Diario di Pace
C'è disastro e disastro. E quelli del nord non commuovono i cronisti
Dicevano che era importante, che era terra di “reconquista” per tutti. Per Roma e il governo, per scongiurare vaghi venticelli di fronda. Per la sinistra ridotta pelle e ossa che solo passando da lì avrebbe potuto tornare a essere credibile in tutto il nord. Per la destra repubblicana confrontata all'egemonia della Lega. Eppure mai questa terra è apparsa così abbandonata a se stessa come da quando è in stato di calamità e che persino un “estremista” come il sindaco di Verona Flavio Tosi chiede aiuto a tutti noi.
Dicevano che era importante, che era terra di “reconquista” per tutti. Per Roma e il governo, per scongiurare vaghi venticelli di fronda. Per la sinistra ridotta pelle e ossa che solo passando da lì avrebbe potuto tornare a essere credibile in tutto il nord. Per la destra repubblicana confrontata all'egemonia della Lega. Eppure mai questa terra è apparsa così abbandonata a se stessa come da quando è in stato di calamità e che persino un “estremista” come il sindaco di Verona Flavio Tosi chiede aiuto a tutti noi. Noi e loro, è come se ci fosse qualcosa di non detto, di terribile e perciò inconfessabile. E' come se avessimo dimenticato il loro passato, lo splendore di cui anche noi godemmo, Goldoni e Da Ponte, Vivaldi e Palladio, per vedere il nord est solo come ce lo raccontano oggi: terra senza più cultura, egoista, xenofoba, vagamente razzista, terra di sindaci sceriffi, di destra socialmente ottusa e politicamente becera, ossessionata dagli sghei, indifferente ai problemi della nazione.
Abbiamo finito per credere davvero al culto delle piccole fabbriche e di padroni effimeri, della locomotiva produttiva che un po' se la tira e dà lezioni di comportamento virtuoso, niente più ferie né weekend, sempre sul pezzo, vivere per lavorare e per risparmiare. Abbiamo subito il cliché impostoci con il furore di un'ideologia. E' anche vero che ci sembrano diversi da noi, tanto schivi da sembrare cupi, facce segnate dalla fatica di chi troppe volte non ha potuto fare altro che rimettersi in piedi con le proprie forze. Firenze alluvionata poté contare su una solidarietà incredibile, giovani volontari arrivarono da ogni parte a dare una mano, a recuperare i libri dal fango: la meglio gioventù divenne modello, addirittura mito. Quelli del Polesine fecero tutto da soli. Quelli del Friuli anche. E' gente che sa che la natura è insieme madre e pallida matrigna da ricambiare con odio contenuto: il torrente è appena straripato, l'acqua sale e l'uomo le impreca addosso: “Troia de' tu madre”. Poi solo silenzio.
Forse è per questa loro riluttanza a mettere in scena il proprio dolore, che giornali e giornalisti, noi, abbiamo parlato poco e male di questa grande calamità. Che ha lasciato rapidamente le prime pagine per essere relegata all'interno, taglio basso. I telegiornali, pure adusi a spalmare cronaca come nutella, sono stati stranamente avari di inviati e di immagini: a vederli sembrava che l'acqua avesse ricoperto qualche podere e circondato qualche cascina. Per capire la gravità di quanto successo a Padova, a Venezia a Vicenza ci sono voluti gli out sider, “Striscia la Notizia” e Internet. Diciamocelo, abbiamo ormai preso cattive abitudini. Ci buttiamo ingordi solo su catastrofi con molte vittime. O che flagellano il sud del mondo, di preferenza con disastri umanitari al seguito. Ripiegati sul nostro ombelico siamo interessati esclusivamente a ciò che esalta il nostro spirito compassionevole. D'evidenza la rude razza del nord est d'Italia non è della partita.
Il Foglio sportivo - in corpore sano