisnetto

La chiesa, la Confindustria, gli alleati, perfino i sodali l'hanno abbandonato o lo stanno mollando: che il Cavaliere sia arrivato a fine corsa mi pare lo vedano anche gli orbi. E non vale la pena di discutere neppure il quando e il come dovrà scendere, per quanto importanti – di mezzo c'è il fatto se ne esce “vivo” o “morto” – in fondo sono dettagli. Certo, di fronte a una crisi di governo il verificarsi della doppia eventualità che sia impraticabile la creazione di una diversa maggioranza in questo Parlamento.

Leggi Gioia intensa e sguaiata, un grigio ritorno al passato. Scene di ucronia per il dopo Cav. di Lanfranco Pace - Leggi Il sistema costituzionale prevede un capo di governo l'anno, questo è il problema di Giuliano Ferrara

    La chiesa, la Confindustria, gli alleati, perfino i sodali l'hanno abbandonato o lo stanno mollando: che il Cavaliere sia arrivato a fine corsa mi pare lo vedano anche gli orbi. E non vale la pena di discutere neppure il quando e il come dovrà scendere, per quanto importanti – di mezzo c'è il fatto se ne esce “vivo” o “morto” – in fondo sono dettagli. Certo, di fronte a una crisi di governo il verificarsi della doppia eventualità che sia impraticabile la creazione di una diversa maggioranza in questo Parlamento e che le conseguenti elezioni anticipate si facciano con la legge elettorale in vigore, potrebbe paradossalmente ridare una chance al premier. Ma, ammesso e non concesso che capiti – la coglioneria degli avversari può arrivare fino a tal punto? – ragionevolmente è assai poca la strada che comunque potrebbe ulteriormente fare.

    No, il tema vero, semmai, è un altro: siccome con lui finisce quella che impropriamente abbiamo chiamato Seconda Repubblica, abbiamo idea di come e con quali forze costruire la Terza? Quella che stiamo vivendo, infatti, non è solo l'agonia del governo Berlusconi e del centro-destra, è il fallimento del bipolarismo all'italiana inaugurato fin dal giugno 1991 con il referendum sulla preferenza unica. Il paese rivive – nella sostanza ovviamente, perché le differenze puntuali sono molte – la drammatica stagione 1992-1994 che portò alla fine della Prima Repubblica senza però che nessuna discontinuità costituzionale sia mai intervenuta a definire la nuova stagione politica. Esserne consapevoli oggi deve significare rendere più breve possibile il tempo della transizione e non ripetere gli errori di allora. Cioè sapere che non può essere virtuoso il passaggio tra una stagione politica e l'altra senza il cambiamento della legge elettorale, del sistema politico e della Costituzione. Poi si può discutere in quale direzione operare questi cambiamenti, ma che ci vogliano è sicuro.

    Allora, invece di avvitarsi intorno ai giudizi su questo governo – cui, va da sé, non sarebbe logico né regalare una promozione che non merita né una condanna senza distinguo – o sulla fine personale di Berlusconi, cui personalmente sono indifferente, sarebbe opportuno che il pubblico dibattito s'indirizzasse verso quei tre decisivi cambiamenti di cui sopra.

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