Kiev si rivolta nuda

Luigi De Biase

In Ucraina, centinaia di ragazze con la passione per la politica hanno trovato un modo attraente per protestare contro il governo. Niente comizi, niente volantini, niente scontri con la polizia, ma tante sfilate senza vestiti per le strade di Kiev. Il paese è andato alle urne questa settimana e ha scelto un centinaio di nuovi amministratori: il voto ha premiato il partito del presidente, Viktor Yanukovich, che guida il paese dallo scorso inverno.

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    In Ucraina, centinaia di ragazze con la passione per la politica hanno trovato un modo attraente per protestare contro il governo. Niente comizi, niente volantini, niente scontri con la polizia, ma tante sfilate senza vestiti per le strade di Kiev. Il paese è andato alle urne questa settimana e ha scelto un centinaio di nuovi amministratori: il voto ha premiato il partito del presidente, Viktor Yanukovich, che guida il paese dallo scorso inverno. Yanukovich viene da Donet'sk, a un paio d'ore dal confine con la Russia, ed è considerato un buon amico del capo del Cremlino, Dmitri Medvedev, e del suo potente premier, Vladimir Putin. Questo particolare alimenta sospetti sia in patria, sia all'estero.

    L'opposizione crede che Yanukovich “sia pronto a svendere il paese ai russi”, come ripete spesso Yulia Timoshenko, il leader di Madrepatria (Vob). Allo stesso modo, le cancellerie dell'occidente seguono le mosse di Kiev con attenzione: secondo il dipartimento di stato americano, le ultime elezioni non hanno raggiunto gli standard di democrazia richiesti. Non bisogna essere sorpresi: l'Ucraina vive da sei anni in uno stato di rivoluzione permanente, i governi hanno una vita media molto bassa e gli analisti parlano di rivolta ogni volta che una corteo attraversa Kiev. Nel 2004, migliaia di giovani hanno occupato la città sino a quando il blocco filo occidentale di Timoshenko e di un suo vecchio alleato, Viktor Yushchenko, non ha preso il potere. L'episodio ha guastato i rapporti con la Russia, che ha messo in discussione più di una volta la sicurezza delle forniture di gas al vicino. Da quella volta, ogni elezione ucraina segue un canovaccio più o meno lineare: voto, crisi energetica. E, soprattutto, donne nude che protestano.
    E' accaduto anche questa settimana e non è la prima volta nel 2010. A febbraio, durante le elezioni presidenziali, decine di ragazze con i jeans strappati e un pezzo di nastro incollato al seno hanno occupato i seggio gridando slogan contro il governo. O contro l'opposizione. “Questo è lo stupro della democrazia – strillavano – Stupro! Stupro! Stupro!”. La polizia si è dovuta impegnare parecchio per sistemare le cose. Iniziative come quella sono organizzate da un gruppo di femmine bionde che si chiama Femen. Si fanno sempre trovare pronte quando serve: i quotidiani liberal lanciano una campagna per denunciare qualche malefatta dei servizi segreti, loro posano in slip di fronte al palazzo dell'intelligence con la scritta “Kgb” stampata sul culo; il ministero della Sanità alza il livello di guardia contro l'influenza aviaria, loro sfilano in piazza della Libertà con la mascherina schiacciata sul naso (e niente altro); Yanukovich festeggia i cento giorni da presidente, loro sfidano la polizia con manganelli di gomma e giubbotti antiproiettile sopra la pelle nuda. Hanno protestato in costume da bagno anche per opporsi al turismo sessuale, che in Ucraina è ormai una piaga sociale.

    Femen è composta da studentesse dell'Università. Vivono a Kiev e dividono appartamenti vicino alla piazza Bessarabsky, nel centro della città, e si trovano spesso in locali come il Baraban, un rifugio dei filo occidentali durante la rivolta arancione del 2004. La presidentessa, Inna Shevchenko, ha cercato in molti modi di trasformare il movimento in un vero partito politico. A febbraio si è candidata alla Verkhovna Rada, la Camera unica del Parlamento. Per la campagna elettorale ha posato con i prodotti tipici della città, le angurie, e ha scelto slogan pieni di ottimismo: “Non siamo ancora alla frutta”. Oppure: “Riporteremo l'ordine usando l'energia sessuale”. La sua proposta politica non è stata compresa dagli elettori di Kherson, che hanno preferito puntare sui candidati dei partiti tradizionali.

    In effetti, l'energia è la vera risorsa dell'Ucraina. Per il paese passa Druzhba, il gasdotto dell'amicizia, un canale costruito negli anni Sessanta che garantisce all'Europa l'ottanta per cento delle forniture energetiche in arrivo dalla Russia. Druzhba è anche un grosso problema, perché trasporta gas estratto in Siberia ma è gestito da una società ucraina. Ogni volta che i rapporti fra Mosca e Kiev diventano tesi, i rifornimenti al Vecchio continente rischiano di essere fermati. Questo pericolo ha indotto molti paesi europei a scegliere strade alternative. L'Ue sostiene il progetto Nabucco, un tubo che dovrebbe collegare l'Austria ai grandi giacimenti del Mar Caspio attraverso l'Anatolia. Il Cremlino segue un disegno parallelo che si chiama South Stream e sarà realizzato grazie alla collaborazione di Eni e di Edf – ma anche i tedeschi di Winterhall potrebbero avere un ruolo in questo progetto. I russi stanno portando a termine anche il gasdotto Nord Stream, che raggiungerà la Germania dal Baltico. I tempi di realizzazione sono lunghi anche a causa della crisi economica: “Sino a quando non esisterà un'altra via di approvvigionamento, l'Ucraina continuerà ad avere un ruolo centrale nelle forniture al resto dell'Europa”, dice al Foglio Vitaly Kravchuk, un analista dell'Institute for Economic Research and policy consulting di Kiev.

    Le donne ucraine hanno sempre avuto un grande ruolo in questo settore dell'economia. All'inizio della propria carriera, Timoshenko ha formato la società che ha gestito per anni il transito del gas russo attraverso il paese. Sempre lei, lo scorso anno, è volata a Mosca per conto del governo e ha firmato una tregua energetica con Putin. Non è un caso se molti, a Kiev, la paragonano a una grande figura femminile della storia ucraina, Alexandra Anastasia Lisowska, conosciuta anche come Roxelana. Lisowska ha vissuto nel Cinquecento alla corte di Suleyman il Magnifico, decimo sultano dell'Impero ottomano. Figlia di un prete ortodosso, fu rapita in un villaggio dell'Ucraina da una banda di pirati tartari per essere ceduta all'harem di Suleyman. Il padrone la scelse presto come favorita e la ribattezzò Hürrem. La sua influenza fu grandissima: due lettere inviate all'imperatore Sigismondo II portarono la pace fra l'Impero ottomano e quello polacco e favorirono un periodo di grande sviluppo per l'intera regione. Un dipinto barocco del pittore tedesco Anton Hickel la ritrae al fianco di Suleyman mentre tiene un liuto fra le braccia. Con Roxelana, migliaia di donne ucraine sono state vendute nei mercati di Costantinopoli e nelle vecchie colonie greche del Mar Nero, da Heraclea a Trebisonda passando per Sinopoli. Lo storico Charles King riporta in uno dei suoi libri (“Storia del Mar Nero”, Donzelli Editore) le parole di un nobile tedesco che assistette a un fatto singolare nel Diciannovesimo secolo: l'intervento della marina russa per liberare sei donne ucraine rapite in Crimea dai pirati turchi. “Annunciando alle ragazze la loro liberazione – scriveva August von Haxthausen – il generale ordinò che fossero informate che erano libere di scegliere tra essere rinviate a casa con il principe della loro razza oppure sposare russi e cosacchi a loro libera scelta, o tornare con me in Germania, dove tutte le donne sono libere, o infine accompagnare il capitano turco, che le avrebbe vendute al mercato degli schiavi di Costantinopoli. Il lettore stenterà a credere che, all'unanimità e senza pensarci un minuto, esclamarono: ‘A Costantinopoli, per essere vendute!'”.
    Come ai tempi di Von Haxthausen, la Crimea ha una grande importanza sul piano geopolitico. Si trova sul territorio dell'Ucraina, ma ha uno statuto speciale e ospita il principale porto della marina russa – da Sebastopoli sono partite le navi che hanno combattuto la guerra lampo contro la Georgia del 2008. Un accordo recente firmato da Yanukovich assicura ai russi l'uso della base sino al 2045. In cambio, Medvedev ha offerto un grande accordo sulle forniture di gas. La Crimea è uno dei temi più divisivi per la politica ucraina e rappresenta una minaccia costante alla stabilità del paese. Nel 2004, il blocco arancione è arrivato al governo dopo una protesta lunga e pacifica, lo spirito della rivoluzione si è quietato ma non è ancora scomparso. Femen è un indicatore di questo fenomeno.

    La spiegazione più interessante per comprendere le nudità elettorali dell'Ucraina è di un polemista americano, P. J. O'Rourke, che ha composto il proprio paradigma dopo anni di osservazioni accurate. Si chiama “Teoria delle belle ragazze applicata ai movimenti politici” e prende le mosse da un dipinto di Delacroix, “La liberté guidant le peuple”. Nella tela, una fanciulla con il moschetto, la bandiera francese e il seno al vento sprona alla lotta un bel numero di rivoluzionari. Secondo O'Rourke, le belle donne sono decisive per l'esito di una rivolta. Ogni ragazza attraente che scende in strada contro il governo attira una decina di uomini. Dieci donne fanno cento uomini, e così via. E' questo il principio che Inna Shevchenko e le altre attiviste di Femen seguono quando manifestano a Kiev, a Kherson e nelle altre città dell'Ucraina. Dopotutto, la storia è piena di rivoluzioni fallite e non ci sono figure femminili nelle vicende dei gruppi che le hanno organizzate. Per O'Rourke la teoria permette di calcolare in modo approssimativo le chance di successo che avranno le prossime rivolte popolari. Questa è la situazione in Eurasia. Iran: zero possibilità sinché dura il velo. Armenia: poche possibilità. Azerbaigian e Georgia: situazione da monitorare. Kirghizistan: una rivoluzione ogni tre anni. Ucraina: rivolta permanente.

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