I vescovi “sconcertati” dal Cav. cercano dubbiosi (e divisi) l'uomo nuovo

Paolo Rodari

I vescovi italiani si dicono “sconcertati” e “scioccati” da Silvio Berlusconi. Ma un'idea chiara per il dopo non ce l'hanno. Fonti interne alla chiesa dicono che un'idea per il futuro ce l'ha invece il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone: una presidenza di Gianni Letta o, in alternativa, di Giulio Tremonti il quale, giusto l'altro ieri, è stato invitato da Bertone e dal presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, a parlare di economia e finanza ai superiori delle congregazioni religiose.

    I vescovi italiani si dicono “sconcertati” e “scioccati” da Silvio Berlusconi. Ma un'idea chiara per il dopo non ce l'hanno. Fonti interne alla chiesa dicono che un'idea per il futuro ce l'ha invece il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone: una presidenza di Gianni Letta o, in alternativa, di Giulio Tremonti il quale, giusto l'altro ieri, è stato invitato da Bertone e dal presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, a parlare di economia e finanza ai superiori delle congregazioni religiose. Il problema è che i nomi non sarebbero del tutto graditi al presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, né al suo predecessore, il cardinale Camillo Ruini. I due si dice non facciano fronte comune: hanno semplicemente la medesima visione delle cose.

    Che nell'episcopato italiano la misura nei confronti del premier sia colma lo confermano tante parole. Tra queste quelle pronunciate due giorni fa dal presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti: “La presenza del premier alla conferenza nazionale della famiglia in programma a Milano dall'8 al 10 novembre ci imbarazza”, ha detto lapidario. Al Foglio è il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, a dire: “Sono sconcertato. La condotta del premier è insostenibile. Non c'è nessuna giustificazione. Come vescovi siamo tutti provati da questo degrado istituzionale”. Esiste una soluzione per il dopo? “Il dopo è oscuro. Alternative in questo momento non ne vediamo. Il fronte delle opposizioni è disaggregato. Sembra d'essere alla fine dell'impero. Davanti abbiamo soltanto macerie”.

    Non è facile per i vescovi alzare la voce e farsi sentire. Bertone ha preso in mano le redini dei rapporti con la politica quando Ruini lasciò la guida della Cei, nel marzo del 2007. Da quel giorno Berlusconi ha trovato in Vaticano un alleato istituzionale di peso e fedele. Lo scorso luglio, la cena da Bruno Vespa nella quale, davanti a Cesare Geronzi e Mario Draghi, Bertone ha provato a siglare la pace tra Berlusconi e Pier Ferdinando Casini è stata la dimostrazione più evidente di una forte sintonia. Tra il popolo, gli alleati più forti del premier sono i seguaci di don Luigi Giussani. La fedeltà al premier garantisce loro mano libera in Lombardia. Monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino, è stato per anni leader di Cl. A riguardo dei comportamenti privati del premier dice che “ciascuno, soprattutto chi è impegnato in politica, dovrebbe ispirarsi a certi valori”. Ma, dice, “non credo sia anzitutto questo il criterio con cui guardare l'azione politica di chicchessia. Il criterio è valutare se si lavora o meno per il bene comune. Sarei felice se ogni paese del mondo fosse governato da un san Luigi Re di Francia o da un santo Stefano d'Ungheria. Ma non sempre è possibile”. Anche monsignor Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina, la pensa come Negri: “Non è bello parlare della spazzatura, perché di spazzatura si tratta. Penso però che ci sia tanto fariseismo in giro. Ognuno dovrebbe guardare se stesso e non accusare sempre i comportamenti altrui”.

    Eppure un forte sentimento di fastidio
    nei confronti del premier si sta addensando. Dopo l'affondo del settimanale cattolico Famiglia Cristiana, che aveva parlato di Berlusconi come di un uomo “malato e privo di autocontrollo”, è stata la volta di Avvenire. Un editoriale firmato dal direttore Marco Tarquinio ha chiesto al premier “sobrietà personale e decoroso rispetto” dell'istituzione che rappresenta, osservazioni che “riguardano il linguaggio tanto quanto lo stile di vita”. Un anno e mezzo fa parole analoghe le scrisse Dino Boffo e provocarono la reazione del Giornale di Vittorio Feltri e poi le dimissioni di Boffo. Se oggi il successore di Boffo torna a usare gli stessi termini significa che la combattività di allora è tornata.

    Qualcuno nel ramo laico della chiesa cattolica sta lavorando per cercare alternative a Berlusconi. Molto attivo è Pellegrino Capaldo, ex Banco di Roma, ex Dc. E' lui a tessere la rete per il sogno del grande centro che tenga assieme Casini, Francesco Rutelli, Gianfranco Fini con Luca Cordero di Montezemolo. Un'ipotesi che la chiesa italiana guarda con interesse senza tuttavia ritenerla decisiva per il futuro. La politica dei due forni inaugurata da Ruini, e momentaneamente abbandonata da Bertone, è quella preferita, soprattutto oggi che la parabola berlusconiana sembra a molti giunta al capolinea. Dice Andrea Olivero, presidente della Acli: “L'importante è che con Berlusconi non finisca la politica. Ancora oggi entrambi gli schieramenti hanno personalità serie e pronte a lavorare. Personalità che sentono il bisogno di tornare a fare politica. Occorre trovare qualcosa che riunisca le forze omogenee presenti in entrambi gli schieramenti, senza tornare all'Ulivo e senza insistere sul Pdl”.