Ode al nuovo record di Inzaghi. Calciatore, modesto e piacentinista
Le due reti di mercoledì contro il Real Madrid sono il manifesto del suo calcio. Perché nessuno al mondo, fatta eccezione per Filippo Inzaghi, avrebbe potuto segnare allo stesso modo. Primo: Ibrahimovic salta un avversario goffo, cerca di crossare, sbaglia il passaggio e inganna il portiere che si lascia scappare il pallone. Inzaghi s'avvita alle sue spalle, senza rivali intorno, a mezzo metro dalla linea bianca.
Guarda il Bar sport del Foglio su Pippo Inzaghi con Maurizio Crippa e Lanfranco Pace
Le due reti di mercoledì contro il Real Madrid sono il manifesto del suo calcio. Perché nessuno al mondo, fatta eccezione per Filippo Inzaghi, avrebbe potuto segnare allo stesso modo. Primo: Ibrahimovic salta un avversario goffo, cerca di crossare, sbaglia il passaggio e inganna il portiere che si lascia scappare il pallone. Inzaghi s'avvita alle sue spalle, senza rivali intorno, a mezzo metro dalla linea bianca. E' “al posto al giusto al momento giusto, come sa fare lui”, dice Marco Civoli nella diretta Rai, mentre Inzaghi corre ad abbracciare i compagni, chiunque essi siano (gli “oooooh, dai dai!” che si sentono lì accanto sono dell'altro commentatore, Salvatore Bagni). Secondo: lancio preciso di Gattuso (lancio preciso di Gattuso?), Inzaghi è in fuorigioco ma l'arbitro non se ne accorge, tiro sghembo e palla che rotola lenta dentro alla porta. Due gol in dieci minuti, settanta in carriera nelle competizioni europee: il record di Gerd Müller crolla dopo quarant'anni.
Ma il vero Inzaghi è quello di fine partita, tra l'abbraccio con il tecnico del Real, José Mourinho, e la corsa sotto la doccia. Certo, spiega al giornalista che lo insegue a bordo campo, la faccenda del record è una soddisfazione, ma stasera abbiamo pareggiato e questa è una bella rottura. Come no. Inzaghi è cresciuto a Piacenza ed è la candida espressione del piacentinismo. Tutti in città dicono di conoscerlo da quando era bambino, per questo pochi gli chiedono l'autografo e pochissimi baristi tengono la sua foto appesa dietro al bancone.
La presenza del divo si vive con grande modestia: altrove avrebbero indetto una giornata d'orgoglio cittadino per festeggiare il record, a Piacenza no, non c'è un busto di bronzo che ricordi le sue imprese, non c'è una targa in piazza Cavalli, figurarsi una citazione nella toponomastica comunale. Anche Inzaghi vive il rapporto con Piacenza all'insegna della modestia. Quando ha deciso di prendere casa lo ha fatto a San Nicolò, il paese noioso nel quale è cresciuto. Sarebbe potuto andare ovunque, a Bobbio come a Rivergaro, due cittadine eleganti nella Valtrebbia, invece è rimasto e non è certo perché “gli mancano i mezzi dei grandi campioni”, come amano dire gli esperti quando parlano dei suoi gol: il calcio, come la vita, non è fatto soltanto per quelli bravi a mettersi in mostra e nessuno l'ha imparato bene come Filippo il piacentinista.
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