Romanzo riformatore

Ecco il Piano che non c'è, anzi sì. E di sicuro ci sarà

Michele Arnese

Macché ritardi, macché inerzie. L'esecutivo respinge le accuse che giungono a Palazzo Chigi, e quindi anche al ministero dell'Economia, per una fiacchezza riformatrice. L'editoriale di Mario Monti domenica scorsa sul Corriere della Sera che incalzava il governo a riprendere lo slancio liberalizzatore, e un rapporto del think tank Centro per la riforma europea, hanno scosso l'anima modernizzatrice del governo. La risposta ufficiale ci sarà venerdì.

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    Macché ritardi, macché inerzie. L'esecutivo respinge le accuse che giungono a Palazzo Chigi, e quindi anche al ministero dell'Economia, per una fiacchezza riformatrice. L'editoriale di Mario Monti domenica scorsa sul Corriere della Sera che incalzava il governo a riprendere lo slancio liberalizzatore, e un rapporto del think tank Centro per la riforma europea, hanno scosso l'anima modernizzatrice del governo. La risposta ufficiale ci sarà venerdì, quando il Consiglio dei ministri – salvo contrordini – approverà il Pnr (Programma nazionale di riforma) atteso da Bruxelles. Nel Pnr – da oggi disponibile su “2+2”, il blog di economia e finanza del Foglio.it – è delineato il percorso di misure strutturali per raggiungere gli obiettivi dell'Agenda 2020. Nessun ritardo, secondo il governo.

    Entro il 12 novembre gli stati invieranno a Bruxelles la versione preliminare del Pnr; quella finale sarà presentata all'Unione europea nell'aprile 2011: “In questa prima fase – si legge nell'introduzione del Pnr – abbiamo dato enfasi alle iniziative che sono già in atto, o che intendiamo mettere in atto a breve, per superare gli ostacoli alla crescita dell'Italia e avviare il processo per raggiungere gli obiettivi al 2020 su occupazione, energia e povertà”.

    Nessun ritardo e nessuna incertezza, dice al Foglio Andrea Ronchi, alla testa del ministero delle Politiche europee che ha coordinato il Pnr: “Lo studio del Centro per la riforma europea citato ieri dal Corriere è vecchio di otto mesi ed è frutto di un centro indipendente dalla Commissione di Bruxelles, e comunque fotografa una situazione in fase di superamento”. Ronchi apprezza e condivide gli stimoli che arrivano da personalità come Monti, con un “ma”: “E' giusta l'enfasi che dà alla crescita del pil, ma i confronti sul passato e anche sul presente devono tenere conto che in altri paesi negli anni scorsi il pil è lievitato per effetto anche del debito privato, mentre in Italia si è stati, per fortuna, più moderati”.

    Che succede, il finiano Ronchi è anche tremontiano? “Guardi, è stata essenziale la visione tremontiana della stabilità e del rigore nei conti, altrimenti avremmo fatto la fine della Grecia. E il giudizio di oggi (ieri, ndr) di Standard & Poor's che ha confermato il rating sovrano A+ grazie agli impegni su deficit e debito è la conferma della bontà di questa strategia. Così come l'azione di Sacconi per la coesione è stata fondamentale per la tenuta sociale”.

    Infatti si vede che il Pnr ha un'impronta tremontian-sacconiana, “e anche ronchiana”, aggiunge celiando ma non troppo il ministro delle Politiche europee: “Il Pnr dimostrerà che le aspirazioni a debellare le incrostazioni che frenano la competitività, su cui ci sollecita Monti, fanno parte dell'agenda del governo”. Ma nel Pnr non c'è la riduzione della pressione fiscale: “Quello è un obiettivo di legislatura preso con gli elettori che confermiamo. Piuttosto a chi ci sprona a sconfiggere i tabù, dico: puntiamo sul ritorno al nucleare per abbassare i prezzi dell'energia e ridurre la dipendenza dall'estero, sfidando molti tabù”. Ma l'attuazione del Pnr dipende dal sud: solo se cresce il sud, gli obiettivi europei saranno raggiunti: “La riprogrammazione dei fondi Fas che il ministro Fitto sta seguendo per concentrarli su grandi opere strategiche e la tremontiana Banca per il sud mirano a questo fine”.

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